VOLTERRA. «Ancora più preoccupati per il futuro della Cassa di risparmio di Volterra». Così i sindacati First Cisl, Fisac Cgil e Fabi dopo le recenti uscite del direttore generale della banca Stefano Picciolini e del presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Volterra Roberto Pepi, che attualmente detiene la maggioranza dell’istituto.
Proprio la necessità di cedere la quota maggiore della proprietà da parte della Fondazione ha aperto l’operazione di ricerca di uno o più soci per l’aumento di capitale. Un piano di cui si parla da tempo e che è stato rallentato dalla pandemia. Ma che sta creando uno scontro tra i rappresentanti dei lavoratori e la dirigenza, accusata di non comunicare lo stato di avanzamento.
Nei giorni scorsi, dopo un comunicato proprio dei sindacati, Picciolini e Pepi hanno risposto alle preoccupazioni mani festate da Cgil, Cisl e Fabi, alimentando la differenza di vedute in special modo sugli eventuali trasferimenti lontani dalla Toscana di parte dei dipendenti, in caso di acquisizione della Cassa da un colosso del mondo bancario. Eventualità che, secondo i sindacati, dovrebbe essere scongiurata attraverso una trattativa che la direzione generale ha per ora negato.
«Entrambi i vertici hanno ribadito che l’accordo sulla mobilità “non s’ha da fare” con i sindacati “colpevoli” di “aver diffuso all’esterno” un comunicato peraltro già pubblicato sulla bacheca sindacale aziendale – dicono i rappresentanti dei lavoratori -. E singolare il comportamento dei vertici aziendali. Da un lato, nei comunicati stampa e nelle pubbliche esternazioni, manifestano il risentimento verso un sindacato che rende conto al territorio dei propri dubbi e delle proprie preoccupazioni. Dall’altro, censurano questa apertura rivendicando che le criticità dovrebbero essere oggetto di una discussione esclusivamente interna alla Cassa, “in casa”. Ma al contempo disconoscono il ruolo sindacale e quello dei rappresentati eletti dai lavoratori, sottraendosi a qualsiasi tipo di confronto».
Secondo le tre sigle,«la definizione ”banca del territorio” tanto cara ai vertici della banca non è uno slogan da vetrina, da utilizzare solo in alcune occasioni di comodo. L’intrinseco significato di questo termine implica un confronto franco e aperto con i rappresentanti dei lavoratori e con tutti gli stakeholders del territorio. E il sindacato dunque che si sta comportando scorrettamente se chiede, a tutti i livelli, tutele per il personale? Siamo preoccupati perché regna l’incertezza sul futuro della nostra Cassa, sul nostro futuro».
E le domande poste alla dirigenza sono: «Chi acquisirà il controllo della Cari Volterra? Gli uffici della direzione generale potrebbero realmente essere smantellati? O quanto saranno ridimensionati? Quanti esuberi verranno dichiarati e quanti posti di lavoro verranno persi? Quante e quali filiali e sportelli chiuderanno?
A quanti chilometri potranno essere trasferiti i lavoratori più giovani? Quanto sarà impoverito il territorio?».
L’accusa a Pepi è di «aver sempre finito per glissare sui reiterati tentativi sindacali di avviare una franca interlocuzione con la proprietà. La sua appare come una figura piena di contraddizioni, avendo gestito la banca come direttore generale per oltre 15anni e dovendosi ora trovare a pilotarne la ricapitalizzazione, resasi necessaria anche in conseguenza di scelte gestionali operate quando ne ricopriva il ruolo apicale».
Da qui la richiesta di«essere informati su quello che sarà il nostro futuro, quello dei lavoratori e del territorio, e a rivendicare ancor più tenacemente l’apertura della trattativa per l’aggiornamento del testo dell’accordo sulla mobilità, in modo che tutti i lavoratori della Cassa possano avere almeno una base di tutele».