E’ ormai consolidata l’opinione che evasione fiscale e riciclaggio siano fenomeni strettamente collegati. Anche l’annuale rapporto dell’UIF ribadisce il continuo perfezionamento degli strumenti di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo internazionale. Il dato è rilevabile dalla continua crescita del flusso delle segnalazioni sospette. Nel 2011 ne sono pervenute all’Uif 49.075.
All’interno dell’Unione Europea si è ritenuto di approfondire l’individuazione dei profili di criticità emersi nell’applicazione delle regole comunitarie antiriciclaggio. Di conseguenza ci si appresta ora (anche alla luce dei risultati delle analisi in corso e dei nuovi STANDARD GAFI ) alla revisione della direttiva 2005/60 Ce chiamata anche “terza direttiva antiriciclaggio”. Anche gli altri provvedimenti comunitari in materia saranno oggetto di revisione (in particolare quelli che mirano a contrastare i fenomeni, sempre più diffusi, di frode fiscale ed il reimpiego di denaro proveniente da attività illecite in attività lecite mediante la costituzione di fondi in nero).
Il GAFI stesso (a testimonianza dell’accresciuta attenzione internazionale a questa interconnessione) ,nell’ambito delle nuove raccomandazioni approvate lo scorso 6 febbraio ,ha espressamente inserito i reati fiscali nel novero dei reati presupposto di riciclaggio.
Il nuovo schema che rappresenta i comportamenti anomali è denominato “Operatività connessa con le frodi fiscali internazionali e con le frodi nelle fatturazioni”. Esso individua le principali tipologie di esportazioni (illecite) di capitali e profitti , tra cui si annovera l’utilizzo di società veicolo interposte. L’ultima comunicazione dell’Uif si coniuga direttamente a trust, fondazioni, International business company o società fiduciarie ubicati in “paradisi societari” (ovvero in Paesi , spesso offshore, caratterizzati da regole di diritto societario opache adatte a favorire l’uso di veicoli societari finalizzati a celare l’identità dei beneficiari/titolari effettivi e le relative disponibilità finanziarie).
Ultimamente si ha avuto una implementazione dell’azione di prevenzione e repressione dei fenomeni di illecito trasferimento e detenzione di attività economiche finanziarie all’estero (in ambito fiscale). L’articolo 12 del Dl 78/2009 reca infatti “disposizioni in materia di contrasto ai paradisi fiscali”.
Questa ultima disposizione ha introdotto una presunzione di legge in base alla quale si considerano costituiti mediante redditi sottratti a imposizione in Italia, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute in violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.
Dunque potranno costituire un patrimonio informativo di notevole rilevanza i dati e le informazioni acquisite in sede di riciclaggio. Questo anche in sede fiscale per poter garantire una migliore tutela degli interessi erariali.
L’art. 36, comma 6 Dlgs 23/2007 (decreto antiriciclaggio) prevede l’utilizzo per fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti, dei dati e delle informazioni registrate da parte degli intermediari finanziari e degli altri soggetti destinatari della nuova normativa antiriciclaggio.
Il contesto normativo e operativo in riferimento costituisce una conferma della corrispondenza esistente tra la disciplina antiriciclaggio e la normativa fiscale e di come la volontà del legislatore sia quella di istituire dei meccanismi di interazione tra le citate disposizioni, fornendo agli organi di controllo i relativi strumenti operativi al fine di realizzare la lotta degli illeciti di rispettiva competenza.