BancoBPM a 4 anni e mezzo dalla fusione esce dall’ennesima razionalizzazione della rete sportellare e dall’ennesima riduzione di organici, mascherata da “ricambio generazionale”.
Se l’ottimismo porta a pensare che da settembre vivremo un qualche ritorno alla normalità l’azienda si attrezza, a modo suo e per noi non condivisibile, per rimanere attiva sul mercato.
L’origine “popolare” di una SPA quotata in borsa oramai si riscontra solo in qualche residuale previsione di welfare aziendale a favore dei dipendenti. Abbiamo a che fare con un’Azienda che usa sostanzialmente da appeal pubblici- tario la vicinanza al territorio e la parola contenuta nella ragione societaria. Delusi? No lo sapevamo già, da tempo.
Può esserci spazio, per il terzo gruppo bancario nazionale, per traghettare nel futuro, compatibilmente con le condizioni di mercato, le proprie radici cultura- li? La gestione di questi 4 anni sinceramente ci dice di no,
almeno per quanto riguarda il modello di servizio alla clientela, anche se una gestione più attenta alle necessità del territorio e della clientela più fragile po- teva dimostrare il contrario, a nostro modo di vedere.
La legge del mercato, le aggregazioni spinte con forza da BCE e governo pon- gono da tempo il Banco BPM nel gorgo delle possibili aggregazioni bancarie, fra MPS, BPER e Unicredit.