In questo numero Lavoro da casa e misure di sostegno alla cura Lavoro da casa in funzione anti-contagio Lavoro da casa e cura Lavoro di cura retribuito Scarica il PDF Lavoro da casa e misure di sostegno alla cura Torna all'indice - A valle dell’esperienza inedita del confinamento, ci siamo trovate a riflettere in diverse occasioni su quanto è accaduto, su come abbiamo affrontato questo momento di grave difficoltà, che ha colpito in particolare il nostro Paese in modo improvviso e inaspettato e poi il mondo intero. Uno sguardo alla gestione dell’emergenza nel nostro settore è cruciale per capire quali misure dobbiamo mettere in campo, per evitare di cancellare con un colpo di spugna la strada fin qui percorsa verso la parità, che resta una meta ancora lontana da raggiungere. Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sul lavoro agile, una modalità organizzativa, che si è rilevata utile a contenere i rischi di contagio nel settore, garantendo nello stesso tempo l’offerta di servizi bancari, finanziari e assicurativi in tutto il Paese durante la fase acuta dell’emergenza. La valutazione di questa modalità lavorativa è molto complessa: bisogna coglierne opportunità e rischi. Certo è che non possiamo prescindere dall’esperienza intensa vissuta in questo periodo - in modo forzato e continuativo - che chiameremo lavoro da casa e che dobbiamo analizzare con cura, distinguendola dall’esperienza ordinaria prima e dopo la pandemia, normata dalla legge e dai contratti. Il lavoro da casa, effettuato durante l’emergenza a scuole chiuse, non può essere considerato uno strumento di conciliazione di lavoro professionale e lavoro di cura, perché non favorisce un migliore equilibrio tra queste due attività, ma le mescola e confonde. Altre sono le misure che vogliamo rivendicare per chi si occupa della cura dei propri familiari, che garantiscano salario ed equilibrio psicofisico alle persone che rappresentiamo. Lavoro da casa in funzione anti-contagio Torna all'indice - Fin dai primi giorni di marzo, acclarata l’emergenza sanitaria, la nostra organizzazione sindacale si è mossa unitariamente e a tutti i livelli per cercare di mettere in sicurezza lavoratrici e lavoratori, favorendo le adesioni al lavoro da casa e sollecitando le aziende a fornire a colleghe e colleghi i dispositivi adeguati. In pochi giorni, quasi tutta l’attività lavorativa si è spostata dalle direzioni centrali di banche e imprese assicurative alle case dei lavoratori e delle lavoratrici del settore. Soltanto alcuni di loro avevano già utilizzato volontariamente questa modalità lavorativa (seppure per uno o due giorni al massimo a settimana), mentre molti altri l’hanno sperimentata per la prima volta a seguito dell’emergenza. Nella rete commerciale, abbiamo invece registrato forti resistenze delle parti datoriali a considerare il lavoro da casa come la soluzione per mettere in sicurezza lavoratrici e lavoratori. La priorità era piuttosto di tenere aperte filiali bancarie e agenzie assicurative, in modo da garantire il servizio e gli affari. Soltanto con gradualità, e grazie a diversi interventi sindacali, si è riusciti a ridurre la presenza delle persone nella rete commerciale, predisponendo turnazioni tra colleghi e accessi contingentati su appuntamento per la clientela. Nelle prime giornate di lavoro da casa, colleghe e colleghi della rete bancaria hanno fruito soltanto della formazione a distanza, e via via hanno cominciato a svolgere le consuete attività di consulenza e commerciali. Nelle agenzie assicurative l’attivazione del lavoro da casa è stata molto difforme sui territori, nonostante molte compagnie, soprattutto quelle di maggior rilievo, si siano subito adoperate per rimuovere gli ostacoli legati ad abilitazioni e piattaforme. Nella rete commerciale il lavoro da casa è stato, quindi, autorizzato e organizzato con molte difficoltà e - nonostante l’esperienza vissuta - in molti casi resta ancora disconosciuto. Ci chiediamo quindi quanto queste difficoltà siano espressione di ostacoli oggettivi e quanto contino invece le resistenze culturali. Per rispondere a questo quesito e sfatare eventuali costrutti ideologici stratificati, sarebbe necessaria una riflessione approfondita e una rivisitazione dell’organizzazione del lavoro, che suscita le usuali resistenze aziendali a condividere con il sindacato scelte organizzative che le imprese sentono di propria esclusiva competenza. Nel momento in cui anche le firme sono divenute digitali, la smaterializzazione dei contratti è già in atto, ma al di là degli aspetti tecnici, per noi è interessante comprendere e lavorare per il superamento delle resistenze di tipo culturale e organizzativo, che hanno maggiori ricadute sulle condizioni sociali e professionali delle lavoratrici. Lavoro da casa e cura Torna all'indice - La graduale ripresa dell’attività produttiva dopo la fase di confinamento senza la contemporanea riapertura delle attività scolastiche, educative e di sostegno alla disabilità, ha comportato serie difficoltà per le famiglie e in particolare per le donne, impedendo loro di rientrare completamente e serenamente al lavoro. E questo fenomeno potrebbe riproporsi in autunno nel caso di riaperture scolastiche ritardate, parziali o discontinue, per effetto di un’eventuale ripresa dei contagi. A questo proposito, le Segretarie Generali Territoriali ci hanno manifestato la preoccupazione che le imprese del settore possano appellarsi ad una presunta incompatibilità della prestazione lavorativa di filiali bancarie e agenzie assicurative con il lavoro da casa, negando di fatto il lavoro svolto dalla rete commerciale nei mesi scorsi. La prima conseguenza diretta e contingente sarebbe di rendere inesigibile il diritto dei genitori di minori di 14 anni (e di chi assiste persone con disabilità) a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile fino alla fine dell’emergenza epidemiologica, così come prevede il cosiddetto Decreto Rilancio (DPCM n.34 del 19 maggio scorso). I pochi accordi sottoscritti finora nel settore, in realtà, non hanno affrontato con decisione la questione e si sono limitati a garantire un numero minimo di giorni di lavoro da casa (un giorno a settimana negli accordi sottoscritti in Intesa Sanpaolo e in Monte dei Paschi Siena), spingendo di fatto le lavoratrici madri a ricorrere ad altri strumenti più penalizzanti sul piano economico. Inoltre, pensare che le funzioni della rete commerciale siano incompatibili con il lavoro da casa – invece di ragionare delle misure organizzative necessarie a garantirlo e a renderlo efficace - tende a rafforzare il criterio della presenza fisica come metro per valutare la prestazione lavorativa. E la valutazione professionale che adotta criteri quantitativi come il tempo di presenza penalizza da sempre le lavoratrici, meno propense a svolgere prestazioni straordinarie e in buona parte impiegate a part-time. Al contrario, dovremmo favorire il passaggio a una valutazione per obiettivi qualitativi, più consona al lavoro agile correttamente inteso, per ridurre un fattore importante di discriminazione indiretta di genere. Un’altra ragione delle resistenze ad accettare il lavoro da casa per la rete commerciale potrebbe risiedere nel diverso impatto e nella differente efficacia delle pressioni commerciali a distanza - effettuate tramite telefono, mail e chat aziendali – rispetto a quelle effettuate in presenza. Nel perdurare o riproporsi dell’emergenza, le disposizioni normative sull’utilizzo del lavoro da casa, per contenere il contagio e anche per la vigilanza dei minori e dei disabili in caso di sospensione dei servizi scolastici e di cura, vanno rese esigibili. Occorre, quindi, costruire una base omogenea di partenza per le trattative aziendali, che riconosca esplicitamente la compatibilità del lavoro da casa con le mansioni tipiche dei nostri settori, in modo da evitare interpretazioni arbitrarie, restrittive o discrezionali da parte delle aziende. In vista del ritorno all’ordinarietà, andranno poi trattati e regolati tutti gli aspetti critici o ambigui del lavoro agile, anche alla luce dell’esperienza di questi mesi, rendendolo uno strumento di inclusione e non di esclusione o di discriminazione per le donne e costruendo la contrattazione di conseguenza. Per concludere questo ragionamento, evidenziamo quanto è emerso in modo chiaro nel nostro dibattito e cioè che il lavoro da casa, effettuato durante l’emergenza a scuole chiuse, non può essere considerato uno strumento di conciliazione di lavoro professionale e lavoro di cura, perché non favorisce un migliore equilibrio tra queste due attività, che finiscono al contrario per mescolarsi e confondersi, per la sovrapposizione di spazi e tempi di esecuzione. Spetta ai genitori - e di fatto alle lavoratrici che si occupano in prevalenza della cura - decidere se possono reggere questo doppio impegno, che comporta forti dosi di stress, o preferiscono optare per altre soluzioni, che rendano davvero conciliabile il lavoro retribuito con il lavoro di cura. Noi abbiamo il compito di suggerire misure contrattuali integrative per sostenere chi svolge attività di cura, promuovendo la condivisione tra i generi. Lavoro di cura retribuito Torna all'indice - Nel Decreto Rilancio del 19 maggio, oltre a favorire il lavoro agile, il Governo ha esteso a 30 giorni i congedi parentali Covid-19 retribuiti al 50% (in alternativa ai 1.200 euro di bonus per baby-sitter o centri estivi). Qui si può e deve aprire uno spazio di contrattazione, per evitare che l’utilizzo in prevalenza femminile di questi congedi acuisca il divario salariale di genere, che già registriamo alto nel nostro settore. Ricordiamo, a questo proposito, segnali di attenzione da parte di alcune imprese del settore (Allianz, Cattolica e Generali, ad esempio) che hanno concordato con il sindacato integrazioni salariali per i congedi parentali straordinari, fino ad arrivare a garantire in alcuni casi la retribuzione piena. Nel caso in cui le aziende non siano disponibili a sostenere da sole questi costi, chiediamo di valutare con attenzione la possibilità di utilizzare il ricorso ai Fondi di settore anche per le assenze determinate dalle responsabilità di cura. I protocolli sottoscritti da ABI e ANIA nel corso del mese di marzo hanno, infatti, consentito il ricorso alla prestazione ordinaria del Fondo di Solidarietà a sostegno del reddito dei lavoratori e delle lavoratrici, nel caso di riduzione o sospensione di attività riconducibili all’emergenza Covid-19. Andrebbe verificato se e come la cura dei minori, scaricata sulle famiglie per le carenze del sistema scolastico educativo, possa essere ricompresa nelle assenze da coprire a carico del Fondo, garantendo così ai genitori la retribuzione piena, eventualmente anche in concorso e in sinergia con il Fondo per l’Occupazione del Credito (FOC) a cui lavoratrici e lavoratori del comparto destinano parte della riduzione di orario/ex festività. Sappiamo che, al momento, quest’opportunità non è presente, ma vogliamo aprire su questo punto una riflessione non tanto tecnica quanto politica: dobbiamo uscire dall’esperienza della pandemia riconoscendo davvero il valore del lavoro di cura, non soltanto a parole, ma anche e soprattutto nei fatti. Questo significa che il lavoro di cura non può essere gratuito, perché ha un costo e un valore economico e sociale e quindi dobbiamo trovare le relative coperture. La retribuzione del lavoro di cura resta infatti un elemento cruciale per favorirne la condivisione tra i genitori e, più in generale, tra i generi, rendendo la scelta più libera, almeno dal punto di vista economico. Un’altra opzione per supportare le famiglie durante la pandemia, valutata con particolare attenzione in categoria, tanto da inserirla nel Protocollo con ABI, è l’istituto della Banca del Tempo, che però presenta dei limiti. Come per i Fondi bilaterali, si tratta di utilizzare un contributo solidale, che In questo caso presuppone un atto volontario di cessione di ferie o permessi a colleghe e colleghi sfavoriti rispetto a una presunta normalità. Purtroppo, la crisi che stiamo vivendo ha colpito tante persone, la normalità è stata stravolta per tutti, i bisogni da soddisfare sono tanti e, di conseguenza, risulta più difficile riconoscere e aiutare chi ha più bisogno. Per rafforzare la Banca del Tempo, va quindi previsto un impegno delle aziende a versare una quota di ore almeno pari a quella donata da lavoratrici e lavoratori. Inoltre, la sua fruizione non deve essere subordinata all’utilizzo preventivo dei congedi straordinari, perché questi comportano una significativa penalizzazione economica, che andrà a colpire in prevalenza le lavoratrici. L’opzione della Banca del Tempo, per soddisfare le esigenze di cura, deve possedere queste caratteristiche, altrimenti deve essere accompagnata da altre misure in grado di compensare i suoi attuali limiti. Concludiamo questa disamina con la speranza che le compagne riconoscano in queste nostre riflessioni e proposte un esito coerente del nostro fecondo dibattito e di conseguenza le vogliano promuovere, condividere e diffondere in tutta l’organizzazione, rafforzando così la nostra rete. Restiamo comunque come sempre disponibili al confronto - a modifiche e integrazioni - sul merito delle questioni e delle soluzioni proposte. Alle compagne che hanno ruoli negoziali va tutta la nostra stima, comprensione e solidarietà, perché siamo consapevoli che ogni accordo deve realizzare un intreccio tra diversi interessi e un equilibrio tra le esigenze di tutti i soggetti che rappresentiamo, per essere efficace ed esigibile nel contesto specifico. Il nostro compito era tracciare la direzione delle politiche di genere e questa abbiamo cercato di disegnare, sapendo che ogni crisi ha in sé una spinta al cambiamento e che, alla fine dell’emergenza, ogni occasione che non avremo colta sarà irrimediabilmente perduta. Come suggerisce Livia Turco, dobbiamo creare l’onda d’urto oggi, non domani; un’onda lunga, capace di andare oltre la contingenza, per provare a cambiare paradigma. Questa vuole essere la nostra onda d’urto e speriamo che si propaghi da un nodo all’altro della nostra rete, per arrivare a coinvolgere tutta la nostra organizzazione.