Inform@fisac maggio 2016 n.2

C’è posta per te: la busta arancione

 

La busta arancione dell’Inps, in arrivo entro l’estate nella buchetta delle lettere, costringerà sette milioni di italiani a misurarsi con i numeri della propria pensione pubblica. Un bene. Ma il rischio è che, nonostante la volontà chiarificatrice della missiva, l’effetto della trasparenza previdenziale sia troppo ottimista. Un male. Perché per mettere in piedi una strategia in vista del futuro serve del realismo. Ma vediamo i conti. Quelli dell’Inps e quelli di un’ipotesi meno «rosa», che è possibile simulare sempre attraverso lo strumento web dell’Inps se si hanno tempo e conoscenze, e che Progetica, società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale, ha simulato per Corriere Economia, mostrando che gli scenari possono essere diversi e decisamente meno confortanti qualora il futuro riservi una crescita economica piatta e quindi spegnere uno dei motori di crescita degli assegni pubblici.

Di norma le simulazioni dell’Inps saranno ottimistiche, perché basate sulla continuità contributiva e su un’ipotesi di crescita annua del Pil e della retribuzione dell’1,5%. Sarà bene, quindi, andare sul sito dell’istituto e farsi delle simulazioni sotto ipotesi più prudenti. Molti, purtroppo, concluderanno che la loro pensione rischia di essere insufficiente. Servirebbe allora la previdenza integrativa, che però chi ha un basso stipendio non può pagarsi. dimostrazione in più che per avere domani una buona pensione è necessario oggi un buon lavoro.

 

1. I numeri della busta e quelli meno “rosa”

La busta arancione dell’Inps, in arrivo entro l’estate nella buchetta delle lettere, costringerà sette milioni di italiani a misurarsi con i numeri della propria pensione pubblica. Un bene. Ma il rischio è che, nonostante la volontà chiarificatrice della missiva, l’effetto della trasparenza previdenziale sia troppo ottimista. Un male. Perché per mettere in piedi una strategia in vista del futuro serve del realismo. Ma vediamo i conti. Quelli dell’Inps e quelli di un’ipotesi meno «rosa», che è possibile simulare sempre attraverso lo strumento web dell’Inps se si hanno tempo e conoscenze, e che Progetica, società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale, ha simulato per Corriere Economia, mostrando che gli scenari possono essere diversi e decisamente meno confortanti qualora il futuro riservi una crescita economica piatta e quindi spegnere uno dei motori di crescita degli assegni pubblici.

 

Quanto prenderemo davvero di pensione?I calcoli per chi ha 30, 40 e 50 anni

2. L’esempio del trentenne con mille euro al mese

Primo esempio. Secondo «La Mia pensione Inps» un dipendente trentenne con un reddito attuale di mille euro netti al mese andrà in pensione di vecchiaia nel 2056 con un vitalizio di 1.749 euro lordi, il 75% di una retribuzione finale che, sempre al lordo delle tasse, sarà pari a 2.330 euro al mese. Al netto delle tasse, l’assegno mensile sarà di millequattrocento euro. Se,
invece, si assumono ipotesi più realistiche sull’andamento del Pil (Prodotto interno lordo), uno dei parametri fondamentali a cui sono indicizzate le rendite pubbliche e sulla dinamica di carriera, l’assegno sarà pari a 1.217 euro lordi, il 95% di una retribuzione finale decisamente più bassa, 1.284 euro al mese. Al netto delle tasse l’assegno sarà di 1.029 euro, cioè quattrocento in meno rispetto alle proiezioni Inps. Il tasso di sostituzione elevato (94%) non deve trarre in inganno: il trentenne avrà guadagnato meno e avrà una coperta Inps ben più corta.

 

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3. Crescita, contributi, tasse: le tre incognite delle stime Inps

Nelle tabelle vengono presentate le elaborazioni che risultano dalla busta arancione de «La mia pensione» e quelle personalizzate che si possono ottenere sempre dall’Inps, ma cambiando alcuni parametri di partenza. I profili sono relativi a un dipendente trentenne e quarantenne con un reddito di duemila euro netti al mese e a un autonomo con lo stesso reddito.

 

L’invio della busta arancione cartacea a 7 delle 12 milioni di persone che non sono in possesso del Pin rappresenta un ulteriore passo in avanti sul piano dell’informazione in materia previdenziale, che va ad aggiungersi alle 9 milioni di persone che già hanno usato la versione web del simulatore Inps — sottolinea Andrea Carbone, partner di Progetica, —. Ma le informazioni che vengono fornite di default, sia nella versione cartacea che in quella web, presentano tre importanti punti di attenzione. In primo luogo, si basano su ipotesi ottimistiche sul futuro economico dell’Italia, che rischiano di sovrastimare la futura pensione; inoltre ipotizzano una vita lavorativa continua ed in crescita, senza buchi contributivi; cosa che nell’attuale scenario del mondo del lavoro è sempre più rara. Infine forniscono una proiezione della rendita lorda e non
al netto delle tasse.

 

Come utilizzare proiezioni più realistiche sul sito dell’Istituto

La pensione dei lavoratori viene ormai calcolata, in tutto o in parte, secondo il metodo contributivo, che fissa l’importo in funzione dei contributi versati, dell’andamento del Pil (Prodotto interno lordo) e della speranza di vita. «Per quanto riguarda i contributi, la stima dell’Inps prevede una crescita della retribuzione pari all’1,5% annuo, oltre l’inflazione — spiega Carbone —, quindi una previsione positiva sulla propria carriera. In linea con le ipotesi assunte dalla Ragioneria Generale dello Stato, viene ipotizzata una crescita annua dell’1,5% (anch’essa in termini reali) del Pil: è un dato decisamente superiore a quello registrato da alcuni anni a questa parte». Si assume, insomma, che il lavoratore faccia una discreta carriera e che l’Azienda Italia corra, mentre negli ultimi anni è quasi ferma.

 

 

La pensione di scorta costa 100 euro al mese e un po’ di rischio

Ottocento euro l’anno per un dipendente trentenne con un reddito attuale di mille euro netti al mese, quasi 4.700 per un quarantenne che oggi ha una retribuzione di duemila euro al mese, oltre diecimila per un altro quarantenne che lavora in proprio. Sono le cifre che questi tre lavoratori dovranno versare in una pensione di scorta per compensare il divario che, al momento del pensionamento, avranno rispetto all’attuale reddito. Conti che valgono se si accetta il rischio sottoscrivendo una linea d’investimento con il 30% di azioni. Se invece si cerca il porto sicuro di una garantita, l’impegno aumenta decisamente: millecento euro per il trentenne, 5.640 per il dipendente quarantenne e 12.600 per l’autonomo della stessa età.

 

 

Se la nostra pensione facesse l’americana. O la cinese

Le stime che riceveranno i lavoratori con la busta arancione e con le simulazioni online sulla pensione ipotizzano un andamento dell’economia più simile a quello americano che a quello italiano. L’effetto di questa scelta? Pensioni del 20%-25% superiori a quelle che si potrebbero stimare usando parametri più prudenziali. Vediamo perché. Abbiamo stimato nella tabella che cosa potrebbe succedere prendendo come riferimento le ultime dieci medie quinquennali del Pil. In Italia, complici le recessioni, siamo a +0,0%, in perfetta stagnazione. In Europa le cose sono andate un po’ meglio, con una media di +1,1%. Se fossimo negli Stati Uniti il valore sarebbe +1,7%, non così lontano dal parametro di default che usa l’Inps, pari all’1,5%. Per dovere di cronaca abbiamo anche simulato cosa accadrebbe con il Pil cinese, che ha avuto una crescita del 10,4%. Per un trentenne dipendente, generazione mille euro, l’assegno potrebbe oscillare, Cina a parte, tra 848 e 1.194 euro: la differenza tra avere un Pil a livello italiano e uno a livello statunitense sarebbe del 29%. Cifre simili per un autonomo, mentre per un 40enne, la differenza tra Italia e Usa sarebbe pari a circa il 23% di pensione in meno. Con un Pil cinese un trentenne generazione mille euro avrebbe una pensiona vicina ai 10.000 euro…

 

Rimaniamo a disposizione degli iscritti per chiarimenti o domande.
 

 

 

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