Le “Equilibriste”…
Dal movimento femminista degli anni 70’ molte cose sono cambiate per le donne, in Italia e nel mondo. In un passato relativamente recente, però alle donne sposate non era nemmeno consentito disporre del reddito proveniente dal proprio lavoro (il riferimento chiaramente è a quelle a cui era concessa la possibilità di lavorare fuori casa).
Mentre il lavoro femminile extradomestico è diventato, dopo anni di lotta, un presupposto del contesto socio economico e culturale contemporaneo, la battaglia verso la parità di opportunità nel mercato del lavoro non è ancora finita e la strada percorrere sembra essere molto lunga.
Se da un lato, c’è un contesto socio economico che presuppone sempre di più la necessità d un doppio reddito per far fronte alle spese familiari, dall‘altro spesso le donne non hanno la possibilità’ di conciliare lavoro e vita domestica.
Frequentemente infatti, esse si trovano a dover scegliere tra la famiglia e la carriera, riscontrando difficoltà nella crescita professionale a causa delle problematiche relative alla gestione degli impegni domestici e di quelli lavorativi.
Le donne leonesse di Generali Italia non sono da meno, molte sono costrette a scegliere tra carriera e famiglia a causa della mole di lavoro per chi sceglie un percorso direzionale, ma anche per chi intende crescere nel mondo commerciale. Molte troppe rinunce vengono richieste per poter essere all’altezza di percorsi di crescita.
Nei paesi scandinavi e in molti altri paesi del nord Europa tra cui Svezia, Norvegia, Danimarca e Irlanda, diventare madre non è fonte di ansia, ma al contrario fonte di gioia e di supporto sia da parte delle istituzioni che da parte del datore dove di lavoro (al quale comunicare lo stato di gravidanza non comporta nessuna perplessità o difficoltà’), lo Stato aiuta queste donne madri lavoratrici con periodi di maternità, che possono durare fino a un anno pagato. Il rientro al lavoro si è dimostrato essere sereno, in quanto le donne rioccupano lo stesso ruolo lasciato prima della maternità.
In Italia non è così, la percentuale di donne che al rientro della maternità decidono di dare dimissioni volontarie o di rinunciare a crescere nella propria azienda è sempre in aumento, lo dimostrano i dati dell’ispettorato del lavoro che in Italia registra un 74% di dimissioni volontarie e una disparità tra nord Italia e sud Italia abbastanza evidente, dove al sud nel 48% dei casi è solo l’uomo che lavora. Tutti questo perché manca una robusta struttura di aiuti alle neo mamme, dove i nonni (che solitamente sostituiscono in tutto o in parte i genitori) oggi non bastano più, o perché troppo anziani, visto che l’età è sempre più alta per fare un primo figlio, o perché’ malati.
Nella nostra azienda diventare mamma è fonte di ansia più che mai, comunicare al manager lo stato di gravidanza genera dubbi e perplessità, soprattutto se ricopri un ruolo chiave come Tutor o Assistant o anche un semplice OP che magari è molto bravo e la cui mancanza di produzione causa un calo di produttività della zona di appartenenza.
L’Azienda aspetta con ansia la fine dei mesi obbligatori di maternità per esortarti a rientrare al lavoro perché;” la tua presenza è troppo preziosa è indispensabile”; una volta rientrata orari impossibili ti attendono per ritornare ai ritmi di produzione e stare al passo con tutti gli altri impegni burocratici e non che incombono sulla nostra attività…
Dopo la nascita di un figlio una leonessa di Generali, che prima svolgeva tranquillamente il suo lavoro egregiamente facendo orari impossibili con la forza di due uomini e che tornava a casa anche dopo le 19, non può più rincasare tardi avendo lavori casalinghi oltre ogni immaginazione, avendo impegni extra lavorativi, come accompagnare i figli alle loro attività, seguirli e dare loro attenzioni. Ed ecco che bisogna fare una scelta, ridurre le ore di lavoro e rinunciare alla propria crescita per poter dedicare le giuste attenzioni alla famiglia, perché una donna seppure preparata e dotata di grande capacità, nel nostro lavoro è e sarà pure sempre nella sua indole una mamma.
Allora perché’ non pensare di inserire nel nostro Contratto Nazionale di lavoro la possibilità di avere il part time; perché’ non aiutare le famiglie con bimbi piccoli ad avere un nido vicino l’agenzia o l’ispettorato dove si lavora, convenzionato con Generali, o addirittura gratuito come per i dirigenti di Generali Italia; ancora meglio perché non dare un premio economico per le donne in gravidanza, come hanno fatto alcune aziende italiane, per invogliare la crescita demografica e per generare serenità nelle donne che fanno la scelta di diventare mamme.
Lavorare ed essere mamma si può… basta avere gli aiuti giusti e non si dovrà più rinunciare alle ambizioni o alla famiglia.
Costantino Francesca
Il video con un pizzico di simpatia e tenerezza permette di capire il reale problema e come si potrebbe risolvere in modo sbagliato