Da Il Tirreno – Ilenia Reali
Il segretario dei bancari Quiriconi (Fisac Cgil Toscana) contro l’ipotesi di fusione con Unicredit «Abbiamo chiesto un incontro quattro mesi fa, ancora non ci hanno chiamati»
Una banca con il quartier generale più lontano dalla Toscana sarà anche meno vicina ai correntisti e alle imprese del territorio ma soprattutto impoverirebbe anche il mondo del lavoro che di impieghi qualificati ha sempre più bisogno. Il piano industriale è anche per i sindacati una priorità e proprio per ottenere un incontro (atteso da quattro mesi) hanno avviato la procedura di sciopero peril 13 settembre. Erano sei anni, ricorda Daniele Quiriconi, segretario toscano dei bancari della CGIL che al Monte dei Paschi non si parlava di sciopero.
Quiriconi, come mai siete concentrati nel chiedere di non frazionare Monte dei Paschi?
“Mps è una grande banca nazionale che va difesa nella sua integrità. Tuttavia da sindacalista toscano sottolineo che è anche la più grande azienda privata per dimensione in regione (oltre 5.000 dipendenti) e che una sua destrutturazione contribuirebbe a un ulteriore impoverimento del tessuto economico”.
Si parla di sei sette mila esuberi, di cui 2.500 solo in Toscana. Riuscirete a gestirli con il prepensionamento attraverso il Fondo di solidarietà?
“Girano molti numeri e questi sono quanto rischiamo ma non ci sono certezze. Anche riuscendo a ridurre il danno accompagnando alla pensione migliaia di lavoratori rimarrà la distruzione di competenze, storie professionali e lavoro di qualità. E in Toscana mi pare abbiamo il problema di tanto lavoro “povero”e a basso reddito”.
Oltre agli esuberi quali sono gli aspetti negativi che la fusione di Monte dei Paschi comporta per la Toscana?
“Il Governo senza motivarlo adeguatamente ha fatto una scelta che è molto politica, cioè sta lavorando per la costituzione di 3-4 grandi oligopoli bancario assicurativi assecondando le indicazioni di Bce e Unione Europea. Abbiamo seri dubbi che si traduca in un vantaggio per i risparmiatori e per i sistemi economici locali. Anzi come la storia insegna ci saranno nuovi abbandoni di aree interne, in particolar modo nel centro sud Italia, tempi più lunghi e complessi per erogazione del credito, distanza dalle decisioni”.
Unicredit e Mps hanno quote di mercato alte nelle province di Siena e Grosseto. Cosa teme potrebbe accadere in quest’area?
“Si può determinare che per effetto dell’Antitrust si chiudano filiali costringendo i lavoratori e i risparmiatori a una grande mobilità e a disagi”.
Unicredit per la fusioni ha posto precise condizioni. Va detto chiaramente a cosa è interessato e a cosa non lo è.
“La definizione di un perimetro limitato, come affermato dall’amministratore delegato di Unticredit presuppone rischi per aziende, direzioni e filiali considerate non strategiche. Rischiamo esuberi, mobilità, la scomparsa di ogni autonomia un prezzo molto elevato in termini di denaro pubblico per questa operazione. Scegliere dal menu quello che più ci piace chiedendo enormi risorse dal denaro pubblico è assai discutibile”.
I sindacati del Monte dei Paschi hanno avviato la procedura di sciopero. Non accadeva da anni…
“Le organizzazioni sindacali di Mps, unitariamente, hanno fatto bene ad attivare le procedure di legge per lo sciopero: è assolutamente intollerabile che il Ministro del Tesoro non trovi a quattro mesi dalla prima richiesta di incontro, il tempo per aprire un tavolo sindacale. Una cosa mai vista. Noi chiediamo piani industriali, come si sta sul territorio, spiegazioni. Il punto quindi in questa vertenza non è solo come qualcuno propone, con una gestione burocratica, la questione esuberi. Non è ancora il momento di questa fase. Verrà il tempo e allora il sindacato farà quel che deve”.
Siete molto determinati a entrare nel merito del piano industriale. Perché?
“È un’operazione che impoverisce il mondo del lavoro ma anche il territorio più in generale soprattutto per le scelte che saranno fatte, se questa operazione si compie, su autonomie e direzioni territoriali. L’esperienza ci insegna che in genere con la testa di tutte le banche al nord o all’estero anche il rapporto tra sistema di imprese e credito è più complicato”.
Si teme la perdita anche del marchio
“Il marchio è un brand che ha un valore commerciale oltre che sentimentale molto forte ma perché non sia uno specchietto per le allodole bisogna che dietro ci siano piani industriali che lo riempiano di significato”.