Qualche comportamento pratico da seguire in caso di CONTESTAZIONE DISCIPLINARE
Il lavoratore ha diritto, entro 5 giorni di calendario dal ricevimento della lettera di contestazione, a formulare le proprie difese per iscritto e/o richiedendo un colloquio.
E’ necessario evidenziare come ogni procedimento disciplinare faccia storia a sé; inoltre la casistica delle possibili infrazioni è pressoché illimitata: ne consegue che è impossibile creare una bozza standard di lettera di controdeduzioni.
Lo schema allegato rispecchia tale premessa e si limita a individuare i punti meramente formali: il destinatario della risposta (che coincide con l’ufficio che ha formulato la contestazione), il luogo e la data, l’identificativo della contestazione, la firma (ovviamente quella del lavoratore, non quella del sindacalista). Il contenuto è uno spazio bianco, che sarà riempito in base alle peculiarità di ogni singolo caso.
A titolo assolutamente generale, la lettera di contestazione ha lo scopo d’individuare una o più inadempienze nella prestazione lavorativa ascrivibili al lavoratore interessato. Ne consegue che la lettera di controdeduzioni o il colloquio devono evidenziare se il lavoratore abbia commesso veramente delle inadempienze; oppure se il lavoratore fosse realmente in grado di tenere una condotta diversa da quella contestata; oppure ancora se ciò fosse impossibile o almeno difficile per le circostanze più diverse.
E’ necessario esaminare la lettera di contestazione individuando quali siano i punti di forza e i punti di debolezza e poi fornire le spiegazioni in ordine a ciascun elemento della contestazione. In primo luogo devono essere verificati gli aspetti formali – la tempestività, la precisione nell’identificare i fatti contestati ecc. – e quindi gli aspetti sostanziali.
Per valutare e controbattere gli aspetti sostanziali è necessario esaminare la normativa aziendale che disciplina l’operatività contestata. Qualora la contestazione riguardi materie di particolare difficoltà tecnica, sarà opportuno che il sindacalista si consulti con una persona che abbia specifiche competenze al riguardo; in caso di coinvolgimento di altri soggetti, occorre sempre ricordare il vincolo di riservatezza al quale è tenuto il sindacalista.
Qualora siano già state fornite al proprio responsabile o alle funzioni ispettive alcune spiegazioni sui fatti contestati, sarà necessario tenerne conto nella stesura delle difese. Non serve tentare di smentire fatti oggettivi ed accertati.
La lettera è indicata nei casi in cui la situazione è nel complesso definita e vi sono sufficienti elementi per dare una giustificazione esaustiva dei fatti contestati. La lettera di controdeduzioni deve essere redatta in maniera lineare e sintetica, senza polemiche, che avrebbero quale unico risultato quello di esacerbare la situazione. Nella lettera sarà opportuno evitare di trattare questioni riguardanti difficoltà di carattere personale e così pure coinvolgere altri colleghi di lavoro; al più tali aspetti potranno essere trattati in sede di colloquio. In ogni caso, la chiamata di corresponsabilità con altri lavoratori è sempre da valutare con la massima cautela.
Nei casi incerti, può essere preferibile il colloquio, che consente al sindacalista d’intervenire sulle situazioni di contesto già accennate (carenze organizzative e procedurali dell’azienda, carichi di lavoro, eccetera). E’ importante sottolineare problematiche che riguardano carenze organizzative e procedurali dell’azienda, carichi di lavoro, carenze nella formazione, carenze nella comunicazione di nuove normative, carenze procedurali eccetera.La scelta fra la lettera di controdeduzioni ed il colloquio dipende da diverse variabili.
Il colloquio può dare una personalità fisica a quella che può apparire come una mera pratica burocratica dell’ufficio del personale, ma per alcuni può anche essere una situazione di stress e come tale da evitare. La richiesta di colloquio permette però di avere qualche giorno in più per approfondire meglio la contestazione e preparare le proprie difese. Nel colloquio l’azienda solitamente si limita a verbalizzare le spiegazioni del lavoratore: è quindi necessario arrivare al colloquio con una traccia scritta delle proprie difese.
E’ anche possibile presentare al colloquio una memoria scritta che affronta gli aspetti formali e sostanziali, mentre il sindacalista aggiungerà verbalmente le proprie osservazioni circa le situazioni di contesto (le lacune aziendali). Il verbale del colloquio risulterà così formato dalla memoria scritta e dalla verbalizzazione di quanto dichiarato dal sindacalista.
E ’ possibile formulare le proprie difese in una lettera ed in più richiedere anche il colloquio.
E’ importante che la richiesta del colloquio sia esplicita: inserire nella lettera di controdeduzioni frasi del genere “il sottoscritto è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento” è da evitare, perché crea incertezza su quali siano le concrete intenzioni del lavoratore.
Al riguardo, alleghiamo apposita bozza di lettera di richiesta del colloquio.
A questo punto, è opportuno fare qualche precisazione di carattere pratico sui comportamenti da seguire in caso di contestazione disciplinare.
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Contattare il proprio sindacalista: a fronte dell’avvio di una contestazione disciplinare emerge l’assoluta opportunità di prendere contatto con il proprio rappresentante sindacale, per avere la necessaria assistenza prima di addentrarsi in una realtà che non solo è personalmente sgradevole ma è anche tecnicamente complessa ed incerta.
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La trasparenza tra lavoratore e sindacato: è necessario che il rapporto fra il rappresentante sindacale e l’iscritto sia improntato alla massima trasparenza reciproca: il lavoratore deve esporre i fatti in modo veritiero e completo, in modo tale che il proprio rappresentante sindacale non incorra in errori di valutazione.
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La difesa del lavoratore: si svolge per mezzo della lettera di controdeduzioni e/o con il colloquio. E’ l’argomento più delicato e merita una trattazione a parte.
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L’assistenza di un avvocato: la stesura della lettera di controdeduzione o la preparazione del colloquio può avvenire in collaborazione con un avvocato. Tuttavia, occorre tenere presente che un professionista esterno difficilmente conosce le dinamiche esistenti nelle realtà aziendali, che invece dovrebbero essere note ad un sindacalista. L’assistenza di un avvocato può essere importante nel caso in cui vi sia il fondato timore che la contestazione si chiuda con un licenziamento. In tale circostanza, è norma di prudenza sottoporre le controdeduzioni all’avvocato, per evitare qualunque contenuto che possa creare difficoltà in caso di impugnazione del licenziamento in tribunale.
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Impugnazione del provvedimento disciplinare: una volta chiuso l’iter disciplinare interno con l’irrogazione della sanzione, il lavoratore può eventualmente impugnare il provvedimento disciplinare in sede arbitrale o in sede giudiziale. L’impugnazione in sede giudiziale di una sanzione disciplinare diversa dal licenziamento è da valutare con estrema cautela: in particolare è necessaria un’attenta valutazione delle spese legali che dovranno essere sostenute in un processo. Per quanto riguarda i tempi di prescrizione per impugnare in sede giudiziale una sanzione disciplinare, la legge non prevede disposizioni specifiche. Ne consegue che il diritto all’impugnazione si prescrive nel termine ordinario di 10 anni, previsto dall’art. 2946 codice civile. Per il licenziamento vi sono invece termini assai più stringenti. Innanzitutto, la legge n. 604/1966, art. 6 prevede che il licenziamento sia impugnato entro 60 giorni dalla ricezione con un qualunque atto scritto: al riguardo, è sufficiente una raccomandata con ricevuta di ritorno. La stessa legge prevede poi un termine di 180 giorni per depositare il ricorso in tribunale, decorso il quale il licenziamento diventa definitivo e non è più impugnabile (Nota:Si tratta di un termine sicuramente insidioso, non previsto nel testo originario del 1966, ma che è stato aggiunto dalle leggi n. 183/2010 e 92/2012 (quest’ultima nota come “legge Fornero”, che fra l’altro ha ulteriormente decurtato il termine inserito nel 2010). La legge n. 300/1970 art. 7, consente inoltre al lavoratore di impugnare il provvedimento disciplinare in sede arbitrale, richiedendo la costituzione, presso la Direzione Provinciale del Lavoro, di un collegio di conciliazione ed arbitrato. Tale richiesta deve essere formulata entro 20 giorni successivi dalla formalizzazione della sanzione, anche per il tramite del sindacato, e la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio: ricordiamo però che, per far sì che vi sia la sospensione della sanzione disciplinare, è necessario che la richiesta venga inoltrata immediatamente all’azienda prima dei giorni di sospensione dal servizio. Il datore di lavoro può rifiutare la procedura arbitrale ricorrendo all’autorità giudiziaria per far accertare la legittimità della sanzione disciplinare: in tal caso il lavoratore dovrà fronteggiare la causa promossa dal datore di lavoro.