L’ANGOLO LEGALE: I doveri del Produttore
Torna all’indice L’oggetto del presente approfondimento ci permetterà di inquadrare la posizione del produttore nel contesto dei rapporti di lavoro che lo legano all’azienda, inoltre potrà chiarirci alcuni aspetti fondamentali.
L’art.151 del CCNL Ania , nello specificare i doveri dispone come:
“il personale deve tenere una condotta costantemente uniformata ai principi di diligenza, disciplina e correttezza professionale.
Esso ha il dovere di dare all’Impresa una fattiva collaborazione, per l’acquisizione di affari e/o per l’organizzazione e/o la sovraintendenza a tale attività, secondo i programmi indicati e le direttive impartite dagli organi responsabili, relazionando i preposti sull’attività giornaliera con le modalità stabilite dall’impresa.
Deve operare esclusivamente a favore dell’impresa o delle imprese facenti parte dello stesso gruppo finanziario eventualmente indicate nella lettera di nomina; pertanto, gli è fatto divieto di assumere occupazioni con rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di terzi, salvo preventiva autorizzazione dell’Impresa, nonché di svolgere attività comunque contrarie agli interessi dell’Impresa o incompatibili con i doveri d’ufficio.”
Sulla base dell’art. 151 del CCNL viene fatto divieto al dipendente di assumere altre occupazioni alle dipendenze di terzi e di svolgere attività incompatibili con gli interessi dell’impresa. Il dipendente non può svolgere tutte quelle attività contrarie ai doveri di ufficio, deve operare nell’esclusivo interesse dell’azienda uniformandosi ai principi della diligenza e correttezza professionale. In linea generale il produttore, in qualità di lavoratore subordinato, dovrà mettere a disposizione il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’impresa (art.2094 c.c.), dovrà adempiere alla prestazione lavorativa utilizzando la diligenza e seguendo le direttive che gli verranno impartite (art.2104 c.c.). Parte integrante dell’obbligo di diligenza è anche il dovere di collaborazione per la realizzazione dell’interesse dell’impresa, un interesse che sarà soddisfatto attraverso l’esatto adempimento della prestazione lavorativa specificata nel contratto di lavoro.
Dall’art. 151 del CCNL si evincono altri due obblighi: obbedienza e fedeltà.
L’obbligo di obbedienza si sostanzia nell’osservare puntualmente le direttive impartite dal datore di lavoro, quest’ultimo è titolare del potere direttivo e pertanto ha la facoltà di dettare le disposizioni necessarie per garantire il regolare ed efficiente funzionamento dell’organizzazione del lavoro.
L’obbligo della fedeltà nei confronti del datore di lavoro si traduce nel diniego per il lavoratore di lavorare per aziende in concorrenza con l’impresa per cui si lavora e divulgare i segreti aziendali (art. 2105 c.c.).
Nelle previsioni di cui all’articolo sopra citato vi è da ultimo il dovere posto a carico del produttore di “dare all’Impresa una fattiva collaborazione, per l’acquisizione di affari e/o per l’organizzazione e/o la sovraintendenza a tale attività, secondo i programmi indicati e le direttive impartite dagli organi responsabili…”
Su questo ultimo dovere è giusto soffermarsi per l’interpretazione che potrebbe darsi al concetto di fattiva collaborazione.
L’oggetto della prestazione di lavoro è l’acquisizione di affari; secondo lo stesso art.146 del CCNL il produttore di 1° e 2° livello viene inquadrato rispettivamente come venditore e venditore senior.
Dal combinato disposto degli artt. 151 e 146 del CCNL possiamo ritenere che il soddisfacimento dell’interesse dell’azienda si realizzerebbe allorquando il produttore ponga in essere l’attività richiesta e consistente nella vendita dei prodotti assicurativi.
Ma quale sarà il metro per verificare l’esatto adempimento della prestazione lavorativa e la diligenza richiesta per la sua stessa esecuzione? Ecco che qui subentrano “….i programmi indicati e le direttive impartite…” dall’azienda medesima nell’organizzazione dell’attività di lavoro.
Sulla base di quanto sopra esposto e soprattutto dal collegamento degli artt. 146 e 151 del CCNL, potremmo dire che la fattiva collaborazione del produttore nel perseguire la propria attività di vendita si sostanzierebbe nella realizzazione dei parametri produttivi contenuti nei programmi di produzione. L’interesse dell’azienda verrebbe soddisfatto attraverso la realizzazione in termini quantitativi e qualitativi dei risultati produttivi da lei attesi e programmati.
L’azienda ogni anno decide unilateralmente quanto i produttori devono realizzare in termine di budget prodotti vita e prodotti danni, andando poi a collegare gli stessi con i rispettivi premi di produzione. A questo punto come devono essere interpretati i programmi di lavoro?
Si potrebbero considerare semplici parametri per misurare solo quanto il produttore deve percepire in termine di premio. Nulla farebbe desumere l’ulteriore funzione di andare a misurare la compiuta o mancata fattiva collaborazione del dipendente, ovvero il rispetto della diligenza nel compimento della prestazione lavorativa con il relativo esatto adempimento in termini contrattuali.
La stessa acquisizione degli affari secondo i programmi indicati, si configurerebbe quale clausola di rendimento (risultato) inserita nel contratto di lavoro. In questo caso tale norma posta a qualificare la fattiva collaborazione non potrebbe essere considerata un metro per valutare se il lavoratore ha operato in base alla diligenza a lui richiesta e legata al tipo di prestazione.
E’ opportuno sottolineare, come la stessa giurisprudenza ha più volte affermato, che l’introduzione di un parametro attraverso il quale stabilire/misurare la fattiva collaborazione del produttore non possa essere deciso unilateralmente dall’azienda. I minimi di produzione richiesti al lavoratore devono essere stabiliti a livello pattizio, devono essere oggetto di accordo e contrattazione con le rappresentanze sindacali.
Il raggiungimento dei programmi di produzione non costituirebbe, quindi, l’obbligazione primaria del dipendente.
Questa interpretazione dei doveri del produttore è stata ribadita più volte dalla giurisprudenza passata, la quale si è così espressa sulla legittimità di provvedimenti disciplinari e licenziamenti per scarso rendimento dovuti al mancato raggiungimento dei programmi di produzione (mancata fattiva collaborazione).
Vanno per completezza di analisi riportati gli ultimi e più recenti orientamenti giurisprudenziali, i quali hanno dato ai programmi e al concetto di fattiva collaborazione un’interpretazione diversa.
Mi riferisco alla sentenza del Tribunale di Cassino del 29/04/2019, con la quale si accertava la legittimità del licenziamento per scarso rendimento (mancata fattiva collaborazione) intimato ad un produttore da parte di Generali Italia.
Il giudice del lavoro riscontrava la sussistenza dello “scarso adempimento del lavoratore, inteso come inosservanza degli obblighi a lui incombenti, conseguenti dal mancato raggiungimento delle soglie produttive previste dal programma di produzione e relativo Rappel d’azienda espressamente richiamato dall’art.151 del CCNL …”
In sintesi il giudice ha ritenuto che le soglie stabilite dai programmi di produzione non sono solo funzionali all’attribuzione di eventuali premi o incentivi per il raggiungimento del risultato produttivo, ma che il conseguimento degli stessi programmi in termine di volume e di affari è specifico obbligo prestazionale assunto dal lavoratore con la sottoscrizione del contratto.
L’interesse dell’azienda e l’esatto adempimento della prestazione lavorativa in capo al produttore, sulla base di questa ultima interpretazione giurisprudenziale, si realizzerebbe attraverso il raggiungimento dei programmi di lavoro; atteso il fatto di considerare come unico oggetto della prestazione di lavoro la sola acquisizione dei contratti assicurativi. In altri termini potremmo dire che si configurerebbe una mancata fattiva collaborazione per il venir meno dell’unica ( mansioni di cui all’art. 146 CCNL) obbligazione del produttore venditore.
Da quanto sopra esposto appare evidente come in generale il tema dei doveri del produttore e nello specifico il concetto di fattiva collaborazione non sia di facile interpretazione, abbiamo assistito in questi ultimi anni ad orientamenti giurisprudenziali non sempre convergenti tra loro.
In conclusione penso che il giudizio sull’inadempimento degli obblighi contrattuali, imputabili a violazione della diligente collaborazione del produttore nel perseguimento dell’interesse dell’azienda, non possa trovare la propria fonte negli artt. 151 e 146 CCNL.
Soprattutto l’art. 146 , nello specificare l’oggetto della prestazione di lavoro (mansioni), risulta essere evidentemente incompleto e non rispondente all’effettiva attività lavorativa prestata. A mio modestissimo parere si potrebbero superare tutte le contraddittorie interpretazioni giurisprudenziali contemplando, attraverso una previsione normativa, tutte le ulteriori attività di lavoro poste in essere ogni giorno dal produttore che, se pur prescindendo dalla vendita, andrebbero comunque ricondotte ad una attività di collaborazione fattiva in nome, per conto e nell’interesse della stessa dell’azienda.
Gian Luigi Ricupito