L’ANGOLO LEGALE: Controllo a distanza – Dignita’ e riservatezza del lavoratore
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In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una vera rivoluzione nel mondo del lavoro, siamo entrati nella cosiddetta era digitale. Il lavoratore opera sempre più attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici come computer portatili, tablet, iPad, cellulari, applicazioni, software, ecc. Nel nostro caso è come se portassimo a casa dei clienti, nelle loro attività commerciali e nelle nostre abitazioni una parte significativa dell’ufficio. In altre parole lo sviluppo della tecnologia e dell’informatica applicata al lavoro ci permette di operare sempre e ovunque, l’utilizzo dei nuovi iPad ne è la prova evidente.
La domanda ricorrente per molti produttori è : l’azienda può controllare a distanza la nostra attività lavorativa attraverso gli strumenti tecnologici che ci concede in dotazione? E può tale controllo essere ritenuto legittimo? Per dare delle risposte chiare e puntuali su questo tema è necessario analizzare tutti i cambiamenti normativi avvenuti in questi ultimi anni e mettere in luce la normativa di riferimento.
Partiamo dal presupposto che il potere di controllo sull’attività lavorativa del dipendente è una delle facoltà connaturate al rapporto di lavoro subordinato e che lo stesso controllo consiste nel verificare che il lavoratore svolga la prestazione nel rispetto delle regole previste dalla legge, dal contratto collettivo e dal contratto individuale di lavoro. Le modalità di esercizio di tale potere, tuttavia, sono regolamentate dalla legge al fine di evitare un’eccessiva intrusione del datore di lavoro nella sfera privata e riservata del lavoratore.
L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori vieta l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo possono essere installate solo per esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro, previo accordo con le organizzazioni sindacali o, in mancanza, previa autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro.
La materia è stata modificata dal Decreto Legislativo n. 151/2015 cosiddetto “Jobs Act”, il quale nel riformare l’art. 4 ha aggiunto altre disposizioni che tengono conto dei cambiamenti che la tecnologia ha apportato al mondo del lavoro. Vengono presi in considerazione gli strumenti che il datore assegna ai propri dipendenti per lo svolgimento della prestazione lavorativa (tablet, iPad, cellulari, computer), nonché gli strumenti di rilevazione degli accessi e delle presenze. Sottolineo l’aspetto fondamentale della riforma, cioè rendere lecito il controllo su tutti gli strumenti che consentono al lavoratore di adempiere alle mansioni e ai compiti assegnati. Per questi strumenti non è previsto l’obbligo per il datore di raggiungere una intesa sindacale o di ottenere l’autorizzazione ministeriale e, quindi, non è prevista una verifica preventiva sulla legittimità e correttezza dell’utilizzo degli strumenti stessi. Il controllo è così libero e può essere effettuato senza una esigenza organizzativa o produttiva. Tutto ciò consente al datore di lavoro di utilizzare le informazioni di lavoro raccolte e di poterle utilizzare solo per fini lavorativi e sempre nel rispetto e in ossequio ai principi della correttezza, trasparenza e necessità.
A tutela del lavoratore sono previsti altri due limiti al potere di controllo: il primo è relativo alla necessità che il lavoratore venga adeguatamente informato sulle modalità con cui dovrà utilizzare gli strumenti di lavoro e sulle modalità con le quali verrà esercitato il controllo; il secondo è dettato dal rispetto delle norme in materia di privacy.
Lo stesso garante per la protezione dei dati personali ha evidenziato ” l’importanza di una informativa precisa, completa ed esaustiva che permetta ai dipendenti di capire quali condotte sono ammesse e quali vietate”.
L’adeguata informativa deve spiegare in modo chiaro e senza formule generiche, per esempio, che è stato installato uno strumento nel pc, a cosa serve, quali informazioni saranno raccolte, che i dati possono essere utilizzati dal datore di lavoro per migliorare la produttività e altro. Le informazioni devono essere pubblicizzate in maniera adeguata anche tramite affissioni sui luoghi di lavoro e sottoposte ad aggiornamento periodico. Il datore dovrà quindi disporre di un apposito regolamento disciplinare interno nel quale indicare ciò che è consentito e ciò che non lo è, la stessa geolocalizzazione sarà consentita solo nel caso in cui il lavoratore venga preventivamente informato sul suo utilizzo e se la funzione di localizzazione sarà ben visibile sul dispositivo dato in dotazione.
Quanto sopra esposto è stato confermato anche da alcune sentenze, come ad esempio quella del Tribunale di Venezia, 23/07/2020, n.198, con la quale veniva confermato l’orientamento in base al quale “…le apparecchiature dalle quali possa derivare il controllo a distanza del lavoratore debbono essere autorizzate… l’utilizzabilità dei dati acquisiti è condizionata dall’avvenuta adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti atti al controllo nei confronti dei lavoratori. Ciò detto, non è sufficiente per ritenere rispettata tale previsione la circostanza che i lavoratori fossero a conoscenza della presenza di telecamere, dovendo l’informazione essere estesa alle modalità d’uso dei dati acquisiti ivi compresa, soprattutto, la possibilità di effettuare controlli sulla prestazione lavorativa…”
La stessa Corte europea diritti dell’uomo del 17/10/2019, n.1874 si esprimeva sull’argomento ritenendo lecita la videosorveglianza dei dipendenti se finalizzata alla tutela dei beni aziendali e degli interessi del datore, …”purché siano rispettati pochi e tassativi criteri (tra cui consenso informato, garanzie contro gli abusi, minima interferenza nella privacy dei lavoratori) ed i lavoratori siano stati preavvertiti di questo controllo a distanza”…
Attraverso questa breve sintesi spero di essere stato di aiuto a tutti i colleghi che si sono posti delle domande sulla legittimità dei controlli a distanza operati dall’azienda. A parere di chi scrive è opportuno constatare il sempre più diffuso sviluppo della tecnologia e dell’informatica applicata al lavoro e sottolineare l’impatto conseguente sulla normativa che regola i diritti ed i doveri del datore di lavoro e del lavoratore.
Lo stesso Statuto dei lavoratori si è trovato di fronte alla necessità di regolare fenomeni diversi da quelli per i quali era stato elaborato. Si impone inevitabilmente la necessità di realizzare un ragionevole contemperamento fra l’interesse del datore di lavoro (controllare l’utilizzo da parte del lavoratore dei nuovi strumenti tecnologici aziendali) e la necessità di proteggere la dignità e la riservatezza del lavoratore medesimo.
Rimango fermamente convinto che tutte le risposte a questi ed altri temi non possano mai prescindere da una attenta analisi normativa e giurisprudenziale.
GIAN LUIGI RICUPITO