Stress psicosociale e genere
Il mondo del lavoro è stato declinato al maschile fino a tempi recentissimi. In tema di valutazione dei rischi, ad oggi, i più consolidati strumenti di analisi hanno come limite la standardizzazione dei soggetti ai quali vengono applicati.
L’attenzione alle lavoratrici è stata per molto tempo circoscritta alla sola maternità, eludendo l’esistenza di differenze socialmente non riconosciute tra uomini e donne. Inoltre, gli stessi modelli organizzativi del lavoro generano divisioni verticali e orizzontali nell’assegnazione delle mansioni, connotate dalla subalternità delle donne.
Il primo testo di medicina del lavoro con uno specifico capitolo dedicato ai rischi del lavoro femminile, risale solamente al 1993.
Con il Dlgs 81 del 9 aprile 2008 in materia di salute e sicurezza, integrato dal correttivo 106/09, si afferma che la valutazione e la consequenziale prevenzione dai rischi professionali non può esulare dal riconoscimento delle differenze di genere.
Secondo le fonti ISTAT, le donne supportano in misura prevalente il carico aggiuntivo del lavoro domestico; cosiddetto ‘multitasking’ o ‘doppio lavoro al femminile’, dato dalla conciliazione tra i tempi di lavoro e famiglia, stimato in 5 ore e 30′ al giorno rispetto alle 2 degli uomini. Già da questo dato emerge che potenzialmente la donna è soggetta a soffrire maggiormente di stress da lavoro correlato in rapporto direttamente proporzionale al crescere della distanza dalla dimora al luogo di lavoro e alla richiesta di lavoro straordinario.
Con la parola stress si identificano le reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, alle risorse o alle esigenze del lavoratore. È quindi una reazione necessaria di adattamento dell’individuo all’ambiente che per un’esposizione intensa e/o prolungata a fattori stressogeni può determinare l’insorgenza di patologie di natura sia fisica che psichica. Lo SLC è determinato da disfunzioni dell’organizzazione del lavoro per le quali il lavoratore/trice non riesce a corrispondere alle richieste e alle aspettative riposte in lui/lei. Quindi la specificità del modello organizzativo del settore è strettamente collegata con il benessere/malessere del lavoratore/trice.
Gli effetti dello stress lavorativo sono diversi su uomini e donne in relazione alle specificità biologiche, alle differenti percezioni di salute e malattia, al contesto sociale organizzativo; inoltre la vulnerabilità verso i rischi cambia in modo significativo con l’età e in modo differente tra i due sessi.
Sempre con il citato Dlgs 81/08, in recepimento di alcune direttive europee, si sottolinea che tra i rischi professionali vanno valutati quelli collegati allo stress lavoro correlato (essenzialmente i rischi psicosociali), la cui prevenzione non può esulare dal riconoscimento delle differenze di genere. A partire dal gennaio 2011 le aziende italiane hanno l’obbligo di effettuare la valutazione di tali rischi, obbligo la cui violazione prevede sanzioni.
Nel settore bancario e assicurativo l’organizzazione del lavoro ha una forte connotazione competitiva, finalizzata al raggiungimento di un alto numero di prestazioni che determina il conseguimento di incentivi retributivi. I ritmi di lavoro si intensificano e si sviluppa una negativa competizione interna.
Da specifiche indagini di settore sullo SLC, anche a carattere universitario, emerge che le donne rispetto agli uomini soffrono di maggiori disagi e fanno uso/abuso di psicofarmaci in misura percentualmente doppia rispetto all’altro sesso per contenere gli stati ansiogeni.
I disagi maggiormente segnalati dalle donne sono:
-
La paura di una possibile rapina
-
I timori di trasferimenti punitivi per mancato raggiungimento del budget
-
Il disagio e il conflitto morale per i prodotti da proporre alla clientela
-
I continui cambiamenti organizzativi
-
La difficoltà di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro
-
Le differenze di inquadramenti, di mansioni e la scarsa autonomia decisionale
-
Trovarsi ad essere oggetto di azioni di mobbing e/o di violenze/molestie
Tutto ciò porta a sottolineare come l’ambiente di lavoro vada riformulato in un’ottica di genere, prendendo in considerazione le differenze ‘’strutturali’’ tra uomini e donne, le loro diverse strategie adattive e necessità. Risulta quindi necessario coinvolgere più donne nella consultazione preventiva e nella stesura di accordi, politiche e procedure in materia di salute e sicurezza, poiché scelte “neutre” possono produrre effetti di non equità tra i due sessi.