Oplà n°9 – Protagonisti del rinnovo contrattuale


L’ANGOLO LEGALE: Pressioni commerciali. Riflessioni e considerazioni di carattere generale


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Il problema delle pressioni commerciali nei settori bancario e assicurativo è in aumento e tende ad andare di pari passo con l’evolversi dei sistemi di lavoro e di organizzazione aziendale.
Spesso ai lavoratori addetti alla vendita dei prodotti assicurativi e finanziari vengono dati obiettivi produttivi difficili da raggiungere e con scadenze difficili da rispettare la cui mancata realizzazione comporta minacce di provvedimenti disciplinari, licenziamento, demansionamento e trasferimento.
I piani industriali aziendali sono tesi alla realizzazione di obiettivi sempre più ambiziosi, tutto questo comporta per i produttori dipendenti una richiesta produttiva particolarmente impegnativa e spesso difficile da soddisfare.
Al fine di spingere il dipendente ad aumentare le proprie performance produttive vengono utilizzate forme verbali aggressive, offensive, intimidatorie, con conseguenze dannose per colui che le subisce.
Attraverso i canali di comunicazione a distanza si opera una costante e ripetuta pressione ad ogni ora del giorno e della sera. L’utilizzo in ambito lavorativo dei cosiddetti social media ha cambiato radicalmente il modello di comunicazione tradizionale; Whatsapp, Facebook, Telegram hanno da una parte facilitato la comunicazione, dall’altra consentono all’azienda un controllo costante anche al di fuori del normale orario di lavoro. Possiamo così constatare come le modalità con cui operare le pressioni commerciali si presentino sotto diverse sfaccettature e non conoscono limiti. Anche nell’attuale contesto economico e in piena emergenza sanitaria i programmi di lavoro e le richieste produttive non solo non si sono ridotte, ma addirittura sono aumentate.
L’ossessione per il raggiungimento del risultato produttivo giustifica un continuo monitoraggio da parte di figure professionali aziendali allo scopo preposte, tutto ciò diventa psicologicamente insostenibile per il Produttore dipendente. Si è così sempre più costretti ad operare attraverso un delicato equilibrio tra il rispetto delle norme a tutela del consumatore (Direttiva IDD) ed il raggiungimento del risultato, nella consapevolezza, tra l’atro, di doversene assumere in prima persona i rischi e le responsabilità. L’azienda nega di attuare indebite pressioni commerciali e definisce il monitoraggio come normale attività di pianificazione del lavoro.
Per analizzare la tematica oggetto di questo approfondimento è opportuno richiamarsi alla disciplina che regola il rapporto di lavoro subordinato, è necessario chiarire i diritti e i doveri in capo al lavoratore e al datore di lavoro.
In base all’art. 2104 del cod. civ. il lavoratore subordinato, nell’esecuzione della prestazione di lavoro, deve utilizzare la necessaria diligenza nell’interesse dell’impresa e deve osservare le disposizioni impartite dall’imprenditore. Tra le direttive di lavoro può essere ricompreso anche il cosiddetto budget, tuttavia la Giurisprudenza ha sottolineato più volte il concetto in base al quale dal contratto di lavoro subordinato derivi per il lavoratore un’obbligazione di mezzi e non di risultato. L’azienda può legittimamente assegnare al produttore un budget, ma non può pretendere l’obbligo che lo stesso venga realizzato.
Non sono quindi consentite pressioni sistematiche e preordinate al fine del raggiungimento dei programmi e degli obiettivi produttivi, questo per il semplice fatto che non rientrano negli obblighi del lavoratore subordinato. Tra l’altro queste continue richieste e questo assiduo controllo possono provocare danni alla salute del lavoratore, spesso le conseguenze sono ansia, insonnia, depressione, disistima, senso di oppressione, mortificazione, tutte situazioni che vanno poi inevitabilmente ad impattare sulla vita sociale e familiare del lavoratore stesso.
Come conciliare tutto questo con il rispetto del diritto alla salute , inteso come integrità psicofisica e fisica del lavoratore?
E’ bene ricordare che l’art. 2087 del cod. civ. impone al datore di lavoro di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Ovviamente la norma, che pone a carico del datore di lavoro il dovere (penalmente sanzionato) di tutelare la salute psico-fisica dei lavoratori, trova ulteriori specificazioni nella legge (D.L.gs 81/2008 c.d. “Testo Unico salute e sicurezza”) e si attua anche in tema di indebite pressioni commerciali.
Sulla base di quanto sopra esposto, il dipendente deve eseguire la prestazione con il massimo impegno e la necessaria diligenza e seguire le direttive impartite dai suoi superiori. Tuttavia non si può pretendere dal lavoratore la conclusione di un predeterminato volume di affari, ad esempio può fissare un numero di appuntamenti ma non può garantire un altrettanto numero di vendite.
Così come è privo di senso richiedere al lavoratore previsioni sui propri risultati di vendita, gli stessi dipendono da molteplici fattori esterni che nessuno può essere in grado di governare. Le programmazioni con numero di pezzi da vendere e volumi da realizzare creano solo ansia e stress che, con il tempo, possono generare solo frustrazione e disadattamento.
In altri termini è fondamentale non lasciare snaturare e mal interpretare il modello legale relativo al rapporto di lavoro subordinato; in questo caso l’obbligazione posta a carico del lavoratore consiste nella semplice prestazione di attività. Il prestatore di lavoro si limita a mettere a disposizione le proprie energie lavorative a vantaggio del datore di lavoro, mentre il rischio di impresa rimane totalmente a carico dell’imprenditore.
Premere il lavoratore perché soddisfi le aspettative produttive dell’azienda anche attraverso la previsione di incentivi e premi economici, rischia sempre più di favorire lo spostamento di una parte della retribuzione fissa in variabile. Si andrebbe così ad accentuare un sistema di retribuzione centrato al raggiungimento delle performance produttive. Tutto ciò esula e contrasta con i principi che regolano la figura contrattuale relativa al lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Gian Luigi Ricupito

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