Le Segreterie di Coordinamento Nazionale Dircredito, Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub e Uilca, della BNL esprimono la propria preoccupazione per la situazione di estrema incertezza in cui si trova il settore del credito. E’ una preoccupazione, manifestata chiaramente anche dalle lavoratrici e dai lavoratori durante le recenti assemblee, che rende necessario effettuare una riflessione condivisa sulla complessiva situazione.
La lunga crisi del settore si inserisce in una difficile attualità, caratterizzata da una disoccupazione giovanile che ha raggiunto livelli drammatici, dai sempre più concreti fantasmi di fallimento che stringono alla gola le aziende, dall’impoverimento generale, da una crisi sociale e politica che segna uno dei periodi più bui della nostra storia repubblicana.
Uscire da questo pantano non sarà facile né indolore. Ma le soluzioni proposte da chi dovrebbe, in primis nel settore del credito, avere l’intelligenza e la lungimiranza di realizzare un cambiamento di rotta, sono ancora pervicacemente nel solco di una cosiddetta austerità che ha condotto il Paese nel baratro, facendo pagare un prezzo altissimo sempre e soltanto agli stessi. Un dato costante di questa crisi è l’egoismo degli interessi di pochi che continua a prevalere sull’interesse generale, mentre la forza delle idee soccombe alle leggi economiche del rigore a tutti costi.
Il mondo del credito si muove in una logica di esclusivo profitto delle aziende e di riconoscimenti esorbitanti, aldilà di ogni possibile merito, per i propri managers. Una scelta lontana anni luce da quel ruolo anche sociale e di sviluppo economico che il sistema creditizio dovrebbe svolgere. E’ del tutto evidente l’urgenza di definire e praticare modelli aziendali in grado di favorire e riconoscere le professionalità, le competenze e la corretta integrazione di ruolo e funzione tra le nuove innovazioni tecnologiche ed informatiche, i lavoratori, la clientela e il mercato. Invece le banche danno la concreta sensazione di voltare le spalle alla imprescindibile funzione di concessione del credito ai privati e alle imprese – attività indispensabile al funzionamento di qualunque organizzazione economica – dedicandosi sempre più ad operazioni di speculazione finanziaria nocive e prive di utilità sociale.
L’Abi, negando la natura della crisi indotta e prodotta dal sistema bancario internazionale e nazionale, disattendendo sostanzialmente gli impegni presi con il rinnovo contrattuale, propone la sua “rivoluzione”: 50mila bancari in esubero, maggiore flessibilità, taglio netto della quota fissa degli stipendi estendendo la quota variabile, possibilità di praticare licenziamenti collettivi, inserimento nel settore della Cassa Integrazione e dell’Aspi. Affermando in questo modo che sono i lavoratori il vero problema in quanto resistenti al cambiamento, alla riconversione, alle riqualificazioni.
E sono proprio quelle lavoratrici e quei lavoratori, che stanno già affrontando con serietà i processi di riconversione professionale, che subiscono intollerabili pressioni commerciali, continue sperimentazioni di ristrutturazioni, le insostenibili incertezze degli esodi, le nuove forme di precarietà, la logica assurda delle esternalizzazioni, il peso dei continui aggiustamenti in corsa di modelli organizzativi sempre più astratti e cervellotici, a chiedere con fermezza, unitamente al Sindacato, una inversione di tendenza per contrastare una politica prigioniera del falso mito del mercato e della conseguente logica della “navigazione a vista” che sta scaricando sui lavoratori tutti i costi della crisi.
Anche BNL, purtroppo, è totalmente immersa in questo mare in tempesta nel quale spesso si smarrisce la rotta della sostenibilità sociale ed economica. Sono di esempio le continue revisioni dei piani di ristrutturazione e l’assenza di un piano industriale organico che definisca le linee guida del Gruppo BNL (quali la cessione di Ifitalia e il ruolo di Artigiancassa, il restringimento e la forte selettività del credito), le politiche di bilancio con una svalutazione dell’avviamento BNL per 298 milioni di euro, la penalizzante centralità della politica di prodotto e l’incapacità da parte di importanti segmenti del gruppo dirigente di gestire i processi di trasformazione e di governo dell’azienda.
Pertanto, oggi più che mai, dopo gli importanti accordi recentemente conclusi, va confermato un modello di relazioni industriali che veda coinvolto il Sindacato di questa Azienda oltre che nella contrattazione per le ricadute delle politiche aziendali sui livelli occupazionali, anche nelle fasi progettuali, in modo da realizzare una “contrattazione dinamica” che si svolga nelle fasi del “prima, durante e dopo”, all’interno di un progetto complessivo di regole organiche condivise.
Il Coordinamento Nazionale ritiene necessario realizzare un cambio di passo anche attraverso un confronto con l’Azienda su cosa produrre, come produrlo e per chi produrlo attivando nuove forme di Democrazia Economica che consentano di realizzare un nuovo rapporto tra Capitale e Lavoro.
Questa modalità fornirebbe alla Capogruppo ulteriori elementi di valutazione sulle dinamiche peculiari del Paese che oggi sembrano non essere considerate e che eviterebbe il pressapochismo di scelte gestionali che producono situazioni inaccettabili e che non appartengono alla storia di BNL quali, ad esempio, le ultime gare di appalto per i servizi di pulizie, facchinaggio e portierato.
Nonostante le strategie dichiarate dall’Azienda, ci troviamo di fronte ad un quadro condizionato dal soggettivismo delle periferie che si comportano come feudi, dallo scarso senso di responsabilità, dall’assenza di sinergia, dalla confusione dei ruoli e delle funzioni, dai processi di continua ristrutturazione degli uffici, dei servizi, spesso incoerenti con le logiche di efficienza e funzionalità, dall’utilizzo delle consulenze esterne ancora troppo diffuso, dalla sottovalutazione delle professionalità aziendali.
In questo contesto si inserisce la forte critica del Sindacato alla deprecabile prassi aziendale di affidare contratti di consulenza ad ex colleghi in pensione e/o in esodo. Con queste inaccettabili decisioni si contraddice ancora una volta la sensibilità etica mostrata in altri campi ed in altre occasioni dall’Azienda, si offende la responsabilità e professionalità dei dipendenti che affrontano ogni giorno con competenza e passione il proprio lavoro, si vanifica l’impegno verso le nuove generazioni che si affacciano faticosamente al mondo del lavoro, fornendo come esempio un vecchio e vergognoso modello di relazioni individuali fondate sul favoritismo e sulle “raccomandazioni”.
La fase è difficile e complessa e richiede modalità di confronto innovative che non possono prescindere dagli appuntamenti di verifica attinenti alla gestione delle ristrutturazioni, alla progettualità futura in tutti i suoi aspetti ed alla soluzione delle questioni ancora aperte.
Roma, 6 maggio 2013
Segreterie di Coordinamento Nazionale
DIRCREDITO FABI FIBA-CISL FISAC-CGIL SINFUB UILCA
Banca Nazionale del Lavoro