Antiriciclaggio: l’auto-riciclaggio e la retroattività
Il reato di auto-riciclaggio non può essere perseguito retroattivamente ed il reato presupposto di frode fiscale, sia nell’auto-riciclaggio che nel riciclaggio, va accertato e contestato non potendosene solo presumere l’integrazione. Ove oggetto della contestazione fiscale siano operazioni realmente volute dalle parti e lecite sul piano civilistico (ancorché finalizzate ad ottenere vantaggi fiscali indebiti) tali condotte non hanno rilevanza penale perché sono ascrivibili alla nuova figura di abuso del diritto delineata dall’art. 10bis dello Statuto del Contribuente, che dispone la sua non punibilità, anche retroattiva, sulla base del favor rei agli effetti della legge penale-retributaria.
Questi principi sono stati affermati dal Tribunale di Busto Arsizio con una recente sentenza. Quest’ultima fa riflettere sull’inquadramento del nuovo reato, anche in termini più generali. Considerando che l’integrazione della fattispecie è correlata alla commissione di un precedente reato ascrivibile allo stesso autore, è dubbio se l’auto riciclaggio è configurabile in presenza di reati presupposto commessi in data antecedente al gennaio 2015 o se, invece, solo in relazione a reati presupposto integrati a partire da questa data. Il Tribunale di Busto Arsizio ha chiarito che nel caso in fattispecie di reato presupposto (quello per cui era stata emessa sentenza) non era stato accertato e, quindi per i Giudici non si può mai ipotizzare né il riciclaggio né l’auto-riciclaggio.
Interessante anche la considerazione del Tribunale in merito alla rilevanza penale di due operazioni finanziarie in relazione alle quali era stata ipotizzata la ricorrenza della fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante artifizi ex art.3 Dlgs 74/2000. Secondo i Giudici, essendo le operazioni poste in essere dalle parti (quindi non simulate) e lecite dal punto di vista civilistico, la loro illegittimità sarebbe limitata al fatto che esse erano state poste in essere per ottenere un risparmio fiscale indebito. Secondo i Giudici esse si configurano unicamente come una ipotesi di abuso di diritto ex art.10bis dello Statuto e non rilevante retroattivamente sulla base del principio del Favor rei dal punto di vista penale.
In Italia c’è un’evasione fiscale che fa paura e sono in aumento i reati contro la pubblica amministrazione; in aumento, così come in aumento sono le segnalazioni, che non devono però trarre in inganno: il fatto che ce ne siano di più da un anno all’altro non significa automaticamente che ci sia più riciclaggio. Al contrario è la dimostrazione di una maggiore sensibilità, positiva a patto che si incanali in segnalazioni di qualità.
Delle quasi 85 mila segnalazioni di operazioni sospette analizzate e trasmesse agli organi investigativi nel 2015 appena 218 hanno portato all’avvio di un procedimento penale. Poche. Pochissime. Da qui l’invito a effettuare sempre più segnalazioni di qualità.
Controlli incrociati, segnalazioni, sanzioni. Nonostante tutto nel Paese l’evasione dilaga.
Questione culturale. Tirando in ballo la retta Germania della cancelliera Merkel dove una frode fiscale costa cara al padre della campionessa di tennis Steffi Graf. Finisce in carcere nel 1996, con misura preventiva, e sconta 25 mesi per non aver dichiarato 42 milioni di marchi. Scontata la pena, «non poteva più prendere l’ascensore di casa», tanto a dire che appena oltre i nostri confini «lo stigma sociale» è più forte di ogni segnalazione.