Legittima l’astensione del dipendente se il luogo di lavoro è freddo
La Corte di Cassazione ha stabilito che nei confronti del datore di lavoro esiste un preciso obbligo di tutelare la salute psico-fisica dei prestatori di lavoro e di assicurare che i locali dell’azienda siano in condizioni tali da permettere agli stessi di adempiere le prestazioni contrattuali cui sono obbligati, non subendo nocumento alla propria salute.
Nel caso in esame, un gruppo di lavoratori si asteneva dallo svolgere le proprie mansioni lavorative a causa della bassa temperatura dei locali di lavoro, dovuta al malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento e al fatto che l’edificio aziendale era privo di una parete, rimossa per l’installazione di una nuova uscita d’emergenza. In questo modo, l’aria fredda dell’esterno non incontrava ostacoli nell’accedere in tutto il complesso aziendale, riducendo sensibilmente la temperatura interna. In seguito a tale condotta dei dipendenti, il datore di lavoro tratteneva la retribuzione corrispondente al periodo di astensione, contestando l’inadempimento dei lavoratori astenuti.
I lavoratori ricorrevano in giudizio chiedendo l’accertamento dell’inadempimento contrattuale del datore di lavoro e la condanna alla corresponsione della retribuzione trattenuta.Il Tribunale accoglieva la domanda dei lavoratori, con una sentenza che, appellata, era confermata anche dalla Corte d’appello. In particolare, la Corte territoriale rilevava come “l’astensione dal lavoro era riconducibile alla impossibilità della prestazione dovuta alla temperatura troppo bassa nell’ambiente di lavoro”.
Avverso tale sentenza, il datore di lavoro proponeva ricorso in Cassazione, deducendo vizio di motivazione della sentenza impugnata, ritenendo che il locale adibito a luogo di lavoro fosse adeguatamente riscaldato e che il malfunzionamento del sistema di riscaldamento riguardasse locali dell’azienda diversi da quelli in cui i lavoratori prestavano le proprie mansioni.La Corte di legittimità ha rigettato il ricorso del datore di lavoro e confermato la sentenza impugnata, ritenendo la motivazione della stessa“congrua e corretta”, essendo esente da censura il giudizio sulla idoneità del luogo di lavoro, di competenza del giudice di merito.
I giudici hanno rilevato come esista un obbligo in capo al datore di lavoro di garantire la tutela della salute psico-fisica dei propri dipendenti e collaboratori che ha la sua fonte direttamente nella legge, in particolare nell’articolo 2087 del Codice Civile (“Tutela delle condizioni di lavoro”) a norma del quale: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Nel caso in cui si prospetti la violazione di tale obbligo, che grava sul datore di lavoro, la controparte contrattuale (il lavoratore) è legittimato a non eseguire la propria prestazione eccependo l’inadempimento e, al tempo stesso, mantiene il diritto alla retribuzione, in quanto al lavoratore non possono derivare conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore.
In conseguenza di ciò, se il datore di lavoro non garantisce un ambiente di lavoro salubre e tale da non recar danno alla salute dei lavoratori, questi sono legittimati ad astenersi dall’eseguire le proprie mansioni e a ottenere comunque la retribuzione dovuta.
(Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, Sentenza 1 aprile 2015, n. 6631)