Il passaggio alla mobilità elettrica non è un’alternativa, è una necessità
Le potenze mondiali devono riorganizzare le loro economie per un futuro verde o l’umanità sarà condannata. Il Segretario dell’Onu, valuta duramente la risposta internazionale alla pandemia, ammonendo i Governi ad acuire l’attenzione sul taglio delle emissioni di gas serra che alterano il clima, esortandoli ad usare la crisi in atto come trampolino di lancio per lanciare politiche «trasformative», volte a svezzare leSsocietà dai combustibili fossili. I trasporti sono il settore dove sono necessari i maggiori progressi nella transizione alle fonti rinnovabili.
Il Green Deal, iniziativa politica della Commissione europea auspica una riduzione delle emissioni, nel Settore della mobilità e dei trasporti, del 90% entro il 2050. Il passaggio alla mobilità elettrica è il più urgente da compiere nel passaggio all’energia rinnovabile. L’evoluzione della mobilità elettrica si gioca sull’autonomia più che sulle prestazioni pure. Gli attuali 400 chilometri di media offerti da quasi tutti i modelli sono da ritenere un buon punto d’arrivo, anche se, a tendere, il dato dovrà quasi raddoppiare. La Formula E, nata nel 2014 e dedicata alle auto elettriche, è uno degli strumenti evolutivi più interessanti per i costruttori, perché permette di acquisire dalle gare conoscenze mirate su efficienza, sostenibilità e progresso tecnologico, da riproporre per i veicoli di serie. L’evoluzione, però, sta tutto nelle batterie, mentre la volontà o no di promuovere l’adozione della mobilità elettrica è nelle mani dei Governi.
La mobilità elettrica è senza dubbio lo strumento più efficace per l’abbassamento delle emissioni di gas ad effetto serra, a cominciare dall’anidride carbonica, generate dai trasporti, agendo contro il riscaldamento globale. Ormai l’obiettivo dell’Industria è quello di offrire una sempre più ampia gamma di modelli elettrici, o almeno elettrificati. Anche l’idrogeno è un’alternativa interessante, a patto di disporre dell’infrastruttura di rifornimento e di produrlo in modo sostenibile. Tutti i costruttori convergono su un punto: la mobilità sarà sempre più autonoma e connessa, elettrica e condivisa. La mobilità elettrica è fondamentale anche per raggiungere i target sulle emissioni medie della flotta, fissati dall’Unione europea, pari a 95 g/km. Insomma, più che un’alternativa, l’elettrico è un obbligo.
La produzione di energia per la ricarica delle auto elettriche deve provenire da fonti rinnovabili.
Per la produzione di auto elettriche sono necessarie materie prime. Sono riciclabili? Il tema è dibattuto da anni. L’auto elettrica, da sola, non basta, se si vuole rendere davvero sostenibile la mobilità. Le condizioni necessarie sono due: la produzione di energia per la ricarica deve provenire da fonti rinnovabili, poi si deve pensare seriamente al destino delle batterie, in particolare del litio, del nichel, del cobalto e del manganese che le compongono. I costruttori hanno già l’obbligo e la responsabilità ambientale dello smaltimento. Il problema è il costo dell’intero processo di trattamento e riciclo. Il litio, in particolare, è un elemento fondamentale per le batterie, in attesa di altre tecnologie, come le batterie allo stato solido, e rimane un ingrediente fondamentale della mobilità elettrica. Il dibattito sul suo impiego, sui metodi di estrazione e sulle prospettive future legate, in generale, allo sfruttamento delle materie prime è più che mai aperto. Il litio, secondo gli esperti, continuerà a essere importante per i prossimi dieci o vent’anni. La produzione annua totale dei principali Paesi produttori è passata, dal 2008 al 2018, da 25.400 a 85mila tonnellate. L’obiettivo a lungo termine è arrivare a riciclare oltre il 90 per cento delle materie prime che compongono le batterie: oggi siamo circa a metà strada. La buona notizia? Fra i molti progetti europei nati per la gestione delle batterie a fine vita, il primo impianto pilota di recupero e riciclo totale, nato dalla collaborazione fra Cobat e Cnr, dovrebbe nascere presto in Italia.
Le batterie delle auto elettriche possono diventare uno strumento per immagazzinare l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili?
Gli attuali pacchi batteria garantiscono una vita utile di otto-dieci anni, al termine della quale la loro efficienza supera, comunque, l’80 per cento. Una soglia ampiamente sfruttabile. Ci sono molte sperimentazioni che mirano ad allargare il perimetro all’uso di batterie di seconda vita e al cosiddetto smart charging, sfruttando le caratteristiche di ricarica bidirezionale presenti a bordo di molti modelli di auto elettriche. Le auto elettriche, in pratica, possono anche cedere la loro energia alla rete quando è necessario. L’obiettivo delle future smart city è proprio quello di liberarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili. E i sistemi vehicle-to-grid possono essere molto preziosi, perché sono capaci di modulare la capacità di caricarsi e scaricarsi delle batterie in funzione delle esigenze degli utenti e dell’offerta di elettricità disponibile; in questi casi, le batterie di seconda vita recuperate da veicoli elettrici usati possono essere impiegate come efficaci sistemi di stoccaggio per stabilizzare la rete, in particolare quando è alimentata da fonti variabili come il solare o l’eolico. L’auto può immagazzinare il surplus di elettricità prodotto, mettendolo poi a disposizione o cedendolo alla rete di distribuzione in un secondo momento: in questo senso, un recente decreto del ministero dello Sviluppo economico ne ha finalmente regolamentato l’adozione anche nel nostro Paese.
L’Ecobonus non è sufficiente, servono agevolazioni ed incentivi.
L’Ecobonus così com’è, nemmeno con le integrazioni previste dal Ministero dello Sviluppo Economico a fine luglio, da solo non basta. Incentivare l’acquisto di veicoli a basse emissioni è una via indispensabile per promuovere la mobilità sostenibile. Ma servono anche più agevolazioni per l’installazione delle colonnine elettriche ed investimenti più ingenti per lanciare la mobilità a zero emissioni nel nostro Paese, sul modello di quanto compiuto recentemente da Francia e Germania. In Italia oggi sono presenti quasi 14 mila punti di ricarica in oltre 7 mila stazioni accessibili al pubblico, di cui il 73% in infrastrutture pubbliche ad accesso libero e il 27% su suolo privato a uso pubblico. Dati incoraggianti, ma ancora insufficienti». Malgrado il progressivo calo dei costi delle batterie, le auto elettriche, secondo gli analisti, rimarranno significativamente più costose da costruire almeno ancora per un decennio: servono maggiori politiche di sostegno. Poi bisogna consentire a chi sceglie l’e-mobility di poter affrontare anche gli spostamenti autostradali con facilità, o di poter ricaricare il proprio veicolo anche in spazi privati, come un garage o nei parcheggi condominiali».