La vicenda GKN è ormai tristemente nota: 422 persone licenziate con una mail notturna, in un’azienda che aveva subito la crisi COVID come tutte, ma che ha un potenziale di ripresa. Ignorato a scapito delle persone.
Il tema sostanziale sta nella proprietà.
Siamo tutti rimasti agghiacciati dalla modalità con cui questi licenziamenti sono avvenuti ma, se ci riflettiamo attentamente, non c’è niente di nuovo e le 422 mail sono frutto di una realtà con cui conviviamo ormai da tanto tempo. E come quasi sempre accade, il quotidiano anche sbagliato e pericoloso diventa drammaticamente realtà ineluttabile e fa parte di noi. Pensiamo al chiodo messo male: ad un certo punto cederà e qualcosa quasi certamente si romperà, ma fino a quel momento farà parte della nostra normalità, anche se qualcuno ci dice che il chiodo è sbagliato.
Ecco, con GKN il chiodo messo male ha dato vita ad un disastro umano, che oggi porta via la speranza di futuro a 422 persone più tutte quelle che ci girano intorno (80 addetti degli appalti, mense logistica, prevalentemente donne, famiglie, indotto…), ma che rappresenta solo una piccola parte di tutti i quadri in bilico nella nostra economia. E bene fanno lavoratrici e lavoratori di GKN a gridare #INSORGIAMO, perché qui c’è in gioco un modello economico che con un invio al computer può azzerare vite e che, soprattutto, viene da lontano ed è più esteso di quanto vogliamo vedere. Basta un click.
Torniamo quindi all’inizio di quanto scritto: la differenza sta nella proprietà.
Sappiamo che GKN era poprietà di MELROSE fondo speculativo inglese che ha preso il controllo del gruppo nel 2018. La vendita delle azioni risale ad aprile, tre mesi dopo sono scattati i licenziamenti via mail. Ma la situazione non era irrecuperabile. La fabbrica ha perso 4,5 milioni nel 2020 e 3,5 nel 2019, ma negli anni precedenti aveva fatto utili per 10 milioni e i vertici aziendali scrivevano che nel primo trimestre del 2021 il fatturato era già risalito del 7% e dl 14% sul budget di previsione.
Ma per la logica di un Hedge Fund (fondo speculativo) questo non è importante. E Melrose è un Hedge fund.
Melrose Industries non è un player come gli altri. Sede a Londra, è una holding che acquista, valorizza e rivende imprese manifatturiere. Il suo motto è “buy, improve, sell” , cioè “compra, migliora e vendi” .
Ai padroni del fondo non importa l’investimento duraturo nel tempo. Entrano nelle aziende, ristrutturano con l’obiettivo di vendere al più presto a un prezzo più alto di quanto hanno pagato. Ma per far ciò devi raggiungere target di margini e profitti tali da far salire il valore dell’azienda. Questa operazione si riflette sul valore di borsa del titolo (di Melrose, in questo caso).
Non sempre come nel caso di GKN si riesce nell’intento di aumentare il prezzo di possibile vendita dell’azienda acquisita (BUY, IMPROVE) e allora ce se ne sbarazza (SELL). Il prezzo ricade sulle spalle de i lavoratori, mentre la fuga di chi ha congegnato l’operazione Gkn, così come altre dello stesso tipo, si trasforma nella magia dei giochi puramente finanziari nella vendita delle azioni (di Melrose) assegnate come bonus, consentendo l’incasso di cifre milionarie.
A capo ci sono 2 ricchissimi signori britannici, Simon Peckam (CEO), che nel 2014 guadagnava 2000 volte più del salario minimo inglese e Chistopher Miller (Vice Presidente). Entrambi possiedono azioni di Melrose, il cui titolo è schizzato in alto in borsa dopo questa operazione, beneficiando della logica della finanza: non importa delle vite delle persone, ma di quanto puoi guadagnare. Se GKNnon era più capace di dare rendimenti previsti (a meno di seri investimenti nel mondo reale e non solo nella nuvola finanziaria), la borsa premia la capacità di tagliare rami (e speranze).
Con l’operazione GKN, Mr Peckham ha venduto in aprile, secondo quanto riporta la banca dati S&P Global market Intelligence, 4 milioni di azioni Melrose per un incasso di circa 7 milioni di sterline; Mr Miller invece lo ha superato vendendo tra marzo e aprile 8,7 milioni di titoli per un incasso di circa 15 milioni di sterline. Hanno portato a casa insieme più di quanto costano alla controllata GKNi 422 dipendenti mandati a casa all’istante. Il costo del personale nel 2020 dell’azienda di Campi Bisenzio è stato di 19 milioni di euro. Meno del valore in azioni incassati dai due. E i gestori del fondo si vantano di aver restituito ai loro azionisti tra performance delle azioni e dividendi dalla nascita del fondo nel 2003, ben 4,7 miliardi di sterline.
È la finanza, baby! Così Peckam e Miller sono estremamente più ricchi e considerati.
Inoltre, Melrose non solo chiude Campi, ma annuncia anche la chiusura del decano degli altri 18 stabilimenti GKN in giro per il mondo: quello di Erdington, un sobborgo di Birmingham. Anche lì gli operai sono in lotta senza ottenere nulla dalla proprietà. Che però qui manifesta le sue intenzioni: delocalizzare in Polonia.
Il titolo vola in borsa: se questo è il meccanismo, e lo è, Melrose fa il suo.
Quello che è da combattere è l’idea che la finanza comandi su tutto.
GKN/Melrose pare un caso da manuale, tanto per gli assetti proprietari quanto per la logica dell’operazione.
Guardiamo dentro Melrose Industries, società quotata nella Borsa di Londra. Ma chi la possiede ? Fra i maggiori azionisti c’è Capital Research & Management, una società che fa parte di un conglomerato finanziario statunitense – Capital Group – di 67 aziende ; Select Equity Group, società finanziaria basata a NY che vanta un portafogli di 30 mld $; Threadneedle Asset Management Ltd., società basata a Londra collocata sempre nel medesimo settore. Senza sorpresa per me, troviamo due presenze familiari nella speculazione: Vanguard Group e BlackRock, le due più potenti strutture finanziarie al mondo. Tanto per chiarire, BlackRock controlla alcuni trilioni di attività speculative in modo diretto, e circa 18 in modo indiretto (per dare il senso delle proporzioni, il Pil dell’Italia equivale a circa 2 trilioni: impallidisce). Ognuna di queste società è posseduta e ne possiede altre, rendendo l’assetto proprietario finale complesso da decifrare e assai opaco.
Ma non possiamo semplicemente trasalire ed insorgere.
Questa operazione però è figlia di un lungo silenzio, del bisogno continuo di capitali da investire nelle imprese, che ha portato allo strapotere economico degli Hedge Fund e, più in generale, ad accettare come ineluttabile il fenomeno della finanziariazzazione dell’economia reale. Non importa più cosa produco, il valore reale del bene o servizio che diventano una realtà concreta (economia reale, appunto) ma come finanzio e con che cifra remunero i soldi investiti. Se dei fattori della produzione, che sono quattro (Capitale, organizzazione-management, materie prime e lavoro) considero solo i primi due (capitale e management) e li strapago, l’equlibrio si tiene solo se sottopago e sfrutto i secondi due: persone e Terra. Oggi paghiamo il conto in termini sociali ed ambientali.
La finanziarizzazione dell’economia arriva da lontano. La crescita del ruolo della finanziarizzazione è strettamente collegata al processo di innovazione finanziaria avvenuto a partire dagli anni 1980. Tale processo, sospinto dalla deregolamentazione e da un’idea per cui la ricchezza premia la ricchezza, si è tradotto nella creazione e nella diffusione in un mondo sempre più globalizzato di strumenti finanziari oltremodo strutturati e complessi, che in un primo momento possono avere favorito lo sviluppo dell’economia (almeno di una certa idea), ma che poi ha incoraggiato comportamenti incauti, gestioni prive di sani criteri prudenziali e speculazioni spregiudicate; ciò a danno della stabilità dell’intero settore finanziario e, per effetto contagio, di tutto il sistema economico. L’impatto sociale negatico ci è arrivato addosso come una valanga nel 2008.
“È necessario riflettere che la finanziarizzazione dell’economia non è solo una evoluzione del capitalismo ma la modificazione della sua natura. Il processo è passato dalla proposizione denaro-merce-denaro (D-M-D), attraverso il quale il capitale, con una distribuzione non equa del valore prodotto tra capitale e lavoro, accumulava ricchezza, a quella odierne denaro-denaro-denaro (D-D-D), che senza la “mediazione” della produzione di merci (e servizi), permette di accumulare ricchezza (in poche mani)”
Francesco Indovina
I flussi di capitale, specie quelli che si sono sviluppati negli ultimi venti anni, hanno caratteristiche molto diverse da quelle assunte nel passato. Oggi gli investimenti finanziari sono rivolti verso un maggiore numero di attività, interessano operazioni a breve e brevissimo periodo, vengono trasferiti in pochi secondi e, per questo, sono causa:
- di crisi più frequenti dovute all’estrema volatilità giornaliera dei corsi dei titoli
- di rapide inversioni di tendenza nei tassi di cambio delle principali valute internazionali con conseguenti maggiori rischi per gli operatori e tutto questo accade nonostante le maggiori informazioni disponibili sulle imprese che operano in questi mercati e sulle tipologie di strumenti finanziari utilizzati
- la presenza di regimi legali, contrattualistici e di standard di contabilità istituiti a garanzia e difesa degli interessi degli operatori
- l’ingresso sui mercati di nuovi investitori come gli intermediari finanziari in hedge funds, le società mobiliari e le assicurazioni, i fondi comuni
- l’innovazione finanziaria: enorme sviluppo di attività finanziarie a breve-brevissimo periodo, con minore o maggiore grado di liquidità, senza nessun specifico collegamento con l’evoluzione dell’economia reale e con i risultati delle attività delle imprese quotate in borsa, ma con la diretta finalità di guadagnare speculando sulla estrema volatilità delle loro quotazioni
- sistemi di sorveglianza finanziaria multilaterali (G7, FMI, Financial Stability Forum) e nazionali inefficienti o troppo indulgenti (Prof. U. triulzi Roma1).
Si tratta di un mutamento che investe la produzione, la distribuzione della ricchezza, ma anche il processo politico e la stessa, tanta o poca che sia, democrazia. Quando la ricchezza si produce attraverso la produzione reale, il fattore lavoro assume un ruolo fondamentale nella distribuzione della ricchezza prodotta e nell’affermarsi di diritti di cittadinanza. Certamente non per una legge economica, ma con anni di lotte e conquiste, ma avendo un ruolo cruciale. Al contrario ora, dove è prevalente il meccanismo finanziario, il rapporto tra capitale e società diventa effimero, distrugge il legame di comunità in ogni accezione. Si rende virtuale il rapporto tra “imprenditore” e “comunità di riferimento” e, quindi, si azzera il potere della stessa. La lotta è ancora fondamentale, ma nella consapevolezza di come tutto si sposti maggiormente sul piano politico.
E se da una parte manca una cultura alternativa, poiché tutti siamo invischiati nella dimensione liberista e del mercato e ancora non riusciamo a proporre una visione alternativa, è proprio da qui che dobbiamo partire, dallo smettere di considerare ineluttabile un modello economico che, in quanto tale, è frutto di scelte umane, sulle quali possiamo e dobbiamo influire: è ora il tempo di andare alla radice del problema.
Altrimenti non ci dovremo lamentare quando qualcuno “scatenerà l’inferno”, con un semplice click.
Cosa ci serve:
- collegamento sindacale sovranazionale tra lavoratori: GKN oggi lotta a Campi e a Birmingham. Siamo tutti insieme;
- Prendere possesso degli strumenti di controllo della finanza che fanno capo a noi: un esempio sono i Fondi Pensione che alimentiamo con i nostri soldi, con la nostra speranza di un futuro sereno. Questi soldi costituiscono una massa critica straordinaria, che può pesare nelle decisioni di investimento. Dobbiamo esercitare il potere che ne deriva influenzando gli investimenti secondo criteri di sostenibilità sociale (e non solo) che noi decidiamo. Il parametro di ritorno degli investimenti (il mitico benchmark, per parlare la lingua di chi vuole affossarci presumendoci ignoranti) non può essere il solo tasso di interesse, ma un valore che includa un interesse sociale misurabile in modo diverso. La relazione del 2020 dell’authority ci dice che il risparmio previdenziale in questi fondi è di 290 miliardi con 8,4 milioni di iscritti (+2.2%): una forza che deve diventare strumento di influenza delle decisioni di investimento (si vedano a tal proposito le Figure 1, 2 e 3);
- Regolamentazione europea sugli assetti proprietari che la renda trasparente;
- Una regolamentazione europea stringente sulle operazioni degli Hedge funds. DIRETTIVA AIFMD SUGLI HEDGE FUND E LE IPOTESI DI REVISIONE: tra le altre cose, deve definire una maggiore trasparenza e regole:
- contro il conflitto di interessi;
- gli investimenti sostenibili, includendo la sostenibilità sociale
- promuovere una convergenza della vigilanza nell’applicazione della direttiva, promuovendo una vigilanza comune a livello europeo, con sanzioni;
- La Commissione europea ha scelto BlackRock come consulente per lo sviluppo degli strumenti necessari a integrare i fattori di sostenibilità ambientale per le banche. C’è un evidente e pericoloso conflitto di interessi. BlackRock continua ad essere un finanziatore potente di attività inquinanti e socialmente irresponsabili oltre a detenere quote di partecipazione anche notevoli nelle banche oggetto dell’intervento normativo di cui sarà consulente. È necessario che la Commissione Europea penalizzi questo tipo di fondi, invece di premiarli. Bisogna smascherare questa idea di Capitalismo Etico, che fa del puro make up di se stesso;
- L’Europa adotti criteri di sostenibilità sociale nel definire il proprio Green Deal: la lotta ambientale è cruciale, ma non deve andare disgiunta dalla questione sociale
- L’agenzia di controllo dei mercati finanziari europea (ESMA), che è stata rafforzata con l’ultima modifica, deve essere resa meno dipendente dai rappresentanti dell’industria finanziaria. Quelli che devono essere i controllati, in realtà, hanno un grande potere decisionale sul controllore;
- la Borsa, così com’è, ha perso ogni originale funzione e alimenta la speculazione;
- dividere le banche che fanno finanza da quelle della raccolta e collocamento del risparmio;
- tassare le rendite e i patrimoni;
- lo Stato ha un ruolo fondamentale per influenzare l’innovazione, reale e finanziaria, e le strade che può prendere. Da sola, l’innovazione va nella direzione dove si possono fare più velocemente profitti: serve una politica per indirizzarla;
- Risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2021 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti la Due Diligence (dovuta diligenza) e la responsabilità delle imprese deve diventare una direttiva