IL PRIMO NUMERO DI SETTEMBRE 2018 Attenzione al NON TRASFERIBILE!!! I controlli antiriciclaggio in banca Controllo dei lavoratori a mezzo agenzie di investigazione Mobbing e Straining: due facce della stessa medaglia Come viene influenzata la nostra vita quotidiana e la nostra vita privata dalle pressioni commerciali? Il datore di lavoro è responsabile della salute mentale e sociale dei propri dipendenti Il fututo? Il contante! Contestazioni Disciplinari CAAF CGIL la tua Consulenza tutto l’anno Chiuso l’Accordo su Videosorveglianza. Si prosegue su Conciliazione vita-lavoro Firmato l’accordo sulle Politiche Commerciali Il dialogo sociale Cessione delle ferie Anticipo pensionistico APE: il giudizio della CGIL Unipol sale in BPER Banca: compra il 5,2% e arriva al 15% BPER: prime anticipazioni sul piano industriale ATTENZIONE AL NON TRASFERIBILE!!! Abbiamo evidenza di situazioni di Colleghi colpiti dalle conseguenze del “famigerato” decreto legislativo 231 del 2007 modificato circa un anno fa. Si tratta delle norme antiriciclaggio che prevedono, tra le altre numerose disposizioni, sanzioni amministrative anche qualora si negozino assegni superiori ad Euro 1.000 privi della clausola di “non trasferibilità”. Sembra una svista da poco ma in realtà si viene chiamati a pagare multe da 3.000 a 15.000 Euro (o 5.000 Euro in via forfettaria…prima era una percentuale dell’ammontare del titolo e quindi il tutto poteva risolversi in un versamento di pochi Euro…) che riguardano non solo la banca od i soggetti interessati alla transazione ma anche l’impiegato che viene ritenuto responsabile della mancata segnalazione. La cosa, come si può ben comprendere, è assolutamente seria. Di fatto la gran parte delle banche, ha iniziato da qualche anno ad emettere assegni già stampati con la clausola “non trasferibile” così da sanare alla radice il problema. Esistono tuttavia in circolazione titoli vecchi od espressamente richiesti “liberi” che infine sono quelli che determinano il problema. E’ evidente che i controlli debbono essere eseguiti con cura, ma è altrettanto vero che la svista può sempre verificarsi ed infatti ciò è avvenuto anche da noi. A questo proposito sarebbe più che auspicabile prevedere da parte della banca un qualche dispositivo di segnalazione automatica, qualora in fase di negoziazione si digitino importi di assegni superiori ai 1.000 Euro, che in qualche misura potrebbe contribuire a rendere meno probabile l’errore. Sempre sotto il profilo organizzativo, il riversarsi sugli sportelli di incombenze operative prima svolte centralmente (i provvedimenti di giugno sono solo l’antipasto…), aumentando inevitabilmente i carichi di lavoro, non gioverà certamente ad un migliore presidio di questa e di altre situazioni sensibili. A parte le nostre specificità, il problema investe tutto il settore, il quale però al momento non si è ancora dato un indirizzo comune rispetto alla questione. Colui che riceve una sanzione, a seconda dei casi e sempre tenendo conto che si tratta di un provvedimento a carattere personale, può vedere la cosa trattata con vari gradi di “disponibilità” dall’azienda cui appartiene, tenendo comunque conto che la stessa non ha interesse, in via di principio, a mettere in discussione il proprio sistema organizzativo. Vi è poi l’aspetto disciplinare: se da noi è il Responsabile di Sportello che può venire chiamato in causa patrimonialmente in quanto “autorizzatore” e tenutario della necessità di segnalare il caso dell’assegno irregolare, anche i cassieri non sono esenti da conseguenze . Per sintetizzare possiamo dire che in questi casi: qualcuno è chiamato a pagare (condizione senz’altro peggiore) e qualcun altro a doversi difendere da contestazioni che possono avere riflessi sul rapporto di lavoro (non proprio uno scherzo). Esiste poi la variabile clienti perché non siamo troppo tranquilli circa il fatto che i sanzionati la prendano proprio bene … ma qui siamo nel campo delle ipotesi. Occorre avere ben presente che in caso di multa non è nemmeno possibile far conto sull’assicurazione che si può aver sottoscritto a suo tempo in quanto non è prevista la copertura per dette situazioni. In BPER abbiamo evidenziato il problema e siamo in attesa di eventuali sviluppi al riguardo. La questione è nota ovviamente anche alle Segreterie nazionali ed occorrerà capire quali opzioni possano essere agite pure nei confronti di ABI, a sua volta investita di una inevitabile “responsabilità”. E’ evidente che stiamo parlando di una norma assolutamente senza senso anche rispetto agli obiettivi della Legge, di per sé astrattamente condivisibili. Tartassare chi commette un errore nell’ambito dell’utilizzo di canali di pagamento del tutto tracciabili e non certamente clandestini non aiuta certo la lotta al riciclaggio… Per intanto invitiamo tutti alla massima attenzione ed, in ogni caso, a rivolgersi alla CGIL qualora ci si venga sfortunatamente a trovare nel mezzo di vicende del genere, qualsiasi possa essere il livello di coinvolgimento. I CONTROLLI ANTIRICICLAGGIO IN BANCA La Quinta Sezione Penale della Cassazione, con Sentenza n.24670/18, ha fissato i limiti della buona fede e dell’adeguata verifica in materia di antiriciclaggio, in quanto la “non adeguata verifica” elimina la buona fede delle Banche, rendendo inoppugnabile il sequestro/confisca di un immobile gravato da garanzia su mutuo erogato. La “Banca” non può, dunque, limitarsi al semplice controllo formale delle operazioni, in quanto la Normativa, a tutt’oggi, prevede una funzione sociale di controllo sul reimpiego di capitali di origine illecita. Facciamo l’esempio della concessione di un mutuo per l’acquisto di un immobile. Il Contraente, che ha già a suo carico misure di prevenzione patrimoniale, con questa operazione attua una azione di riciclaggio anche se, formalmente, il mutuo fondiario può apparire corretto. Ma, se, i documenti forniti sono incompleti o non sottoscritti o non, eventualmente, trasmessi ad Uffici competenti, avviene la confisca dell’immobile gravato dall’ipoteca. Per la Quinta Sezione occorre effettuate verifiche pregnanti riguardo, per es., l’effettiva percezione dei redditi da parte degli aspiranti mutuatari, non rivelandosi cautela adeguata e sufficiente la mera consultazione solo di eventuali Registri dell’Imprese, ma occorre anche la consultazione delle normali Banche Dati. Questo perché sarebbe all’evidenza una violazione di obblighi non normativamente previsti ma ancorati alla diligenza specifica del buon banchiere, da declinarsi (dopo l’entrata in vigore del Dlgs.231/079 anche in relazione alla funzione sociale a questi assegnata della Politiche di prevenzione delle attività di riciclaggio, che non possono risolversi nel mero controllo formale. CONTROLLO DEI LAVORATORI A MEZZO AGENZIE DI INVESTIGAZIONE Un lavoratore con funzioni ispettive esterne era stato licenziato in base agli accertamenti commissionati a un’agenzia investigativa che aveva rilevato la mancata effettuazione da parte sua di alcune ispezioni, viceversa da lui indicate come compiute. Confermando la legittimità del licenziamento, la Corte d’appello di Roma aveva argomentato che, trattandosi di attività lavorativa svolta all’esterno dell’azienda, doveva ritenersi legittima l’utilizzazione di investigatori privati “per il controllo della diligente esecuzione della prestazione di lavoro”. La Cassazione annulla tale decisione, ribadendo l’illegittimità di controlli a mezzo terzi sul corretto adempimento della prestazione lavorativa e ricordando la propria ormai consolidata giurisprudenza in materia di possibili controlli sui lavoratori, con particolare riferimento a quelli effettuati a mezzo agenzie di investigazione. Fonte: Wikilabour MOBBING E STRAINING: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA Col termine Mobbing, la cui etimologia risale al verbo inglese to mob, cioè «assalire, molestare», si fa riferimento, in generale, all'insieme dei comportamenti persecutori che tendono a emarginare un soggetto dal gruppo sociale di appartenenza, tramite violenza psichica protratta nel tempo e in grado di causare seri danni alla vittima. In relazione all’ambito lavorativo, è definito come una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o uperiori. In poche parole, un atteggiamento che impedisce alla vittima di lavorare o di svolgere serenamente la propria attività. Tale comportamento può anche essere messo in atto da persone che abbiano una certa autorità sulle altre (ad esempio capi area, responsabili, direttori), in tal caso si parla di bossing. Da queste definizioni appare evidente che esistono diversi punti in comune. In particolare vorremmo sottolineare le gravi conseguenze sul piano psicologico delle vittime di questi “abusi”, che, nei casi più gravi, possono portare ad atti estremi. Anche nei motori di ricerca utilizzati da internet, il termine di bullismo viene associato, oltre che al mobbing, ad altri fenomeni quali al nonnismo nell'ambito delle forze armate e al cyberbullismo. Più recentemente, in ambito lavorativo, si sono con maggiore precisione delineate figure differenti e maggiormente specifiche a descrizione delle varie situazioni di conflittualità lavorativa che danneggiano il lavoratore, ma anche l’organizzazione aziendale così come, in senso più ampio, la collettività. Una tra queste è lo straining, che è “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. La vittima è in persistente inferiorità rispetto alla persona che attua lo straining (strainer) e viene attuato appositamente contro una o più persone, ma sempre in maniera discriminante” Con sentenza n. 7844 del 29 marzo 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che il datore di lavoro “è tenuto ad evitare situazioni “stressogene” che diano origine ad una situazione che possa, presuntivamente, ricondurre a una forma di danno alla salute anche in caso di mancata prova di un preciso intento persecutorio. Lo stress forzato può arrivare dalla costrizione della vittima a lavorare in un ambiente ostile, per incuria e disinteresse del suo benessere lavorativo“. Nel caso di specie un dipendente da una azienda del credito aveva subìto azioni pur limitate nel tempo ed anche distanziate tra di loro e non riconducibili al mobbing, ma tali da un mutamento, in negativo, della propria imposizione lavorativa e tale da pregiudicare il diritto alla salute. La conseguenza di questa sentenza è stata la condanna nei confronti dell’istituto di credito alla corresponsione delle differenze retributive (… seguenti al demansionamento …) e, ravvisando un evento lesivo per la salute del ricorrente a causa dei comportamenti tenuti dalla resistente, al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. FONTI NORMATIVE Art. n. 2087: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Secondo la giurisprudenza l’obbligo contemplato dalla norma non è circoscritto al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, implicando altresì il dovere dell’azienda di astenersi da comportamenti lesivi dell’integrità psico-fisica del lavoratore. La disposizione richiamata, nella interpretazione comunemente accolta, si ispira al principio del diritto alla salute, inteso nel senso più ampio, bene giuridico primario garantito dall’art. 32 della Costituzione e correlato al principio di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. Da tale disposizione sorge il divieto per il datore di lavoro non solo di compiere direttamente qualsiasi comportamento lesivo della integrità psico-fisica del prestatore di lavoro, ma anche l’obbligo di prevenire, scoraggiare e neutralizzare qualsiasi comportamento di tal fatta posto in essere dai superiori gerarchici, preposti o di altri dipendenti nell’ambito dello svolgimento dell’attività lavorativa. COSA FARE La vittima di straining deve affrontare un percorso clinico mirato contestualmente o antecedentemente a quello legale. E' di estrema importanza che, in caso di assenze per malattia, la diagnosi del medico di base attesti che la patologia è riconducibile al contesto lavorativo. Sul piano legale è importante rivolgersi al sindacato o ad un avvocato giuslavorista specializzato. L'azione risarcitoria si prescrive in dieci anni, trattandosi di responsabilità contrattuale (legata alla violazione dell'art. 2087 c.c.). Naturalmente è consigliabile attivarsi tempestivamente, sia per prevenire l'aggravarsi dei danni, sia per ragioni pratiche-processuali: in cause in cui le testimonianze sono di fondamentale importanza, il trascorrere del tempo rischia di far perdere memoria storica ai testimoni e rischia dunque di compromettere la buona riuscita della causa. COME VIENE INFLUENZATA LA NOSTRA VITA QUOTIDIANA E LA NOSTRA VITA PRIVATA DALLE PRESSIONI COMMERCIALI? Immaginiamo una giornata tipo di un collega family/cassa. Si arriva in Filiale, c’è la fila di persone fin dalla mattina presto. La cassa deve essere una sola, gli altri colleghi devono essere impiegati nell’attività commerciale. Una cassa, una marea di gente. Gli altri telefonano per vendere: i “pallini rossi” devono diventare” verdi”, massimo sfruttamento del Target, in realtà massimo sfruttamento dei colleghi. In cassa un solo collega affanna. L’altro family apre per fare due operazioni, poi di nuovo a cercare il cliente che fa la polizza, il prestito, la carta di credito. I clienti che ti sentono per l’ennesima volta al telefono pensano che tu sia il solito operatore di call center. Molti neanche ti fanno finire la frase che hanno già chiuso. Intanto il collega che sta in cassa si fa il mazzo, ma il direttore e l’azienda dicono che una sola persona è sufficiente. Ogni settimana c’è il file da compilare, non sia mai che qualcuno in area lo veda vuoto. Non deve mai essere vuoto. Di File da compilare ce ne sono vari: gli impieghi, RUN 4, “partenza lanciata”, polizze e preventivi auto. Di questi ultimi è stato stabilito che ogni Filiale ha una produzione minima settimanale- mai mandare il file vuoto. Intanto, i clienti anziani intasano la cassa. La solita cassa con un solo cassiere, che magari ha una certa età, magari ha problemi di salute, magari fatica molto ad essere presente ogni giorno in ufficio ma non manca mai. E capita che in uno di quei giorni in cui DEVE rimanere solo (come sempre d’altronde), sta male in Filiale e dopo 2 mesi muore (sì, è successo). Ecco come il budget a tutti i costi affligge la vita di tutti noi. Come i numeri siano più importanti delle persone. Cosa si potrebbe fare di concreto per cercare di portare di nuovo un po’ di umanità nei nostri ambienti di lavoro? Dire basta ai report settimanali che vengono continuamente chiesti nonostante si affermi il contrario; Limitare le pressioni indebite perpetrate a prescindere dalla condizione individuale; Creazione di uno sportello nel quale segnalare i NOMINATIVI di quei direttori troppo pressanti che rendono impossibile la vita in filiale ai colleghi; Impostare uno strumento di valutazione per il manager da parte dei collaboratori, in modo che anche il manager sappia di essere valutato e non si può comportare alla stregua di un dittatore; Accogliere le segnalazioni anonime, a livello aziendale, dei colleghi che vengono vessati. Come sindacato visiteremo quelle Filiali nel quale i manager hanno un comportamento “non ortodosso “ e mostrargli l’accordo sulle pressioni commerciali. E a seguito di comportamenti ripetuti segnalazione all’ufficio del personale. IL DATORE DI LAVORO E' RESPONSABILE DELLA SALUTE MENTALE E SOCIALE DEI PROPRI DIPENDENTI Il mese scorso , su una nota rivista femminile, è stata pubblicata la testimonianza di un’infermiera che a causa della pressione psicofisica nel lavoro ha iniziato ad abusare di alcool. Si tratta di un argomento estremamente delicato, spesso celato e vissuto con senso di colpa, ma si parla di stress lavoro-correlato. Il DLgs del 9 Aprile 2008 n.81 all’art.2, c.1, lett. B) sancisce per legge che il datore di lavoro è responsabile della salute mentale e sociale dei propri dipendenti , salute messa sempre più a rischio negli ultimi anni. La crisi e la stretta economica hanno portato a chiedere ai lavoratori performance individuali in grado di sopperire a carenze di personale o a margini ridotti di guadagno piuttosto che a cambiamenti di mercato, senza preoccuparsi delle ricadute che questo ha sulla loro salute mentale, fisica e sociale. L’argomento è complesso, lo stress lavoro correlato porta spesso a patologie che si finge di non vedere, la sindrome da burn-out è una realtà in diversi settori lavorativi. Come Fisac abbiamo denunciato a più riprese questo fenomeno nella nostra categoria , con dati ben documentati frutto di indagini sindacali e scientifiche, spendendoci per far emergere la problematica e le responsabilità del datore di lavoro. Sempre più consapevoli che è un tema che attraversa il mondo del lavoro, siamo solidali con tutti quei lavoratori/lavoratrici che vivono queste situazioni. Fonte: Fisac/Cgil Pisa IN ITALIA BOOM DEL CONTANTE E DEI PRELIEVI DA BANCOMAT) Carte di credito, bancomat, applicazioni da smartphone, la “cashless society” è ancora una chimera. Secondo l’ultimo rapporto del Forum Ambrosetti l’Italia resta in coda tra i Paesi avanzati per numero di transazioni elettroniche pro-capite: 43,1 all’anno contro una media Ue di 116,6. Nel 2017, in Italia, solo il 14% dei pagamenti è stato effettuato in modalità cashless (quindi con carte di pagamento o attraverso strumenti di pagamento digitale). L'86%, invece, è stato effettuato con denaro in contante. Un dato che, come detto, ci posiziona al terz'ultimo posto in Europa, dove la peggior performance appartiene alla Grecia (12% in cashless, 88% in contante), mentre la media Ue porta un rapporto 26% / 74%. Dai numeri dell'Osservatorio emerge anche che l'utilizzo del contante, nel nostro Paese, continua a crescere. Nel solo periodo che va dal 2016 al 2017 è aumentato del 3,8%, passando da 190,4 a 197,7 miliardi di euro. Un aumento che si riflette sul rapporto fra denaro contante e Pil, che nel 2017 arriva a toccare il record storico dell'11,6% ( media Ue è del 10,1%). Una percentuale importante, che paragonata a quella della Svezia (dove il rapporto è all'1,5%) chiarisce in modo inequivocabile la situazione italiana. La peggior performance, tuttavia, appartiene all'Ungheria, dove il rapporto contante/Pil è al 19,2%. Un altro dato molto significativo è quello relativo ai prelievi presso gli Atm. L'Italia è il Paese dove la cifra di denaro prelevato agli sportelli fa registrare la crescita più alta nei 5 paesi europei definiti “big five” (Germania, Regno Unito, Italia, Francia e Spagna). Infine, uno sguardo ai pagamenti attraverso device mobili ( i classici pagamenti via smartphone, per intenderci). In questo caso la crescita registrata negli ultimi anni è onsiderevole: + 48,6% dal 2012 al 2016, con un valore che è passato da 0,8 a 3,9 miliardi di euro. Tuttavia, l'incidenza di questo transato sul totale è ancora irrilevante, con un valore dello 0,05%. COMPORTAMENTI PRATICI IN CASO DI CONTESTAZIONE DISCIPLINARE E' opportuno fare qualche precisazione di carattere pratico, in particolare sulla stesura delle controdeduzioni scritte e sull’ eventuale colloquio. Si tratta ovviamente di nozioni generali, che devono essere adattate al singolo evento che in ogni caso fa storia a sé. Contattare il proprio sindacalista A fronte dell’avvio di una contestazione disciplinare emerge l’assoluta opportunità di prendere contatto con il proprio rappresentante sindacale, per avere la necessaria assistenza prima di addentrarsi in una realtà che non solo è personalmente sgradevole ma è anche tecnicamente complessa ed incerta. La trasparenza tra lavoratore e sindacato In ogni caso ed in via del tutto preliminare, è necessario che il rapporto fra il rappresentante sindacale e l’iscritto sia improntato alla massima trasparenza reciproca: il lavoratore deve esporre i fatti in modo veritiero e completo, in modo tale che anche il proprio rappresentante sindacale non incorra in errori di valutazione. La difesa da parte del lavoratore Il lavoratore ha diritto – entro 5 giorni di calendario dal ricevimento della lettera di contestazione, che salgono a 15 giorni nel settore delle Assicurazioni - a formulare le proprie difese per iscritto o richiedendo un colloquio. E’ opportuno che la lettera di controdeduzione sia redatta in maniera lineare e sintetica, senza polemiche; non serve tentare di smentire fatti oggettivi ed accertati, mentre potrà essere utile sottolineare problematiche che riguardano carenze organizzative/procedurali aziendali ed altresì eventuali lacune nella propria formazione. Qualora siano già state fornite al proprio responsabile o alle funzioni ispettive alcune spiegazioni sui fatti contestati, sarà opportuno tenerne conto nella stesura della lettera. Inoltre è sempre da valutare con la massima cautela il coinvolgimento di altri colleghi nelle proprie controdeduzioni. Il colloquio può dare una personalità fisica a quella che può apparire come una mera pratica burocratica dell'ufficio del personale, ma può anche essere per alcuni una situazione di stress. La richiesta di colloquio permette però di avere qualche giorno in più per approfondire meglio la contestazione e preparare le proprie difese. Nel colloquio l’azienda deve solamente verbalizzare le spiegazioni del lavoratore: è quindi sempre consigliabile arrivare al colloquio con una traccia scritta delle proprie difese. E’ possibile formulare le proprie difese in una lettera ed in più richiedere anche il colloquio. Tuttavia è importante che la richiesta del colloquio sia esplicita: inserire nella lettera di controdeduzioni frasi del genere “il sottoscritto è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento” è da evitare, perché crea incertezza su quali siano le concrete intenzioni del lavoratore. Segreterie di Coordinamento Aziendale Sindacale Bperbanca CHIUSO ACCORDO SU VIDEOSORVEGLIANZA. SI PROSEGUE SU CONCILIAZIONE VITA LAVORO Dopo un laborioso negoziato, le OO.SS. e l'Azienda sono giunte, in data 26 luglio, a siglare un accordo che regolamenta nel dettaglio la videosorveglianza in Bperbanca. Recependo la modifica all' art.4 della Legge 300/70 si è posta la necessità per l’Azienda, a fronte dell’installazione di telecamere nei luoghi di lavoro, di firmare un accordo specifico sulla materia. Inoltre l’Azienda ha precisato che, in mancanza di esso - così come consentito dal Jobs Act - avrebbe richiesto autorizzazione ai varie ITL (Ispettorati Territoriali del Lavoro) per l'installazione delle telecamere. Sulla videosorveglianza, infatti, le modifiche introdotte dal Jobs Act consentono un utilizzo delle immagini potenzialmente più rischioso che in passato, sia in termini di un più limitato diritto alla privacy sul posto di lavoro, sia in termini di controllo dell'attività e della prestazione lavorativa. Senza entrare in eccessivi tecnicismi e rimandando, per ogni dettaglio, al testo dell'accordo, teniamo a sottolineare che l'accordo contiene alcuni principi fondamentali che ne incarnano la logica di fondo: tecnicamente le telecamere puntate a ridosso delle postazioni di lavoro non possono riprendere i lavoratori, rispettandone le norme di privacy disposte a loro tutela dalla legge quando sono seduti alla postazione. l'installazione ed attivazione di impianti di videosorveglianza ha l'unica finalità di tutelare la sicurezza del lavoro e dei lavoratori, il patrimonio aziendale e di supportare le forze dell'Ordine per la repressione di eventi criminosi le immagini di lavoratori acquisite indirettamente (a seguito ad esempio di controlli per atti criminosi o per necessità di tutela del patrimonio in caso di alluvioni o incendi) attraverso gli impianti di videosorveglianza (e non attraverso altri mezzi, ad esempio telefoni cellulari, per le quali il divieto di utilizzo è assoluto) sono utilizzabili, eccezionalmente, per fini disciplinari solo nel caso in cui il comportamento rilevato sia doloso. E’ stato quindi escluso che le immagini possano essere utilizzate per sanzionare comportamenti colposi, togliendo in questo modo un elemento di grande discrezionalità che avrebbe potuto snaturare le finalità della videosorveglianza. Dopo la firma dell’accordo sulla videosorveglianza si è passati ad un altro argomento altrettanto importante che riguarda la conciliazione dei tempi di lavoro coi tempi di vita, argomento che è stato anche oggetto di alcuni incontri “tecnici” tra una delegazione aziendale e sindacale (Commissione Pari Opportunità), propedeutici al fine di agevolare la condivisione e la firma di un accordo. Gli argomenti ai quali le Organizzazioni Sindacali e l’Azienda hanno voluto circoscrivere il tema “work life balance” sono: flessibilità orarie, banca del tempo solidale, welfare per i figli piccoli e servizi per supporto familiare, lavoro agile (hub working). Le OO.SS. si sono dichiarate disponibili a discuterne eventualmente anche entro la fine agosto, così da consentire ai lavoratori, nel caso in cui si riuscisse a raggiungere un accordo precursore su queste tematiche in Bperbanca, di utilizzare determinati strumenti il prima possibile ed all'azienda di usufruire di benefici contributivi. L’ultimo argomento in discussione è stato la sintesi dei dati e dei problemi emersi dai vari Comitati Territoriali di febbraio. Le rimostranze e le problematiche riferite dalle OO.SS. sono state tante, in ordine principalmente alle carenze di organico, allo stress da lavoro correlato in costante aumento ed alle difficoltà derivanti dai ritardi aziendali su alcune procedure informatiche. Le risposte dell'Azienda sono state francamente deludenti ed evasive, con un rinvio pressoché totale al piano industriale di prossima emanazione per quanto concerne la possibilità di ricercare soluzioni. Abbiamo richiesto di sottoscrivere un verbale che evidenzi in modo chiaro le posizioni sia sindacali che aziendali per cercare di rappresentare la diversità di opinioni e rendere poi partecipe tutto il personale delle dichiarazioni che verranno indicate. Segreterie di Coordinamento Sindacale Aziendale Bperbanca FABI - FIRST/CISL - FISAC/CGIL - UILCA - UNISIN Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER FIRMATO L'ACCORDO SULLE POLITICHE COMMERCIALI Dopo mesi di intenso confronto, giovedì 2 agosto abbiamo firmato l’Accordo relativo alle Politiche Commerciali e all’Organizzazione del Lavoro. In tal modo si potrà dare finalmente concreta attuazione anche nel Gruppo BPER alle previsioni dell'analogo Accordo Nazionale del 8/2/2017 che si propone di favorire politiche commerciali sostenibili, rispettose della dignità dei lavoratori e delle esigenze della clientela. In modo particolare l’accordo sancisce che le politiche commerciali del Gruppo BPER vogliono favorire rapporti con la clientela volti a creare relazioni durature, positive e costruttive, basate sulla fiducia e sulla capacità di rispondere alle esigenze della stessa con competenza, trasparenza ed efficienza, nel pieno rispetto delle norme vigenti e dei valori etici nella consapevolezza che la reputazione e la fiducia sono valori cui ispirarsi per riaffermare le centralità del settore bancario. Tenendo conto di questi elementi, gli obiettivi commerciali saranno assegnati tenendo conto di fattori di tempestività e trasparenza, definiti secondo criteri di oggettività e sostenibilità nel tempo, considerando le peculiarità dei mercati e delle aree di business. L’accordo assegna un ruolo centrale alla formazione impegnando le Aziende del Gruppo a informare e aggiornare tutto il personale sulla materia delle politiche commerciali sostenibili al fine di diffonderne e promuoverne la cultura e a divulgare i contenuti dell'accordo anche nei programmi formativi dei ruoli di responsabilità. Relativamente al “controllo dell’andamento”, più volte abbiamo segnalato e denunciato il malessere quotidiano di tanti colleghi per mail, telefonate, report, file excel da compilare a gogò, riunioni fuori orario: modalità, fra le altre, che ai vari livelli vengono utilizzate non tanto per verificare l’andamento, ma quanto, piuttosto, per esercitare vere e proprie pressioni. Proprio per questo abbiamo concordato che le riunioni di orientamento commerciale avvengano nel rispetto delle norme sulla prestazione lavorativa affrontando le tematiche inerenti il nostro lavoro e non addentrandoci nel campo psicologico che lasciamo volentieri agli esperti della materia, e che il monitoraggio avvenga con rilevazione dei dati commerciali effettuata, di norma, sulla base di strumenti approntati centralmente dall’azienda e utilizzati secondo procedure predefinite e supporti tecnologici che consentano la verifica dell’andamento delle iniziative commerciali, il riscontro degli obiettivi assegnati, la riduzione del rischio di errori e dell’eccessiva burocrazia. Solo in caso in cui tali strumenti informatici non siano ancora disponibili, e di cui il sindacato sarà informato, le modalità di rilevazione dovranno essere comunque standardizzate e tali, anch'esse, da evitare l'eccessiva frequenza, le inutili ripetizioni e l'eccessiva burocrazia. Ricordiamo che già in passato il responsabile della Pianificazione Commerciale dell’area Affari di Gruppo illustrando gli strumenti che l’azienda mette a disposizione per monitorare e pianificare l’attività commerciale della rete (Run4, Btrend, Passo commerciale, CRM e la loro evoluzione) li aveva definiti sufficienti ed esaustivi escludendo pertanto che siano state date altre indicazioni sulla modalità di monitoraggio. E’ stata quindi costituita la Commissione di Gruppo composta da rappresentanti della banca e del sindacato che avrà, fra i propri compiti, quello di raccogliere le segnalazioni da parte dei colleghi di eventuali comportamenti vessatori, stressanti e non rispettosi della dignità (cioè di quelli che rappresentino “indebite pressioni commerciali”) e di ricercare e porre in essere tutte le misure finalizzate a rimuovere tali comportamenti. E tutto ciò verrà attuato con modalità che assicurino la riservatezza dei segnalanti. La commissione avrà un ruolo non solo correttivo, ma anche propositivo e di indirizzo, e con il crescere dell’esperienza potrà contribuire a mettere sempre di più al centro il rapporto con il cliente e la dignità e professionalità dei colleghi. Sarà ovviamente necessaria l'attiva partecipazione e la collaborazione di tutti i colleghi che – utilizzando gli indirizzi e-mail istituiti con l'accordo (sia sindacali che congiunti fra banca e sindacato) – fornendo informazioni e notizie alla commissione, le permetteranno di esercitare il proprio ruolo con efficacia. Sarà ovviamente nostra cura comunicarvi gli indirizzi corretti e avvisarvi appena essi saranno operativi. Riteniamo che l'accordo rappresenti un indispensabile strumento per migliorare il clima aziendale e le condizioni di lavoro di TUTTI coloro che lavorano nel Gruppo BPER, rimuovere i comportamenti non corretti e valorizzare le buone pratiche. Per fare ciò sarà indispensabile da parte di TUTTO IL PERSONALE coinvolto nell’attività commerciale, in particolare in ruoli di responsabilità, la piena condivisione degli obiettivi più volte ribaditi: rispetto dei lavoratori e della clientela. Per gli altri argomenti affrontati nella sessione d’incontri della settimana scorsa (progetti Delayering, Bancassurance, migrazione CR Saluzzo e aggiornamenti su Mifid2) verrà predisposto un apposito comunicato. “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia.” Don Milani Modena, 3 agosto 2018 Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER IL DIALOGO SOCIALE Anche se il dialogo sociale è un diritto fondamentale sancito e promosso dagli standard internazionali, appare ancora come un "punto cieco" della responsabilità sociale delle imprese. Vigeo Eiris ha verificato come le imprese gestiscono questo tema, in termini di impegni/misure adottate, dialogo con i rappresentanti dei dipendenti, rapporti con gli organi di rappresentanza dei dipendenti, risorse assegnate ai progetti di dialogo sociale e capacità dei team di gestione di migliorare la qualità e la portata delle informazioni per le parti sociali e sviluppare la contrattazione collettiva. Ne emerge un quadro di mancanza globale di impegno su questo tema, come evidenziato dal punteggio medio complessivo di 25/100 raggiunto da 2.400 aziende in esame (nel periodo 2016-2017). I principali punti emersi dall'analisi: • Solo una piccola minoranza di aziende in tutto il mondo (4%) dimostra un impegno formale nel promuovere una partnership con i rappresentanti dei dipendenti; • al contrario, il 62% delle aziende non si assume alcun impegno per favorire il dialogo sociale, le società con sede in Europa hanno prestazioni migliori - rispetto agli altri mercati - su questo aspetto, con un punteggio medio di 38/100 (17/100 per le imprese in Nord America, 19/100 per l'Asia Pacifico e 26/100 per le aziende presenti nei mercati emergenti); • gli argomenti trattati più spesso nella contrattazione collettiva sono i salari dei dipendenti (il 72% delle società europee in Europa, il 41% di quelle Nordamericane, il 28% delle asiatiche, il 14% delle imprese localizzate nei mercati emergenti), le condizioni di salute e sicurezza (70% Europa, 39% Nord America, 25% Asia Pacifico, 14% mercati emergenti) e orario di lavoro (64% Europa, 36% Nord America, 23% Asia Pacifico, 9% mercati emergenti); • solo una minoranza di aziende ha rappresentanti dei dipendenti a livello di Consiglio di Amministrazione: si tratta del 5% delle aziende europee, con disparità tra i diversi paesi dell'unione. Fuori dall'Europa, questa pratica rimane marginale; • considerato il contesto in evoluzione per gli sviluppi tecnologici (digitalizzazione, intelligenza artificiale, nanotecnologie, ect....) vi è urgente necessità di introdurre l'impatto dell'innovazione tecnologica fra gli argomenti della contrattazione collettiva, come il cambiamento delle condizioni di lavoro imposto dall'automazione CESSIONE DELLE FERIE Il caso di Mathys Germain, il bimbo francese morto a causa di un tumore al fegato nel 2012, insegna quanto può essere importante un gesto di solidarietà, al di là di una legge, prima di una legge. Christophe, il papà di Mathys si era visto donare dai colleghi giorni di vacanze per assistere il piccolo, un atto meraviglioso che solo successivamente si è trasformato in legge: la legge 2014/459 (cosiddetta legge Mathys) grazie alla quale i colleghi di lavoro possono donare le proprie ferie per aiutare chi ha bisogno di tempo per curare figli minorenni gravemente malati. Con l’articolo 24 del Dlgs 151/2015 la cessione delle ferie è stata introdotta e regolamentata anche in Italia; la norma prevede che i lavoratori possano cedere, a titolo gratuito, le proprie ferie maturate ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, per consentire l’assistenza ai figli minori che necessitano di cure costanti per le particolari condizioni di salute. La norma non contrasta con il principio di irrinunciabilità delle ferie stesse e con quanto disposto dal decreto sull’orario di lavoro che prevede il diritto, per il dipendente, ad un periodo annuale di ferie retribuite di almeno 4 settimane, per reintegrare le energie psicofisiche e partecipare alla vita familiare e sociale. In parole semplici, è possibile cedere soltanto le cosiddette “ferie monetizzabili”, ossia quelle ulteriori rispetto al minimo annuale irrinunciabile di 4 settimane, oppure i riposi previsti dai contratti collettivi in aggiunta ai normali riposi giornalieri e settimanali. La cessione delle ferie è dunque gratuita ed ha una finalità solidale, perché volta a consentire l’assistenza di uno o più figli minori del lavoratore (non di altri suoi familiari) bisognosi di cure continuative (è dunque implicito che lo stato di malattia o la disabilità del minore debbano essere certificate), nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro. Ad oggi, purtroppo, sono ancora pochi i contratti collettivi che hanno regolamentato leferie solidali In assenza del contratto collettivo nazionale, diverse realtà hanno regolamentato le ferie solidali del proprio personale con accordi collettivi di secondo livello o con singoli accordi. Nel nostro settore alcuni istituti hanno dato applicazione a questo decreto, attraverso l’introduzione della Banca del tempo. Nella fattispecie Intesa San Paolo ed Unicredit declinano questo istituto con una serie di iniziative, tra le quali ora ci interessa porre l’accento sulla costruzione di un “contenitore” di permessi retribuiti a disposizione dei colleghi che, per gravi ed accertate situazioni personali e/o familiari, hanno bisogno di permessi aggiuntivi. Questo contenitore viene alimentato sia dall’azienda che dai colleghi che volontariamente vi aderiscono. Nel Gruppo Ubi sta iniziando solo adesso l’elaborazione di una una proposta su quest’argomento. Oggi il temine solidarietà sembra stia scomparendo dal nostro vocabolario; la realtà ci dimostra però che esistono molte persone disposte a donare il proprio tempo e le proprie energie a favore di chi ne ha bisogno. Queste buone prassi si stanno diffondendo anche nel nostro settore, non solo nell’ambito delle ferie solidali. Fonte: “Banconote” mensile del coordinamento donne Fisac Brescia ANTICIPO PENSIONISTICO APE: IL GIUDIZIO DELLA CGIL La CGIL, sentite le conclusioni condivise in sede di Dipartimento Organizzazione, con i Direttori territoriali del Patronato, ribadiscono il giudizio politico di forte critica, già a suo tempo chiaramente espresso in occasione del tavolo con il governo, nei confronti dello strumento dell’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (Ape volontario). Si tratta di una operazione di esclusivo carattere finanziario che nulla ha a che fare con uno strumento previdenziale e che per come è stato concepito, mentre sgrava completamente l’Inps e gli istituti finanziari ed assicurativi di ogni onere e di ogni responsabilità, espone i lavoratori, che chiedono di accedere anticipatamente al diritto alla pensione ed i patronati tenuti all’assistenza, a costi e responsabilità improprie. UNIPOL SALE IN BPER BANCA: COMPRA IL 5,2% E ARRIVA AL 15% Operazione da quasi 120 milioni. Il gruppo guidato da Cimbri non esclude di salire fino al del 19,9 per cento. MILANO – Unipol sale in Bper banca. Il gruppo assicurativo ha comunicato “la propria intenzione di acquistare un ammontare complessivo di n. 25.000.000 di azioni” dell’istituto modenese “pari a circa il 5,2% del capitale della Banca”. Unipol fa sapere di aver dato mandato a J.P. Morgan, Mediobanca ed Equita per acquisire il pacchetto azionario attraverso una procedura di reverse accelerated bookbuilding, mettendo sul tavolo 4,72 leuro per azione ovvero un premio del 6% circa rispetto al prezzo di chiusura dell’azione Bper di oggi. L’operazione è da avviare immediatamente e “Unipol si riserva di chiuderla in qualsiasi momento”. A conti fatti, dunque, si tratta di un investimento da quasi 120 milioni. Il gruppo guidato da Carlo Cimbri, che dispone dell’autorizzazione delle authority a salire sopra il 10% del capitale di Bper, detiene già il 9,87% della banca modenese ma non esclude la possibilità di un “ulteriore incremento” della partecipazione, fino al limite del 19,9 per cento. Nella nota si dettaglia che l’offerta sarà rivolta a soli investitori qualificati e investitori istituzionali esteri, e che raggiungere le 25 milioni di azioni Bper è “condizione vincolante ai fini del buon esito dell’Operazione; tuttavia, Unipol si riserva di accettare offerte per un numero complessivo di Azioni inferiore a quello sopra indicato”. “L’operazione”, si dettaglia ancora, “si inquadra nella strategia di Unipol, quale investitore istituzionale, finalizzata a contribuire ai piani di sviluppo nel medio-lungo periodo della Banca, con la quale è, peraltro, in essere una partnership industriale pluriennale nel comparto della bancassicurazione danni e vita. Nel corso dei prossimi sei mesi – anche in coerenza con le autorizzazioni in proposito ottenute – Unipol valuterà l’eventuale ulteriore incremento della propria partecipazione in Bper in una o più volte e comunque nei limiti della Partecipazione Massima Autorizzata (appunto il 19,9%, ndr), alla luce di quelli che saranno i piani e le prospettive di sviluppo della stessa Bper e le condizioni generali del mercato”. Fonte: www.repubblica.it BPER: PRIME ANTICIPAZIONI SUL PIANO INDUSTRIALE È ormai quasi pronto il nuovo piano industriale al 2021 della Bper Banca targata Unipol . Gli Advisor Boston Consulting Group e BlackRock avrebbero già messo a punto la bozza che, subito dopo la pausa estiva, passerà all’esame degli amministratori per i ritocchi finali. Un primo appuntamento per il consiglio di amministrazione è già fissato per giovedì 6 settembre, anche se l’approvazione finale dovrebbe arrivare nell’ultima settimana del mese, probabilmente giovedì 27. Salvo un piccolo slittamento che potrebbe spostare la presentazione della nuova strategia all’inizio di ottobre. Il piano è un passaggio molto atteso dal mercato e dagli azionisti, a partire da Unipol che oggi è primo socio di Bper con il 15,06% del capitale. Proprio per questo l’amministratore delegato Alessandro Vandelli e i suoi collaboratori starebbero dedicando grande attenzione alla stesura del documento, che è ormai in elaborazione da diversi mesi. I due fili conduttori della strategia saranno da un lato il miglioramento della qualità del credito che porterà il npl ratio sotto la quota del 10% e dall’altro lato il taglio dei costi che abbasserà il cost/income sotto il 60% con un’ulteriore riduzione del numero di filiali. Sul fronte del derisking Bper potrebbe mettere sul mercato nuovi portafogli di crediti deteriorati dopo le due cartolarizzazioni garantite (Gacs) lanciate nei mesi scorsi e non è escluso un nuovo ricorso alla garanzia pubblica. Per quanto riguarda le operazioni straordinarie, la banca dovrebbe annunciare l’acquisto del 49% delle azioni della controllata Banco di Sardegna oggi in mano alla fondazione omonima. L’operazione potrebbe avvenire attraverso uno swap che consentirebbe all’ente cagliaritano di ottenere azioni della capogruppo. I dettagli sarebbero ancora oggetto di confronto tra la banca e i vertici della fondazione, ma lo schema sembra ormai incardinato. Nel piano dovrebbe poi rientrare la fusione di Bper Services, la società consortile che la nuova disciplina europea sull’Iva suggerisce di integrare nella capogruppo come fatto da altre banche. Non sono invece previste cessioni di controllate e il perimetro del gruppo non subirà cambiamenti significativi. Semmai da qui alla presentazione del piano potrebbero emergere novità significative sulla partita Arca. Bper e la Popolare di Sondrio , già azionisti della holding che controlla la sgr milanese guidata da Ugo Loser, hanno infatti presentato all’advisor Vitale & Co un’offerta per aggiudicarsi le quote delle ex Bpvi e Veneto Banca (40% del capitale). Il processo coinvolge direttamente la liquidazione coatta amministrativa delle due banche venete che potrebbe esprimersi in tempi brevi sulla proposta. All’asta competitiva non dovrebbero partecipare altri soggetti e in ogni caso la clausola di gradimento prevista nello statuto di Arca e l’assenza di accordi distributivi di lungo termine potrebbero far pendere l’ago della bilancia dalla parte di Modena e Sondrio. C’è peraltro chi sostiene che un eventuale accordo sulla cessione avvicinerebbe ulteriormente i due istituti ponendo le premesse per una fusione. Il tema dell’aggregazione in ogni caso non sarà contemplato dal piano industriale che, al massimo, potrebbe contenere qualche linea programmatica. Come detto, la strategia sarà analizzata con estrema attenzione dal mercato e dagli attuali soci di Bper , a partire da Unipol . L’amministratore delegato Carlo Cimbri vedrebbe ad esempio con favore una radicale pulizia dell’attivo e in passato si è detto disponibile a partecipare a un eventuale aumento di capitale per riallineare i coefficienti patrimoniali. Si tratterà di capire quanto queste aspettative si ritroveranno nella versione definitiva del piano. Articolo di Luca Gualtieri pubblicato su Milano Finanza del 23/8/2018