È ormai più di un anno che le nostre vite sono cambiate. Per quanto riguarda la sfera privata stiamo vivendo delle restrizioni che solo pochi mesi fa ci sarebbero sembrate inaccettabili e del tutto irrealistiche. E nella nostra vita lavorativa dobbiamo seguire dei protocolli, utilizzare dei DPI e prestare attenzione a comportamenti banali come scambiare una penna con una collega o condividere il momento della pausa pranzo. C’è chi i colleghi non li vede da mesi, se non attraverso uno schermo di un pc e la casa è diventata lo spazio di lavoro, un tutt’uno senza soluzione di continuità. Poi c’è chi il lavoro l’ha perso, c’è chi ha dovuto tener chiusa la propria attività e non sa se e quando potrà riaprire, c’è chi ha vissuto la perdita di una persona cara e chi lavora a stretto contatto con la malattia giorno e notte.
Questa pandemia ci ha cambiati, tutti, chi più e chi meno. Ha cambiato i nostri ritmi, le nostre abitudini, il modo di relazionarci e di stare con la gente, la nostra socialità e il nostro lavoro. Chi più e chi meno. Le donne di più, i giovani, i giovanissimi e i bambini.
Donne, Lavoro e Crisi
Si sa, quando c’è una crisi le conseguenze le pagano le categorie più fragili. Si sa perché non è la prima crisi che viviamo, poco più di dieci anni fa questa parola era stata abbinata ai mutui, alla finanza. Oggi è stata portata da un virus. Le fragilità del nostro sistema economico sono state messe a nudo, la globalizzazione delle persone e degli scambi commerciali, gli sprechi e i tagli al servizio sanitario nazionale, le disparità economiche, l’impreparazione ad affrontare e pianificare la gestione di un’emergenza. E a pagarne le conseguenze sono i più fragili e se parliamo di lavoro sono le donne e sono i giovani.
Tra febbraio e dicembre 2020, i posti di lavoro persi dalle donne, non considerando la cassa integrazione, sono stati il doppio di quelli persi dagli uomini. Dei 565mila occupati in meno registrati a marzo 2021 rispetto allo stesso mese del 2020, 377mila sono donne (il 66%). (fonte sole 24ore)
Il divario di genere avanza e mette in evidenza un problema strutturale della nostra società: il minore accesso delle donne al mercato del lavoro; una maggiore precarietà dell’occupazione femminile rispetto a quella maschile; un divario salariale in costante crescita; la difficoltà per le donne di accedere a posizioni lavorative apicali o meglio retribuite; l’esclusione delle donne da certi studi e di conseguenza a certi settori di lavoro ad oggi strategici.
PNRR e parità di genere
Il Piano di Ripresa e Resilienza è stato presentato il 25 Aprile al Parlamento e il 30 Aprile alla Commissione Europea. Il piano prevede 191 miliardi di euro da utilizzare in 5 anni e restituire in 30 (parte). L’obiettivo del piano non deve essere assistenziale ma deve porre le basi per una ripresa strutturale che porti il nostro paese (e tutta l’Europa) fuori dalla crisi economica che sta seguendo e seguirà alla crisi sanitaria da Covid-19.
Il piano individua delle missioni: Digitalizzazione, innovazione competitività e cultura; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Inclusione e coesione; Salute. Individua poi delle priorità “trasversali” Donne, Giovani e Cittadinanza.
Per ogni missione sono stanziate delle risorse, ben definite. Le priorità trasversali, d’altra parte, andrebbero tenute in considerazione all’interno di ogni singola missione e quindi, teoricamente, dovrebbero beneficiare dell’intero piano.
Non esiste quindi, uno stanziamento chiaro e definito di risorse per appianare il divario di genere e permettere una ripresa che porti ad un modello di sviluppo economico più equo ed equilibrato sul piano della parità di genere. Che vada, quindi, a permettere di colmare il gap salariale già in essere e aggravato dalla crisi in essere.
PNRR Inclusione e famiglia
L’unico capitolo di spesa rivolto a favorire l’accesso femminile al mercato del lavoro è individuato all’interno della Missione 4: Istruzione e Ricerca. Vengono infatti stanziati 4,6 miliardi per il rafforzamento delle strutture di asili nido e scuole per l’infanzia.
All’interno del documento “Commento della rete EducAzioni alle proposte contenute nel PNRR in merito agli interventi nel campo dell’educazione” possiamo leggere come questo stanziamento non sia sufficiente alla copertura dell’intero fabbisogno: “È necessario garantire, oltre al finanziamento relativo alla copertura dei costi per costruzione dei nuovi servizi educativi, anche un sostegno adeguato alle amministrazioni locali per la progettazione e gestione di questi nuovi servizi, sulla base del numero dei bambini presenti e del trend delle nascite. Per evitare che molti Comuni non utilizzino tempestivamente i fondi messi a disposizione dal PNRR si dovrebbe prevedere un vincolo per i Comuni nella programmazione di bilancio.”
Le risorse, giudicate insufficienti, sono di 4,6 miliardi con la finalità di creare 228mila posti, dei quali 152mila in asili nido e 76mila nelle scuole di infanzia, queste ultime godono già di una buona copertura sul territorio. Secondo la rete EducAzioni, si andrebbe così a mantenere un dislivello territoriale importante tra grandi città e piccoli centri e tra regioni d’Italia, oltre a permettere la costruzione delle infrastrutture e la costituzione dei posti ma non il loro mantenimento. Misura che peraltro resta solo formale e non risolve la questione nella sostanza, dal momento che lo sbilancio nella gestione del lavoro di cura e dei carichi famigliari tra partner è una questione culturale fortemente radicata nel tessuto sociale del nostro paese.
Come mettono chiaramente in evidenza i dati Istat nelle tabelle qui sotto, il divario occupazionale tra uomini e donne diventa importante nel momento in cui i figli obblighino uno dei due coniugi all’abbandono del proprio lavoro per dedicarsi pienamente al lavoro di cura.
PNRR trasversalità, digitalizzazione e greeneconomy
Come ormai è noto ai più, il PNRR è un progetto basato su due pilastri che ci danno l’idea del tipo di futuro che viene pensato per le nuove generazioni (appunto Next Generation EU). I due pilastri sono la digitalizzazione e la transizione verde. Parliamo quindi di investimenti per un totale di 117,8 miliardi di euro (Mission 1 49,2 miliardi e Mission 2 68,6 miliardi) che dovrebbero cambiare la faccia del nostro pianeta, approccio energetico, l’economia circolare, l’ecosistema di startup innovative, la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Risorse che potrebbero innescare una vera rivoluzione green e tecnologica e creare nello stesso tempo nuove professioni, specializzazioni e imprenditorialità. In tutto questo come vengono coinvolte le donne? Come viene favorito l’accesso delle donne in un mondo del lavoro sempre più tecnico e tecnologico? Come verrà declinata all’interno delle due Mission principali del PNRR la trasversalità dell’uguaglianza di genere? Come verranno avvicinate le giovani donne allo studio di materie scientifiche STEM ((Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica)? Saranno stanziate delle borse di studio ad hoc? Come verranno riconvertite tutte quelle donne ora impiegate nella relazione con il pubblico a fronte di una digitalizzazione del settore dei servizi sia pubblico che privato?
Purtroppo, all’interno del piano queste risposte non ci sono.
Purtroppo, per le donne la strada è di nuovo in salita.
Purtroppo, senza progetti concreti il piano per un superamento del divario di genere resta vuoto, non intacca nella sostanza quel gap sociale e culturale che si allarga sempre di più e rende netta la suddivisione dei ruoli all’interno delle dinamiche famigliari, ancora, nel 2021.
A cura di Raffaella Rigi, Dipartimento Internazionale