AIUTARE TROPPO UN CLIENTE? ALCUNI ELEMENTI DI RISCHIO
I rapporti fra un professionista ed un cliente sono spesso improntati ad una reciproca fiducia particolarmente stretta; spesso sono sufficienti accordi verbali e indicazioni di larga massima da parte del cliente.
Si è verificato il caso di un direttore di filiale che per accelerare l’accredito di polizze assicurative o lo smobilizzo di titoli azionari o obbligazionari in successione mortis causa, interveniva personalmente a favore di clienti di rilievo, con modalità arrischiate.
In qualche caso, effettuava un bonifico dal proprio conto; in altri casi, effettuava un bonifico dal conto corrente di un altro cliente. L’addebito era prontamente ripianato non appena giungevano gli effettivi accrediti.
Tali operazioni avvenivano all’insaputa del cliente che fungeva da “polmone” finanziario, come sosteneva la banca nella lettera di contestazione? Oppure avvenivano in assenza di firma, ma con un assenso verbale dato dal cliente in forza di un rapporto davvero stretto di fiducia, come sosteneva il lavoratore nelle proprie difese? In ogni caso, il lavoratore non ha ricavato alcun lucro da tali operazioni ed ha altresì dichiarato l’intenzione di fare solo l’interesse della banca assecondando le richieste di cliente importanti.
Ma ovviamente, un’intesa verbale è pressoché impossibile da provare e ancora una volta il lavoro dipendente è cosa diversa dal lavoro autonomo. Il risultato del fraintendimento di ruoli e di un malinteso senso operativo è stata una sanzione disciplinare.