UNA RIFLESSIONE: Secondo livello, quale futuro?
Torna all’indice
Gli op inquadrati come produttori di secondo livello sono circa 2000 nella nostra Azienda. Fino al 2012, a questa figura era affidato il ruolo chiave di trainer, o trainer senior, ossia il compito importantissimo di formazione e trasferimento delle competenze ai nuovi assunti, ma anche la responsabilità di valutare una risorsa nelle sue capacità tecniche e commerciali, allo scopo di essere inserita nell’organico aziendale. Essere secondo livello, a quei tempi, significava perciò ricoprire una funzione di riconosciuta e concreta rilevanza all’interno della gerarchia dell’organizzazione produttiva, in grado di dare continuità ad un percorso di crescita professionale che iniziava con l’inserimento fino ad arrivare alle posizioni di maggiore responsabilità dell’organigramma. Il passaggio di ruolo da primo a secondo livello significava quindi, in primis, soddisfazione personale e riconoscimento professionale ma anche gratificazione economica, in quanto il “trainer” godeva non solo del piccolo aumento sulla retribuzione tabellare, ma più significativamente della seconda firma sulla produzione dei suoi “trainati” e di un rappel che teneva conto della produzione del gruppo coordinato. In verità, come tutti ormai sappiamo, lo svolgimento di tali mansioni da parte del secondo livello non trovava corrispondenza nelle definizioni previste dal nostro Contratto Collettivo Nazionale, laddove ancora oggi viene inquadrato come “lavoratore/trice con incarico di produzione (Venditori senior)”, senza menzione alcuna a incarichi di organizzazione e sovrintendenza. Alla vigilia della gigantesca fusione con Ina Assitalia, abbiamo assistito ad un massivo demansionamento della figura del trainer, a cui da un giorno all’altro è stata revocata la trainership e tutti i benefici economici ad essa collegati. La fusione con Ina non ha fatto che peggiorare questa situazione, nella misura in cui, avendo inglobato una nuova rete produttiva, c’è stata una inevitabile duplicazione di ruoli, e reso perciò più difficile salire i gradini della gerarchia dell’organizzazione produttiva. La decisione aziendale di livellare verso il basso gli inquadramenti, ha creato un paradosso di disparità, tutt’oggi irrisolto, che è andato ad inficiare proprio chi prima veniva premiato con il riconoscimento di un ruolo di responsabilità.
Da allora, la figura del secondo livello si è andata sempre più impoverendo di significato e la sua ragione di esistere ancora desta delle grosse perplessità.
In questa situazione di stallo, è facile comprendere le ragioni per cui all’avvento del discusso “Progetto Op”, lasciasse sperare infine in una definizione e soluzione del paradosso che si è venuto a creare. Per l’ennesima volta, invece, restiamo con l’amaro in bocca. Il progetto Op incontestabilmente si concentra sull’evoluzione formativa dei primi livello per i quali, con chiarezza, viene indicato un percorso con tempistiche definite, che passa attraverso la formazione e la seniority. Al terzo livello viene riconosciuta la centralità della funzione di formatore e coordinatore delle risorse, alleggerendo in questo senso il programma di produzione personale a favore dell’impegno sul gruppo coordinato, nonché la possibilità di specializzarsi in settori diversi dal tutoring a seconda della propria vocazione. L’op di secondo livello permane invece in una zona grigia da cui ancora non è chiaro come uscire. All’impegno produttivo sempre più sfidante, non viene affiancata nei fatti nessun avanzamento, inteso sia come accrescimento di responsabilità e funzioni rispetto al ruolo svolto dal primo livello, sia economico, aspetto che si risolve con un aumento mediamente di 150€ euro lorde sulla retribuzione fissa tabellare. Nei fatti, la scelta di accettare uno scatto di livello da primo a secondo, anziché porre l’interessato in una posizione di entusiasmo per il traguardo raggiunto e per le prospettive di maggiore guadagno economico, così come ci si aspetterebbe da un qualsiasi avanzamento di carriera, crea profonde perplessità nei colleghi che continuano ad interrogarsi sulla opportunità o meno di abbracciare questo passaggio, che ad oggi implica solo un maggiore impegno produttivo allo scopo di mantenere il medesimo parametro reddituale. Quel che è certo è che il secondo livello è un passaggio obbligato se si ambisce a diventare terzo, ma le tempistiche, criteri di valutazione, parametri per realizzare questo ulteriore salto, restano un grande punto interrogativo.
Il progetto Op, tanto voluto dalla nostra Compagnia, e oggetto di studio da parte del management aziendale per un periodo lungo oltre un anno, ancora non riesce a fare chiarezza su quale sia il percorso del secondo livello, e lascia l’evoluzione di questa figura in balia di meccanismi del tutto aleatori e discrezionali.
Ci domandiamo se potesse essere fatto uno sforzo maggiore per dare ad un profilo altamente professionalizzato e qualificato, come quello che il secondo livello rappresenta oggi all’interno della nostra Azienda, una dignità e delle prospettive al momento inesistenti.
Nicoletta Serrenti