Grandi manovre in BPER: la rassegna stampa che parla di noi
Indice:
- Storico rinnovamento per Bper Banca. Inizia l’era sotto la guida di Unipol (Gazzetta di Modena)
- L’apertura di Cimbri (Unipol) a più opzioni per Bper fa parte della strategia negoziale (Milano Finanza)
- In Bper arriva Montani, il banchiere nato bancario con fama di “risanatore” (Blog Il Sole 24 Ore)
- Istituti in guerra contro i Max Conti Correnti (Il Sole 24 Ore)
Storico rinnovamento per Bper Banca
Inizia l’era sotto la guida di Unipol
L’azionista di maggioranza ha scelto il nuovo Ad Piero Montani e annuncia il proprio ruolo strategico per il futuro
MODENA Da ieri è iniziata una nuova era per Bper Banca, istituto di credito con radici modenesi e, sia pure attraverso cambi di denominazione, una vicenda che ha avuto inizio nel 1867, superando con successi crescenti i 150 anni di vita. Un rinnovamento storico come logica conseguenza della trasformazione da società cooperativa a società per azioni. Trasformazione diventata obbligatoria per legge dello Stato da cui deriva il potere nelle mani dei maggiori azionisti, che controllano il capitale, nominano il cda, scelgono presidente e amministratore delegato.
Da tempo la maggioranza del capitale era sotto il controllo prevalente di due realtà: il Gruppo assicurativo Unipol, guidato da Carlo Cimbri, che anche dopo l’aumento di capitale detiene circa il 19%, e la Fondazione di Sardegna con il 10%. Negli ultimi anni Unipol e Cimbri avevano concesso la guida effettiva della banca alla dirigenza cresciuta in casa, secondo lo stile che ha quasi sempre contraddistinto Bper. Unica eccezione quando l’incarico di Ad era stato affidato a Fabrizio Viola. Fino a ieri Cimbri si era limitato a svolgere una funzione di stimolo nei confronti della dirigenza e c’è stato un periodo in cui non aveva avuto propri rappresentanti nel cda. Poi gradatamente questa linea è cambiata passando da dichiarazioni anche critiche sulla gestione, sia pure sempre contenute e misurate, fino a ottenere a fine 2019 l’incarico di vice direttore generale vicario per Stefano Rossetti.
Ora Cimbri esce allo scoperto e di fatto si può affermare che assuma il controllo delle operazioni. È stato diffuso un comunicato in cui Unipol annuncia di presentare, per l’assemblea del 21 aprile in cui si rinnoverà il cda, una lista di 7 persone, nessuna delle quali già presente nel consiglio in carica. Ma Cimbri va oltre e fa già il nome dell’Ad designato: il manager Piero Montani, che assumerà di certo l’incarico perché Fondazione di Sardegna ha già annunciato di non avere intenzione di presentare candidature per i ruoli di vertice. Questo il testo del comunicato diffuso da Unipol che segna la svolta e l’avvio dell’era Unipol nella storia della banca: «Con riferimento all’assemblea di Bper Banca spa, convocata per il 21 aprile per deliberare, fra l’altro, in ordine alla nomina del cda per il triennio 2021-2023, Unipol Gruppo presenterà − nel rispetto del vigente statuto sociale di Bper − una propria lista di candidati alla carica di Consigliere di amministrazione. La lista di candidati alla carica di Consigliere di amministrazione della banca sarà composta da massimo 7 persone, tra cui Piero Luigi Montani, e non conterrà alcun esponente dell’attuale organo amministrativo di Bper».
Carlo Cimbri ha anche rilasciato dichiarazioni in cui annuncia l’intenzione di esercitare compiutamente il proprio ruolo di azionista di maggioranza: «La discontinuità al vertice di Bper – dice l’Ad Unipol – è stata decisa perché Bper dallo scorso febbraio è una banca con oltre 100 miliardi di attivi. È la quarta banca italiana. Come azionisti abbiamo il dovere di guardare al futuro e di creare le migliori condizioni per passare, come dicono gli americani, dal “good” al “great”. La banca ha fatto bene. Tutti auspichiamo che possa fare meglio». La scelta di Montani come futuro Ceo, al posto di Alessandro Vandelli dopo 7 anni, risponde per Cimbri a questa logica: «Servono persone – ha spiegato – con consolidate e molteplici esperienze di livello nazionale e con competenze di integrazione ed evoluzione organizzativa. Montani con i suoi trascorsi pensiamo possa essere l’uomo giusto. Montani è un banchiere di lungo corso che conosce bene diverse banche, tra cui Bpm e il Banco Popolare».
E sulla possibile futura aggregazione fra Bper e Banco Bpm, più volte sostenuta dallo stesso Cimbri, il Ceo ha detto che per ora non è un tema di attualità.
Fonte: Gazzetta di Modena
L’apertura di Cimbri (Unipol) a più opzioni per Bper fa parte della strategia negoziale
Anche se Unipol non ha ricandidato Vandelli gli analisti continuano a credere che l’integrazione tra Banco Bpm e Bper Banca abbia un forte senso industriale. Mediobanca vede la Popolare di Sondrio come una buona alternativa per Bper e ricorda che Banco Bpm ha un altro potenziale fronte di M&A in Unicredit. Un’unica certezza: il nome di Montani è sempre presente in caso di operazioni di fusione e acquisizione.
Il titolo Bper Banca segna la performance peggiore tra le blue chip di Piazza Affari, ma negli ultimi tre mesi ha guadagnato quasi +40%) dopo che Unipol, con riferimento alla prossima assemblea di Bper, convocata per il 21 aprile per deliberare, fra l’altro, in ordine alla nomina del cda per il triennio 2021-2023, ha comunicato che presenterà una propria lista di candidati alla carica di consigliere.
La lista di candidati alla carica di consigliere di amministrazione della banca sarà composta da massimo 7 persone, tra cui Piero Luigi Montani (vanta una lunga e diversificata esperienza in diversi istituti finanziari in Italia: Carige, Popolare di Milano, MedioCredito, Antonveneta, Pop di Novara), e non conterrà alcun esponente dell’attuale organo amministrativo di Bper, nemmeno l’attuale ad, Alessandro Vandelli. Quindi una lista nel segno della discontinuità. La notizia, peraltro, segue l’annuncio del presidente uscente, Pietro Ferrari, di non ricandidarsi.
“Ci aspettavamo un nuovo amministratore delegato ma anche che Vandelli fosse nominato presidente, cosa che non è avvenuta”, hanno commentato stamani gli analisti di Bestinver Securities. Detto questo, “Montani è un banchiere noto ed esperto e il suo nome è sempre presente in caso di operazioni di fusione e acquisizione. Per quanto riguarda le fusioni e acquisizioni, continuiamo a ritenere che Bper abbia bisogno di un po’ di tempo per digerire una crescita del 50% del suo franchise dopo l’accordo con Ubi Banca”.
Invece, gli analisti di Equita Sim vedono “la proposta di sostituzione del ceo come un’accelerazione di Bper verso nuove operazioni di M&A”. Proprio il ceo di Unipol, Carlo Cimbri, ha raffreddato le ipotesi di una fusione tra Banco Bpm e Bper, di cui è principale azionista con il 18,9%, affermando che l’opzione rimane affascinante, anche se, vista la complessità dell’operazione e l’insediamento del nuovo board, ritiene poco probabile un’operazione entro l’anno. “Se sarà nominato Montani avrà bisogno di tempo per conoscere la struttura e decidere. Concretamente operazioni simili non possono essere fatte al volo. Bper è in fase di cambiamento e deve fare la sua strada presentandosi pronta di fronte a qualsiasi opportunità. Difficile che questo possa avvenire entro l’anno”, ha detto Cimbri in un’intervista a Il Sole 24 Ore.
Poi ha parlato della Banca Popolare di Sondrio come dell’opzione “più naturale” per Bper e e nel caso in cui si trasformasse in Spa sarebbe logico intavolare una trattativa e non ha chiuso la porta neanche a Banca Carige: “Penso che un ceo abbia il dovere di valutare tutte le opportunità, senza preclusioni”. Invece, su Mps Cimbri ha osservato che le sue dimensioni sono “esagerate” per Bper.
Si ricorda che attualmente il beneficio fiscale derivante dalla conversione in crediti fiscali delle Dta è previsto per operazioni approvate quest’anno. Nel caso di un’operazione con Banco Bpm, quest’ultima porterebbe in dote Dta per circa 1 miliardo, mentre l’importo della Popolare di Sondrio sarebbe poco significativo. Peraltro Montani è stato ceo di Carige, una banca ancora nel mezzo del processo di turnaround e in cerca di un nuovo compratore.
Gli analisti di Mediobanca Securities credono che l’M&A sia il tema principale su cui puntare in Italia, quindi lo è per Bper Banca e capire cosa pensa il principale azionista è fondamentale. “Fin da ora Cimbri ha lasciato la porta aperta a tutte le opzioni, minimizzando una potenziale combinazione con Banco Bpm per via della tempistica e definendo come “più naturale” un accordo con la Banca Popolare di Sondrio.
Fonte: Milano Finanza
In Bper arriva Montani, il banchiere nato bancario con fama di “risanatore”
Il nuovo amministratore delegato di Bper Piero Montani è un banchiere nato bancario. Conosce la “macchina” della banca in ogni dettaglio, e in ogni centro di costo, e sa come farla funzionare. Ha imparato il mestiere iniziando nel 1974, subito dopo il diploma in ragioneria, a lavorare allo sportello e poi facendo tutta la classica gavetta della banca: ufficio titoli, estero, merci, fidi, sviluppo commerciale. E poi direttore di filiale, capo area, fino ad arrivare con ruolo dirigenziale nella (ormai ex) sede milanese di Piazza Cordusio, alternando ruoli di vertice nella pianificazione e controllo con quelli in funzioni commerciali e distributive (tra cui a.d. di Consult sim, che poi diventerà’ Xelion). Dopo oltre venti anni al Credit, passa con un ruolo da top manager in una delle scuole bancarie dove l’efficienza era la regola: il Credito Romagnolo nell’era di Cesare Farsetti, banchiere di razza e personaggio pirotecnico che amava andare a sorpresa nelle filiali del “Rolo” a controllare come i dipendenti trattavano i clienti, verificando che tutti gli sportellisti avessero la cravatta (“al Rolo non solo abbiamo i bancari più’ bravi – amava dire Farsetti tra il serio e il faceto – ma anche i più’ eleganti e i più’ belli”). In una banca guidata da uno degli ultimi padri-padroni, e in una fase complessa come quella dell’integrazione col Credit dopo il successo dell’Opa, Montani riuscì’ a emergere per la sua riconosciuta qualità’ di gran lavoratore.
L’esperienza chiave alla Popolare di Novara e l’amicizia con Gianluca Santi
Dopo soli due anni al Rolo, arriva la svolta della sua carriera con la chiamata – su forte moral suasion della Banca d’Italia – al vertice della Banca Popolare di Novara, prima come direttore generale e subito dopo come amministratore delegato. Dall’essere stata la più’ grande banca popolare d’Italia, a fine anni ‘90 la Novara era in profonda crisi. Andava ristrutturata e poi, come richiesto dalla Vigilanza, aggregata con un’altra banca. Montani si trovò a gestire una situazione non facile, tra mille localismi, vecchi grandi affari da sistemare e crediti da gestire, un’ipotesi di aggregazione con Capitalia-Banca di Roma quasi fatta ma poi misteriosamente sfumata, un presidente economista dal carattere vulcanico come Siro Lombardini con cui non era sempre facile fare sintesi. E un mondo della “vecchia Novara”, che aveva come bandiera l’ormai anzianissimo ex presidente Lino Venini, contrario a ogni aggregazione. Montani si dedico’ al risanamento lavorando con un team di pochi fedelissimi (tra cui l’allora giovane capo delle investor relation Gianluca Santi, di cui parleremo in seguito) e poi, con l’advisor Mediobanca, punto’ con decisione sulla fusione con la Popolare di Verona guidata dall’a.d. Fabio Innocenzi. Bankitalia gradi’.
L’offerta (milionaria) degli olandesi di Abn Amro per guidare AntonVeneta
Con Innocenzi, come era prevedibile, il ticket non funziono’. Due capiazienda, pur con posizioni predefinite, raramente convivono a lungo malgrado la “finzione scenica” del merger of equals. Dopo solo un anno da “co head” di Verona-Novara, nel 2003 Montani viene chiamato dagli olandesi di Abn Amro – sempre con il gradimento di Banca d’Italia – a guidare la Banca AntonVeneta, dopo i lunghi anni della gestione di Silvano Pontello caratterizzata da numerose acquisizioni e da difficili integrazioni (a partire dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura). Per Montani, che si porta come stretto collaboratore di fiducia Gianluca Santi, e’ la seconda vera svolta della carriera. Se a Novara il salto era stato professionale, a Padova il balzo riguarda pure la sua remunerazione. Anche grazie al successivo scontro per il controllo, con Opa e controOpa tra olandesi e Popolare Lodi, Abn Amro trattiene Montani con una remunerazione che ne fa uno dei banchieri meglio pagati (e più’ invidiati dai colleghi). L’esito della cruenta battaglia, durata quasi due anni con conseguente paralisi della banca, porta l’AntonVeneta nelle braccia di Mps. Montani rifiuta di restare con incarichi nel nuovo gruppo e se ne va nel 2008.
L’esperienza alla guida di Bpm che può’ tornare utile in Bper
Per tre anni, Montani resta un allenatore “disoccupato”. Il suo ristretto team di manager fidati, che da Novara lo aveva seguito a Verona e poi in AntonVeneta, si disperde. Il suo braccio destro Gianluca Santi passa in Unipol, dove nel corso degli anni diventa uno dei più’ stretti top manager di fiducia di Carlo Cimbri. Accade spesso, da lì’ in poi, che nelle varie rimpatriate bolognesi di Montani, a partire dagli ex colleghi del Rolo, nel fare un saluto all’amico Santi si finisca per fare quattro chiacchiere con Il numero uno di Unipol, con cui il rapporto di stima reciproca e’ ormai ultradecennale.
Nei tre anni di “esilio”, Montani rifiuta alcune proposte che non lo convincono. E come capita agli allenatori di serie A, aspetta. Dedicandosi di più’ alla famiglia che continua a vivere a Carate Brianza, facendosi vedere un po’ più’ spesso allo stadio a seguire la sua Sampdoria, e allungando i tempi di relax nel suo buon retiro in località’ Poveromo, quattro kilometri a nord di Forte dei Marmi.
A metà’ 2011 decide di accettare la proposta di guidare il MedioCredito Centrale e la neonata Banca del Mezzogiorno nell’orbita di Poste Italiane. Ma quello romano (a parte Bankitalia) non è’ il suo mondo e quando sei mesi dopo la Investindustrial di Andrea Bonomi, informata la Banca d’Italia (e anche Mediobanca), lo chiama per guidare la Banca Popolare di Milano nel dopo Ponzellini, accetta il nuovo incarico con l’entusiasmo di un ragazzino (e di nuovo con uno stipendio che molti gli invidiano). C’è’ da mettere mano ai conti, trattare con i sindacati-azionisti, dialogare con la nuova Vigilanza di Bce. Un’esperienza che per molti aspetti gli potrebbe tornare utile ora in Bper se, come pare, dovrà’ verificare se una fusione con BancoBpm e’ possibile. E certo Montani – che oltre all’esperienza in Bpm ha anche quella seppur breve a Verona-Novara – conosce pregi e difetti della banca controparte, oltreche’ quasi tutte le prime e seconde linee manageriali delle varie banche confluite nel gruppo.
In Carige il ticket con Castelbarco e le tensioni con Malacalza
In Bpm l’esperienza dura giusto il tempo di fare pulizia di bilancio e rimettere il gruppo in carreggiata. Poi, complice anche qualche divergenza con il presidente Bonomi, Montani se ne va accettando – chissà’ se ne è’ mai pentito – l’offerta della famiglia Malacalza (anche su suggerimento di Bankitalia…) di guidare Carige fuori dai postumi dell’era Berneschi. Un’altra banca “malata”, di nuovo l’idea di andare a risanare, a ripulire il portafoglio crediti. Montani sembra meno convinto di altre volte ma, per un banchiere genovese ormai ultrasessantenne, l’idea di chiudere la carriera alla guida della banca della città’ in cui è’ nato fa premio sulle oggettive difficoltà ambientali. In Carige fa ticket con il presidente-gentiluomo Cesare Castelbarco Albani ma ben presto entrambi si rendono conto che la banca fatica a reggere l’urto delle criticità’ pregresse e la martellante azione della Vigilanza Bce che, di fatto, da Francoforte commissaria la banca. Quando a Montani e Castelbarco arriva la proposta del fondo Apollo per ricapitalizzare l’istituto, corrono a presentare l’offerta al cda pensando di aver trovato la soluzione per salvare Carige. Non la pensano così’ i Malacalza che, oltre a non confermarli nel loro incarico, promuovono anche una causa legale (poi il Tribunale darà’ ragione a Montani e Castelbarco).
I rapporti con la Vigilanza Bce e il futuro di Bper
Quando ormai Montani pensava serenamente di godersi la pensione, pochi giorni fa e’ arrivata la chiamata di Cimbri – a.d. di Unipol, primo socio di Bper – per guidare la banca emiliana. Stavolta non dovrà’ fare il risanatore, perché’ il gruppo emiliano ha i conti a posto, ma dovrà’ gestire l’integrazione degli sportelli di Ubi (acquistati nel deal con Intesa Sanpaolo) e trattare un’aggregazione a condizioni vantaggiose per i propri azionisti. Per tutti, ovviamente, non solo per Unipol. Servira’ un dialogo fitto con la Vigilanza Bce, con cui Montani si è’ ben allenato soprattutto negli anni di Carige. E servira’ anche la disponibilità’ a lasciare la futura carica di capoazienda del gruppo che nascerà’. Per il soldato Montani non è’ certo quello il problema. E’ abituato. E poi forse stavolta a missione compiuta va davvero in pensione. Forse.
Fonte: Blog Il Sole 24 Ore
Istituti in guerra contro i Max Conti Correnti
Fineco, BPER, UniCredit, Bnl: iniziative per disincentivare le giacenze molto elevate. Gli italiani hanno sui conti 1.745 miliardi: record. Questo, con i tassi negativi, è un costo per le banche (di Morya Longo)
«Non datemi troppi Soldi»
Credevamo di averle viste tutte. Ma nell’era del Covid, dei tassi sotto zero e del record di depositi. alcune banche hanno avviato una battaglia che non avrebbero mai creduto di dover combattere: quella contro l’eccesso di liquidità sui conti correnti. C’è chi minaccia di chiudere il conto a clienti che detengono più di 100mila€ senza fare investimenti, c’è chi impone nuove commissioni sulle grandi giacenze delle imprese, chi invece cerca di usare la persuasione e dl prendere i clienti per le buone. Con varie sfumature di grigio, a seconda dei modelli di business e della clientela, varie banche hanno deciso di dichiarare guerra all’eccesso di soldi sui conti correnti. Persino quella che è sempre stata la loro primaria fonte di raccolta è diventata un costo nell’era dei tassi negativi.
Per loro. E per i risparmiatori.
Mi dai tanti soldi? Allora paga
Il caso più eclatante è quello di FINECO Bank che in questi giorni ha spedito una lettera ai clienti per informarli di una novità. D’ora in avanti la banca avrà la facoltà di chiudere un conto corrente, con un preavviso, se sussistono tre condizioni: sul conto devono essere più di 100mila€, il dente non deveavere alcuna forma di finanziamento e non deve avere nessun tipo di investimento. Come dire: caro cliente, oinvesti tuoi soldi oppure noi ti chiudiamo il super-conto. Fineco assicura che non sarà brutale e non farà nulla senza avere prima avvisato gli interessati (che comunque sono solo qualche migliaia): l’obiettivo (spiegano dalla banca) – non è di chiudere i conti ma di indurre i risparmiatori a investire. In ogni caso un tabù è stato infranto.
Misure meno drastiche, e solo indirizzate alle imprese, sono state prese da altre bande. Per disincentivare giacenze over-size, BPER Banca dal 5 febbraio 2021 sui conti correnti di nuova apertura superiori ai 100mila€ applicherà una nuovissima «commissione di liquidità rilevante».
Novità che riguarda – bene inteso – solo l clienti “non consumatori”: partite Iva e imprese. UniCredit fa più o meno la stessa cosa per i nuovi conti aperti dopo ll primo marzo 2021 dalle imprese: oltre i 100mila€ applicherà una “commissione di giacenza”. Soglie più alte per Bnl: l’istituto addebita un costo di mille euro al trimestre per i conti delle imprese che hanno una giacenza media superiore al milione. BancoBpm non si è ancora mossa, ma ci sta pensando: «Per quanto riguarda il mondo delle imprese – spiegano dall’istituto -, la banca sta valutando la possibilità che vengano applicate delle commissioni proporzionate alle giacenze».
Per la clientela retail, invece, l’orientamento comune (escludendo Fineco) è di giocare solo sulla persuasione. Bnl la chiama “gestione attiva della clientela”: proporre soluzioni più remunerative rispetto al conto corrente. UniCredit dice di voler offrire «ai clienti retail e imprese soluzioni alternative ai depositi come ad esempio investimenti in fondi di mercato monetario senza commissioni e obiettivi di performance in territorio positivo». Idem BancoBpm: «La banca attenta nel proporre ai clienti soluzioni di investimento ed accumulo in particolare di risparmio gestito».
II paradosso dei depositi
Il punto è che i 1.745 miliardi di euro oggi depositati nelle banche da famiglie e imprese italiane (record storico, con un aumento di quasi 200 miliardi in un anno) sono diventati un problema. Sembra paradossale, ma è così.
Per le banche innanzitutto. Lo spiega bene Fineco nella sua lettera: a causa dei tassi di mercato negativi, un conto di 100mila€ costa alla banca per la gestione della liquidità 24,5 euro al trimestre in più rispetto al 2019.
Dato che in Italia non è possibile applicare tassi negativi sui conti correnti (cosa invece che hanno fatto altri Paesi europei), alcune banche si stanno dunque ingegnando con metodi alternativi per cercare di evitare questo costo.
Del resto anche per il cliente tenere troppi soldi depositati a tasso zero non è un grande affare: è vero che in tempi di Covid l’incertezza è forte e che i mercati finanziari hanno una rischiosità ben maggiore, ma è anche vero che troppi soldi sul conto non fanno altro che essere erosi da un’inflazione che – secondo le previsioni – inizierà ad arrivare. Un ragionamento, anche dal loro punto di vista, è dunque utile farlo.
Fonte: Il Sole 24 Ore