Buongiorno a tutte e a tutti.
Il contributo che come Esecutivo Donne voglio dare alla discussione si soffermerà su tre punti: i rischi di una modalità di lavoro esplosa nell’emergenza ma scarsamente regolata, il ruolo del sindacato nel post pandemia e alcuni temi – importanti in assoluto ma in particolare dal punto di vista di genere – ovvero, volontarietà, alternanza lavoro agile con lavoro in presenza e disconnessone.
1) I rischi di una modalità di lavoro esplosa in emergenza ma scarsamente regolata (“esaurimento”, isolamento, disuguaglianze)
Abbiamo assistito all’esplosione emergenziale di una modalità di lavoro poco diffusa prima della pandemia e scarsamente regolata dalla legge sotto diversi profili, come la tutela della salute, gli strumenti di lavoro e la disconnessone.
Il lavoro agile, per come è stato applicato nell’emergenza, si sta rivelando un’arma a doppio taglio perché – se da un lato consente una maggiore flessibilità, che può astrattamente favorire la conciliazione (intesa non solo come lavoro-cura ma come vita- lavoro), dall’altro porta con sé diversi rischi, tra cui iperconnessione, iperlavoro, “esaurimento” e isolamento. Occorre quindi definire limiti che consentano una reale conciliazione e un’efficace tutela della salute, garantendo l’adeguato riposo psico- fisico necessario per recuperare le energie e ridurre i rischi da stress lavoro correlato (peraltro crescenti nei nostri settori anche a causa delle continue riorganizzazione e delle pressioni comm.li).
Il rischio “esaurimento” riguarda non solo le donne ma in particolare le donne, che hanno in maggioranza carichi di cura pesanti per la resistenza dei modelli tradizionali di ripartizione dei ruoli nelle famiglie, modelli che rischiano di radicalizzarsi nell’emergenza. Sappiamo tutte/i che è molto difficile lavorare da casa con figli piccoli e, in genere, con contestuali responsabilità di cura della famiglia (non solo genitorialità ma anche anziani e disabili, per effetto dell’invecchiamento della popolazione e dei tagli ai servizi pubblici). Oltre al carico del “doppio lavoro” c’è infatti un carico mentale e organizzativo molto pesante dovuto all’ intreccio e alla sovrapposizione di responsabilità diverse negli stessi tempi e luoghi.
Oltre al rischio “esaurimento” c’è il rischio isolamento, che per le donne può diventare vera e propria “ghettizzazione” nel lavoro da casa, che a sua volta può portare a un processo di ritradizionalizzazione/rifamilizzazione del lavoro di cura di bambini e anziani, anche per le donne che si erano emancipate nel/con il lavoro. La conseguenza può essere la sottovalutazione e la mancanza di riconoscimento sia del valore professionale ed economico del lavoro agile che del valore sociale ed economico della cura, che così non viene vista, né riconosciuta, e continua a essere relegata nell’ambito familiare non retribuito, dando per scontato che spetti alle donne. Un’opinione diffusa sia a livello politico, sociale e culturale che tra le stesse donne, che rischiano di identificarsi nel ruolo, a maggior ragione con il ridursi della qualità, delle soddisfazioni e del riconoscimento del valore loro lavoro professionale retribuito. Una sorta di spirale infernale…
Le conseguenze di questi due rischi, esaurimento e isolamento, se non gestite, possono portate all’ aumento delle disuguaglianze sia nella distribuzione dei carichi di cura che nelle retribuzioni (con rinunce al lavoro, da un lato e penalizzazioni di carriera, dall’altro).
2) Importante ruolo sindacale nel post pandemia
Occorre quindi recuperare velocemente un forte ruolo contrattuale collettivo. L’ ideale sarebbe ottenere un riconoscimento da parte del legislatore per quanto riguarda il lavoro agile post emergenziale, perché il contratto individuale previsto dalla legge 81 non si presta a garantire regole e diritti collettivi come salute e pari opportunità.
In ogni caso, è diventato prioritario e urgente garantire con la contrattazione un quadro di regole all’interno del quale delimitare la contrattazione individuale sul lavoro agile.
3) Tre i temi importanti per la parità di genere:
– Vera volontarietà per lavoratrici e lavoratori
Dalla fase iniziale lavoro agile di emergenza, si è già passati in molte nostre aziende a un effetto inerzia, anche per ragioni di risparmio o di aumento redditività, con il rischio che si avviino riorganizzazioni in questo senso. Cito l’esempio di “Zurich”, che recentemente ha espresso l’intenzione di chiudere tutte le sedi periferiche dando la possibilità di lavorare da remoto. Intenzione poi fortunatamente rientrata con l’intervento delle Segreterie Nazionali, ma l’accaduto richiede da parte sindacale di porre la massima attenzione alle riorganizzazioni in corso, per evitare il rischio che le aziende spingano verso il lavoro agile come “scelta obbligata” (che è ovviamente una contraddizione in termini), o come alternativa “positiva” piuttosto che male minore rispetto a esuberi e mobilità.
Nella vera volontarietà rientra anche, per i nostri settori, il rapporto rete/direzioni. Le aziende hanno messo e spesso lasciato su remoto tutto ciò che è lavoro amministrativo e, per contro, nelle reti hanno dimostrato grande rigidità.
Nelle filiali bancarie l’agile è stato parziale e limitato alla fase di lock down duro, dopodiché c’è stata una grande rapidità nel ripristinare il lavoro in presenza. Nelle agenzie dell’appalto assicurativo l’agile è stato residuale rispetto a qualunque altra realtà dei settori che organizziamo, persino nella fase acuta e persino senza protezioni adeguate per intere settimane, il che richiama la necessità di contrattare delle regole minime coinvolgendo anche le case madri. Per quanto riguarda l’attività consulenziale e commerciale, occorre portare le aziende a ragionare in modo innovativo, rendendo fruibile il lavoro agile anche per l’attività in rete (come strumento prezioso per la formazione da remoto, per la parte amministrativa e di programmazione del lavoro, per la consulenza telefonica). Va contestualmente restituita la dimensione del lavoro di gruppo agli uffici interni, contrattando modalità e tempi per il rientro in ufficio per quei lavoratori e lavoratrici – e non sono pochi nel nostri settori – che continuano a essere in agile da inizio pandemia.
Più in generale, bisogna contrattare la redistribuzione equa dei risparmi aziendali e degli aumenti di produttività che il lavoro agile sta comportando e monitorare le riorganizzazioni per evitare che si creino settori, attività o mansioni marginalizzate a prevalenza femminile.
– Alternanza minima lavoro da remoto con lavoro in presenza
E’ importante garantire in tutti i settori un massimo di giorni da remoto tale da assicurare che il lavoro in presenza non diventi residuale. Il CCNL ABI lo ha fatto, con fortunata lungimiranza, a fine 2019, trovando un equilibrio nei massimo 10 giorni mensili da remoto, che sono circa la metà del tempo lavoro.
Un minimo adeguato di giorni di lavoro in presenza è necessario perché la sola volontarietà porta al rischio gabbia dorata o effetto tana, che sono parenti del rischio ghettizzazione del lavoro femminile.
– Disconnessione
E’ necessario evitare che il diritto alla disconnessione diventi una mera dichiarazione di principio (inesigibile nei fatti) o un dato formale, a causa di carichi eccessivi, che portano a lavorare anche disconnessi o a ritrovarsi innondati da input e da richieste al momento della ri-connessione. Il diritto alla irreperibilità al di fuori dall’orario si sta dimostrando insufficiente. La disconnessone va quindi rafforzata e resa concretamente fruibile/automatica.
C’è il tema disconnessione “tecnica” al di fuori di fasce orarie concordate. Procedure telematiche per lo spegnimento di tutti i collegamenti con l’azienda, divieto/autodistruzione della messaggistica fuori orario, computo del tempo impiegato a rispondere a mail fuori orario con riconoscimento di permessi come recupero sono temi già affrontati dalla contrattazione in grandi aziende europee, specie nel settore automobilistico (Volkswagen, Bmw, Daimler) in tempi precedenti alla pandemia e al di fuori del recinto del lavoro agile, sulla scia della progressiva digitalizzazione del lavoro.
La disconnessione è collegata con il tema – delicato ma ineludibile – della misurazione della prestazione lavorativa e del lavoro per obiettivi, che sono a loro volta collegati alla contrattazione dell’organizzazione del lavoro e dei carichi lavoro (ormai spesso stabiliti da algoritmi, con rischi sia in termini di trasparenza che di discriminazioni, tra cui quelle di genere).
In conclusione, la medesima tecnologia che ora invade e travalica i confini tra lavoro e vita può prestarsi a diventare elemento di garanzia se riusciamo, attraverso la contrattazione, a utilizzarla per contrastare i suoi stessi impatti negativi.
8 ottobre 2021
ESECUTIVO DONNE FISAC CGIL NAZIONALE