LE PROPOSTE DI ITALY FOR CLIMATE
Per raggiungere questi risultati vengono individuate cinque tipologie di interventi trasversali abilitanti:
- introduzione di un sistema di carbon pricing;
- il passaggio da un modello lineare ad uno circolare e rigenerativo;
- forte accelerazione nella ricerca e sviluppo e nella diffusione di soluzioni innovative;
- semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli iter autorizzativi;
- promozione della cultura della transizione.
POSSIBILI MISURE E RISPETTIVI POTENZIALI DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI PER SETTORE.
Industria – Primo settore per emissioni in Italia (un terzo del totale) èquello che ha ridotto di più le emissioni dal 1990, sia per i miglioramenti dei processi produttivi, sia per il calo della produzione industriale italiana, in particolare a seguito della crisi del 2008-2009. La Strategia climatica dell’industria prevede un taglio del 46% delle attuali emissioni, da raggiungere contestualmente ad una crescita della produzione industriale. È la sfida maggiore, che sarà possibile intervenendo sulla circolarità dei modelli di produzione, su un mix energetico più pulito, più elettrificato e più innovativo (idrogeno green) e su azioni mirate per intaccare le emissioni di origine non energetica, che costituiscono 1/4 delle emissioni industriali.
Trasporti – In trent’anni i trasporti non hanno ridotto le emissioni, che oggi sono uguali a quelle del 1990, restando il secondo settore per emissioni in Italia. Il 90% delle emissioni dei trasporti si producono sulla strada e per la gran parte dalle automobili, a causa della vetustà del parco auto e dell’alto tasso di motorizzazione. Secondo la Roadmap i trasporti dovranno ridurre le emissioni del 30%, uno sforzo inferiore a quello degli altri settori ma molto significativo vista la complessità del contesto. Si dovrà intervenire, fra gli altri, riducendo la domanda di mobilità privata grazie alla sharing mobility ed ai nuovi approcci organizzativi (fra cui lo smart working), spingendo sulla mobilità elettrica (con un obiettivo di 5 milioni di auto elettriche immatricolate nel 2030) e sul ricorso al biometano per la transizione del trasporto pesante.
Residenziale – Nonostante la modesta crescita della popolazione, dal 1990 i consumi di energia del settore residenziale sono aumentati (+23%), mentre le emissioni hanno subito una pari riduzione grazie ad un uso energetico più pulito per il riscaldamento (shift da gasolio a gas) ed al miglioramento del mix elettrico nazionale. Per invertire la rotta energetica registrata fino ad oggi, la Strategia climatica del residenziale avrà come perno la riqualificazione energetica degli edifici (che deve coinvolgere almeno il 3% del patrimonio residenziale ogni anno), con la metà degli interventi in deep renovation estendendo e rafforzando il superbonus al 110%. Gli interventi sul settore residenziale dovrebbero portare ad una riduzione del 53% delle emissioni generate nelle nostre case e un taglio del 20% dei consumi energetici.
Terziario– Il terziario (uffici, servizi, esercizi commerciali) è l’unico settore in Italia ad aver aumentato significativamente le emissioni (+58% dal 1990 al 2018), in conseguenza del forte sviluppo del settore. È anche quello con la più alta penetrazione elettrica nei consumi, per cui le misure per la Strategia climatica (-58% delle emissioni al 2030, il taglio più alto fra tutti i settori) dovranno puntare sull’integrazione delle fonti rinnovabili elettriche negli edifici e sulla riqualificazione energetica, con un tasso di ristrutturazione di tutti gli edifici pubblici del 3% ogni anno, di cui la metà in deep renovation.
Agricoltura – L’agricoltura genera quasi il 10% delle emissioni nazionali ed è il primo settore per emissioni di metano. I tre quarti delle emissioni agricole sono di natura non energetica e derivano per la maggior parte dalla gestione degli allevamenti (sia deiezioni che digestione enterica degli animali). Pertanto la Strategia climatica punta ad una riduzione del 30% delle emissioni di gas serra dell’agricoltura, intervenendo non solo dal lato della domanda (per ridurre il consumo di carne da allevamenti intensivi) ma anche in termini di pratiche agricole a minore impatto ambientale (filiera corta, biologica, dieta animale, etc.) e di interventi per catturare e riutilizzare le emissioni diffuse di metano degli allevamenti.
Gestione dei rifiuti – Pur contribuendo solo per il 4% alle emissioni nazionali, i rifiuti restano un comparto chiave anche in ottica di recupero e riduzione della pressione sulle risorse naturali. Le emissioni di gas serra generate dalla gestione dei rifiuti (principalmente metano) provengono soprattutto dalle discariche, che dovranno essere oggetto di azioni mirate nel quadro del Pacchetto europeo sull’economia circolare, puntando sulla raccolta differenziata, in particolare dell’organico, ed intervenendo anche sulla captazione delle emissioni di metano diffuse.
Generazione elettrica (trasversale) – la Roadmap prevede una strategia climatica anche per la generazione elettrica che, pur non costituendo un settore finale a sé, resta cruciale per la transizione verso la neutralità climatica e trasversale a tutti i settori. Basti pensare che grazie al miglioramento del mix di generazione elettrica nazionale, le emissioni prodotte dal consumo di un kWh di elettricità in Italia si sono più che dimezzate dal 1990 ad oggi, e che grazie a questo molti settori hanno ridotto le proprie emission, pur mantenendo dei consumi elettrici invariati o addirittura in crescita. Nella Roadmap il taglio delle emissioni elettriche sarà ancora maggiore, con le fonti rinnovabili che arriveranno a coprire il 67% della produzione di elettricità nazionale. Questo sarà possibile solo mettendo a terra nuovi impianti per la generazione elettrica da rinnovabili, in particolare da fonte fotovoltaica ed eolica, con un tasso 7 volte superiore a quello attuale.
La roadmap climatica per l’Italia è un percorso da costruire insieme. Noi abbiamo già ben iniziato riunendo gli Stati Generali e definendo con l’Unione Europea il modo di intervenire rispetto al Recovery fund e quindi al Recovery plan attraverso le schede. E’ un percorso che stiamo definendo con l’Unione Europea dove l’elemento principale è il green” – ha dichiarato in un videomessaggio il Ministro dell’Ambiente ricordando che da una parte ci sono i cittadini che chiedono il green, dall’altra ci sono le aziende. “Dobbiamo aiutare queste aziende in un momento di transizione, attraverso il Recovery Plan, a trasformare la funzione produttiva in modo che poi possano camminare sulle loro gambe – ha concluso il Ministro.
“Contrastare il cambiamento climatico dev’essere una priorità, è necessario cambiare paradigma ripartendo dalle infrastrutture e dalle grandi reti dell’energia – ha affermato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel corso del webinar di Italy for Climate – Dobbiamo promuovere una grande trasformazione del nostro tessuto sociale a livello globale e questo richiede forti investimenti pubblici. Per questo abbiamo promosso il Green deal. Se la soluzione per i problemi climatici è un grande Piano Marshall, questa è la soluzione anche per i problemi economici. Lo Stato ha il compito di favorire la transizione verso lo sviluppo sostenibile e come Governo stiamo lavorando per questo”.
Oggi in Parlamento approveremo il primo provvedimento in direzione recovery fund – ha detto il ministro per gli Affari regionali e Autonomie – Penso che da qui a fine anno e poi da gennaio ad aprile del 2021 avremo il quadro definitivo non solo delle risorse quadro che vanno nella direzione della transizione energetica e dello sviluppo sostenibile ma avremo anche le misure di dettaglio. Anche per questo credo abbia senso tagliarci i ponti alle spalle e imporre sulle politiche pubbliche un vincolo molto chiaro”.