IL PRIMO NUMERO DI DICEMBRE 2018 Rimborsi spese: come procede la nuova procedura? Customer Satisfaction & pressioni commerciali Il disconoscimento della firma annulla gli investimenti Antiriciclaggio: S.O.S. e fatture false Lavoratrici in gravidanza: sicurezza e prevenzione Bonus bebè, nel 2019 aumento del 20% a partire dal secondo figlio Stop alle pressioni commerciali, la dignità dei lavoratori/trici viene prima Mobbing sul lavoro: sono lesioni colpose Torturati dalle riunioni: inutili, noiose, controproducenti Giuliano Calcagni nuovo segretario nazionale Fisac Cgil Calcagni: con pressioni commerciali risparmi a rischio Licenziamento per giusta causa se c’è insubordinazione Jobs act: la Consulta spiega perché ha bocciato l’indennità fissa di licenziamento Il piano che verrà Piano-piano, lemme- lemme arriverà il piano industriale Comitati Territoriali e organici: la buona volontà non può bastare all’infinito!!! Premio Aziendale (VAP): non piove... grandina!!! La triste storia dell’Ufficio Ricostruzione BPER Sindaco dell’Aquila interviene su chiusura Ufficio Ricostruzione Quota 100 e fondo sostegno al reddito: resterà tutto invariato? Il lavoro nobilita (solo) gli anziani BPER: resoconto al 30/9 e nuove anticipazioni sul piano industriale BPER muove su UNIPOL Banca RIMBORSI SPESE: COME PROCEDE LA NUOVA PROCEDURA? Bper ha cambiato la procedura "Ztravel" per i rimborsi spese, le trasferte, le missioni, ecc.. Tale cambiamento ha determinato due tipi di problemi. Il primo è quello di conoscere la nuova procedura. Su questo aspetto ci piacerebbe che la nostra azienda accompagnasse i cambiamenti di procedure a cui assistiamo con altrettanti momenti formativi/informativi. La nuova procedura non è esattamente una procedura intuitiva e un po' di stress potremmo evitarcelo se, per esempio, quando il ns/ cursore si posiziona su un campo si aprisse una finestra con un'indicazione, un supporto di quanto vada inserito. Il secondo problema è la lentezza, siamo certi di non aver guadagnato in velocità. Inserire un rimborso spese richiede un "invio" ad ogni pagina dopo averla compilata e le pagine sono tante...Qualche addetto ai lavori ci ha consigliato per velocizzare di far aggiornare il programma Google Chrome del computer utilizzato e chi lo ha fatto ha notato i benefici. Siamo evidentemente alle leggende metropolitane. Ma perché se occorrono degli aggiornamenti informatici l'azienda non lo fa d'iniziativa a tutti i computer in dotazione? Non lo comprendiamo. Si tratterebbe di rendere efficiente l'intero processo. Vi dicevo di due tipi di problemi, ma in realtà ne è emerso un terzo. A novembre in busta paga molti rimborsi di ottobre non sono stati pagati. Probabilmente si è intasato anche l'ufficio che li gestisce, non sappiamo se ci riusciranno a dicembre visto che dall'ufficio si consiglia di attivare, per quei rimborsi più corposi, un anticipo sul conto corrente delle somme da recuperare. Questi cambiamenti occorrerebbe che l'azienda li supportasse con adeguati incrementi di organico negli uffici coinvolti per quel tempo sufficiente a far andare a regime il nostro lavoro. In conclusione vi chiediamo di coinvolgerci in eventuali disguidi, problemi, ecc., in funzione di un veloce superamento del momento di sperimentazione. Anna Trovato CUSTOMER SATISFACTION & PRESSIONI COMMERCIALI Non si contano ormai nelle aziende bancarie le innumerevoli e inenarrabili modalità d’applicazione delle dottrine del Mobbing, del Bossing, del Bullismo istituzionale, …. e chi più ne ha ne metta. Una delle tante fattispecie degna di attenzione è afferente al settore della Customer Satisfaction; orbene si verifica di sovente che pseudo eminenze grigie datoriali gestori del personale in genere, siano soliti contestare a malcapitati colleghi tutta una serie di lamentele e/o inadempienze in vario modo fantasiosamente circostanziate fate da sedicenti clienti agli addetti alla Customer Satisfaction, clientela che però dovrebbe rimanere anonima agli addetti sotto torchio in applicazione di inesistenti alquanto incomprensibili politiche aziendali. Orbene posto che non ci consta sia stato abrogato l’art.24 della vigente Costituzione (Diritto alla Difesa) e che in Europa di cui l’Italia ancora fa parte esiste una normativa sulla Privacy, è lapalissiano quanto tale modus operandi sia da contestare e rigettare nella maniera più assoluta; ciò premesso l’indicazione che diamo ai colleghi che impattano con tali fattispecie è quella di rigettare contestazioni di specie anticipando ai sensi delle precitate normative una richiesta di accesso ai dati presenti nel proprio fascicolo personale con particolare riferimento alle irrituali non adeguatamente circostanziate contestazioni ascoltate ai sensi del disposto degli artt. 15-22 del regolamento UE utilizzando il modello che potete richiedere ai vostri rappresentanti sindacali, che trovate a questo link di questa pubblicazione. Per ulteriori approfondimenti consigliamo a chi d’interesse di dare una lettura ai contenuti del sito www.garanteprivacy.it Alfonso Ferrante IL DISCONOSCIMENTO DELLA FIRMA ANNULLA GLI INVESTIMENTI Il disconoscimento della firma da parte dell’investitore rende illegittime le operazioni condotte dalla banca in nome e per conto del cliente. Lo chiarisce la Cassazione con l’ordinanza n. 30104 del 21 novembre. La Corte ha precisato che il cliente ha tempestivamente disconosciuto presso gli sportelli del Monte Paschi non solo i singoli ordini di investimento ma anche lo stesso contratto a monte. ANTIRICICLAGGIO: S.O.S. E FATTURE FALSE Un terzo delle segnalazioni di operazioni sospette deriva da violazioni fiscali associate ad attività di auto-riciclaggio o funzionali a condotte più gravi commesse da organizzazioni criminose attraverso frodi fiscali, caratterizzate da flussi da o verso Paesi a rischio, o con sistemi di fatturazioni false. Alcune fattispecie segnalate, poi, riguardano la costituzione di società da parte di prestanome e con versamento fittizio del capitale nonché l’utilizzo irregolare di factoring. Questa analisi emerge dal terzo bollettino dell’Uif di Banca d’Italia, di recente pubblicazione, nell’esame delle casistiche di riciclaggio. Documento utile per chi deve adempiere agli obblighi di antiriciclaggio ed in particolare alle segnalazioni di operazioni sospette apprese nel corso dell’attività. La normativa non prevede, in modo concreto, quando far scattare la segnalazione, ma la impone quando il Soggetto obbligato sa/sospetta/ha motivi ragionevoli per sospettare che siano il corso /siano state compiute/tentate operazioni di riciclaggio, o che (in ogni caso) i fondi, prescindendo dalla loro entità, provengono da attività illecita. UIF: l’Unità di informazione finanziaria è l’autorità incaricata di acquisire i flussi finanziarie e le informazioni su ipotesi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo tramite le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti ed altri operatori. Di queste informazioni effettua l’analisi finanziaria e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli Organi investigativi e della collaborazione con l’Autorità giudiziaria. LAVORATRICI IN GRAVIDANZA: SICUREZZA E PREVENZIONE Le norme in materia ed in particolare il Dlgs 151/2001 prevedono una serie di rischi da valutare ed evitare alle lavoratrici in gravidanza e fino a sette mesi dopo il parto. Ti segnaliamo sinteticamente le casistiche: mobilità interna/esterna: uso delle scale solo per emergenze e malfunzionamento ascensori; tragitto casa-lavoro ridotto al minimo, anche con avvicinamento alla sede più vicina; eventuale adibizione temporanea ad altra mansione se quella ordinaria prevede frequenti spostamenti fuori sede, etc... strutture/ambienti di lavoro: posture adeguata alle necessità della lavoratrice, in piedi per massimo la metà del turno o di meno se necessario, incremento delle pause per alternanza posizione seduta/eretta, divieto di utilizzo scale portatili, di movimentazione manuale dei carichi, di apertura/chiusura mezzi forti, di esposizione al Radon, etc... lavoro in solitario: divieto di frequentazione di locali isolati (archivi, caveau, etc...) e di svolgimento del lavoro e/o di permanenza sul luogo di lavoro in solitudine, etc... rapina e aggressione: eventuale trasferimento in luogo di lavoro valutato a minor rischio, etc... stress: conseguente alle condizioni di lavoro fisiche o organizzative (rumore, carichi di lavoro, microclima, etc...) che possono generare situazioni di possibile nocività. Rimuovere le cause o individuare misure idonee. Le previsioni si attivano dal momento della comunicazione dello stato di gravidanza all'azienda. Nei casi in cui non sia possibile applicare misure idonee di prevenzione può essere disposta l'astensione obbligatoria al 6° mese di gestazione. Art.12 (151/2001) Qualora i risultati della valutazione .................... rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinché l'esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro. Nell'ambito della prevenzione ricorda che hai diritto: "Art. 6 (151/2001) con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternità, in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale..." Art. 14 (151/2001) ... a permessi retribuiti per l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l'orario di lavoro". BONUS BEBE', NEL 2019 AUMENTO DEL 20% A PARTIRE DAL SECONDO FIGLIO Ok alla proroga del bonus bebè anche per i figli nati o adottati nel 2019. Il Governo ha presentato ieri in Commissione Finanze del Senato un emendamento alla legge di conversione del decreto legge fiscale che dispone una nuova proroga del bonus bebè con riferimento ai bimbi nati o adottati tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2019 (in precedenza era previsto che la misura scadesse il 31 dicembre 2018). Invariate le modalità di concessione. Il contributo, erogato per il primo anno di vita del bambino o per le adozioni nel primo anno di ingresso del bimbo in famiglia, resta confermato a 960 euro l'anno (80 euro al mese) per le famiglie con Isee fino a 25 mila euro, con l'assegno che raddoppia in caso di Isee sotto i 7 mila euro. C'è tuttavia una novità: a partire dal secondo figlio (sempre nato o adottato nel 2019) il bonus viene incrementato del 20% passando pertanto, da 80 a 96 euro al mese (dovrebbe crescere da 160 a 192 euro se l'Isee è inferiore a 7mila euro). Resta pure confermata la spettanza del bonus solo per un anno dalla nascita o dall'adozione del minore (sino al 2017 l'erogazione temporale del bonus era più vantaggiosa perchè copriva i primi tre anni di vita del bimbo). Altre misure sul fronte natalità potrebbero arrivare con l'esame alla Camera della manovra. La Lega, in particolare, sostiene con un budget di 40 milioni di euro la proroga del congedo obbligatorio di 4 giorni per i padri (anch'esso previsto in scadenza quest'anno), l’istituzione del 'Fondo di sostegno per le crisi familiari' (10 milioni di euro all'anno), il raddoppio - da 400 a 800 euro - delle detrazioni fiscali per i figli con disabilità; la proroga del bonus baby sitting in alternativa al congedo parentale ed alcune misure sul fronte degli asili nido. C'è anche la proposta per le mamme di scegliere se accedere a un periodo di tre mesi di maternità retribuita al 60% oppure di sei mesi retribuita al 30%. Infine, il fondo politiche per la famiglia - potenziato a 300 milioni di euro per il 2019-2021 (e di 100 milioni per ogni anno successivo) - è stato indirizzato con un forte orientamento alla promozione del welfare aziendale. Fonte: www.pensionioggi.it STOP ALLE PRESSIONI COMMERCIALI, LA DIGNITA' DEI LAVORATORI/TRICI VIENE PRIMA Oggi, 12 novembre 2018, al fine di rimettere al centro la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici stoppando le pressioni commerciali, le Segreterie Generali di FABI – FIRST – FISAC – UILCA e UNISIN hanno scritto ad ABI per chiedere un incontro finalizzato alla completa e totale attuazione dell’ Accordo sulle politiche Commerciali a partire dall’istituzione della Commissione finalizzata a monitorare le politiche Aziendali al fine di realizzare senza incertezze gli obiettivi concordati tra le parti e previsti nell’accordo dell’8 febbraio 2017. I Segretari Generali LUNEDÌ 12 NOVEMBRE 2018 19.16.49 Banche: sindacati ad Abi, basta pressioni commerciali (ANSA) – ROMA, 12 NOV – “Stop alle pressioni commerciali, la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori viene prima”. Ad affermarlo sono Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin, in una lettera inviata oggi ad Abi. “Oggi, 12 novembre 2018, – scrivono i sindacati – al fine di rimettere al centro la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici stoppando le pressioni commerciali, le Segreterie Generali di Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin hanno scritto ad Abi per chiedere un incontro finalizzato alla completa e totale attuazione dell’Accordo sulle politiche Commerciali a partire dall’istituzione della Commissione finalizzata a monitorare le politiche Aziendali al fine di realizzare senza incertezze gli obiettivi concordati tra le parti e previsti nell’accordo dell’8 febbraio 2017”. MOBBING SUL LAVORO: SONO LESIONI COLPOSE La depressione provocata da comportamenti vessatori del datore di lavoro equivale alle lesioni colpose, nella misura in cui questi procurano dapprima una sindrome ansioso depressiva su base reattiva, indi il manifestarsi di un disturbo depressivo maggiore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione Penale – Sez. 4, 08 ottobre 2018, n. 44890 – nel giudicare il ricorso di un imprenditore della provincia di Pordenone, condannato in primo grado e poi in appello a Trieste per lesioni colpose. Quindi, il datore di lavoro che vessa il dipendente, tanto da indurre un disturbo depressivo rischia una condanna per lesioni personali colpose, reato che – a seconda della gravità – prevede una pena fino a due anni di carcere. Un reato prescritto, ai fini penali, ma per il quale il datore di lavoro pagherà in sede civile. A tale proposito, vale la pena ricordare che, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, nel reato di lesioni personali colpose (anche in ambito lavorativo) la prescrizione inizia a decorrere dal momento dell’evento, ovvero dal momento di insorgenza della malattia in fieri anche se non ancora stabilizzata o divenuta irreversibile o permanente. Secondo l’imputazione, il datore di lavoro ha provocato nel dipendente «una marcata patologia psichiatrica» con «una serie di comportamenti vessatori e persecutori, sia mediante espressioni ingiuriose», sia cambiandogli ripetutamente le mansioni, con «continue e ripetute contestazioni disciplinari, spesso a contenuto del tutto pretestuoso», dopo che il dipendente era rimasto in regime di malattia per alcuni periodi. Di qui, per il lavoratore, l’insorgere di “una sindrome ansioso/depressiva su base reattiva”, seguita da “un disturbo depressivo maggiore”. Patologie confermate dal centro di salute mentale di Trieste e da provvedimenti dell’Inail. Prima il tribunale di Pordenone, poi la Corte d’appello di Trieste, il 4 luglio 2017, avevano condannato l’imprenditore, senza la concessione delle attenuanti, disponendo anche una provvisionale. Con la sentenza in commento la quarta sezione penale ha respinto il ricorso del datore di lavoro decretando, però, la prescrizione del reato. La prescrizione, spiega la Corte, inizia a decorrere dal momento dell’insorgenza della malattia, per l’operaio di Pordenone nel 2008. Mentre i giudici di merito – osserva il collegio – l’avevano calcolata a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro, a fine 2011. La prescrizione però non ha eliminato gli effetti civili della, che dovranno essere fatti valere in tribunale. Inoltre la Suprema Corte ha posto l’accento sulla “riferibilità causale delle patologie psichiche, integranti sicuramente la nozione di “lesioni”, alle condizioni cui la persona offesa era stata sottoposta dal datore di lavoro, con condotte delle quali è stata data dimostrazione, anche per via documentale”. TORMENTATI DALLE RIUNIONI: INUTILI, NOIOSE, CONTROPRODUCENTI Prendete una classica riunione in ufficio di metà mattina: nella stragrande maggioranza dei casi, dopo appena cinque minuti, ci sarà qualcuno con lo sguardo rivolto allo schermo del cellulare. Non mancherà chi farà battute per aumentare l’empatia tra colleghi, o chi si impegnerà in un intervento di mezz’ora per legittimare il suo status o la sua qualifica e chi non farà altro che annuire di fronte al capo. «Siamo torturati dalle riunioni» ha scritto un po’ di tempo fa L’Economist. Perché il rischio della vita in ufficio è che le giornate si trasformino in affollate sequele di impegni e appuntamenti di lavoro. Riunioni appunto, che spesso però finiscono per rendere tutti meno produttivi e ammazzare la creatività. Come ha ammesso Fiorello parlando del suo impegno in radio e del suo lento allontanamento dalla tv: «La tv mi costa fatica — ha spiegato al Corriere — perché è un continuo uscire da una riunione per entrare in un’altra. Con i produttori, con gli autori, con gli scenografi, con le maestranze... L’ultima cosa a cui si pensa è lo spettacolo e io alla seconda riunione mi sono già stufato.» Jeff Bezos, il fondatore e amministratore delegato di Amazon, applica in azienda una regola di base: mai programmare un meeting in cui due pizze non siano sufficienti per sfamare l’intero gruppo di partecipanti. Il motivo è semplice: più alto è il numero dei partecipanti, più aumenta la probabilità di insuccesso. Steve Jobs ai tempi della Pixar, per capire cosa andava storto in azienda, organizzava gli incontri con i vari team facendo due precise domande: «Dimmi cosa non funziona». La persona rispondeva e Jobs chiedeva agli altri se erano d’accordo. Poi sceglieva un altro dipendente e chiedeva: «Dimmi cosa funziona». Secondo molti esperti, è il tempo la chiave del successo di qualsiasi riunione. Nel 1957, C.Northcote Parkinson, professore e leggendario esperto di management, ha elaborato una regola molto efficace: «più tempo a disposizione si avrà in riunione, più se ne sprecherà». Gran parte del problema sta nel fatto che spesso, sebbene i lavoratori detestino partecipare alle riunioni, sopportino ancora meno il fatto di esserne esclusi. «Nulla è così efficace nell’indurre paranoia e malessere di un meeting di lavoro a cui tu sei stato escluso» ha scritto l’Economist. Succede così che per evitare malcontento generale, i manager cerchino di invitare alle riunioni quante più persone possibili, con un rischio di insuccesso che può arrivare al 99,9%. È dimostrato infatti che più la riunione coinvolge piccoli team di persone, più è alta la probabilità di successo. Perché i partecipanti tenderanno a essere brevi, efficaci, e si aggiorneranno a turno sui progressi del loro lavoro senza perdere tempo. C’è poi la regola di HIPPO: nell’80% delle riunioni, tutte le decisioni prese sono in linea con quello che dice mr HIPPO. Ossia l’«highest-paid person’s opinion»: il manager. Colui che ha indetto la riunione, il capo o meglio quello che nel meeting è il più alto in grado e guadagna di più. E così meno della metà delle persone presenti si prenderà la briga di parlare perché sa già di sprecare solo fiato. E la metà del gruppo si impegnerà diversamente con lo smartphone. Secondo Maurice Schweitzer, professore di management alla Wharton School dell’Università di Pennsylvania, le riunioni sono destinate al successo quando la preparazione è già fatta prima ancora di iniziare. «Informare in anticipo le persone sull’agenda impedisce loro di essere colti alla sprovvista, le sorprese spesso portano a una reazione negativa ai piani. Purtroppo — ha aggiunto — è un impegno neanche così divertente e per questo il management raramente lo fa». Stabilire un obiettivo dovrebbe essere prioritario: bisogna spingere lo staff ad andare avanti su un progetto oppure solo aggiornare il team? Si vogliono capire i problemi dei dipendenti o conoscere le loro idee? Si vuole stimolare il lavoratore a condividere idee e soluzioni? Ma soprattutto, la domanda regina, quella da farsi più e più volte prima di mandare una convocazione è: ma questa riunione è davvero necessaria? Fonte: www.corriere.it GIULIANO CALCAGNI NUOVO SEGRETARIO NAZIONALE FISAC CGIL Giuliano Calcagni è il nuovo segretario generale della Fisac Cgil. È stato eletto nella tarda serata di giovedì 29 novembre, nel corso della giornata conclusiva del IX congresso della Federazione dei lavoratori del credito e delle assicurazioni che si è tenuto presso il Centro congressi Frentani di Roma. Prende il posto di Agostino Megale, giunto alla conclusione del mandato. Calcagni ha 59 anni, è nato a Roma il 16 febbraio 1959 ed è diplomato ragioniere. Si è iscritto nel 1980 alla Fisac della Banca commerciale italiana, dove ha lavorato come primo impiego presso il servizio estero, merci e crediti. Ha svolto da sempre attività sindacale, dapprima come Rsa Comit e poi (nel 1987) come segretario di coordinamento Comit. È stato segretario Fisac Lazio (2001-2006), segretario responsabile nel gruppo Intesa Sanpaolo (2002-2010), segretario organizzativo Fisac nazionale (2010-2018). Tra gli ideatori e fondatori della Cassa sanitaria nel gruppo IntesaSanpaolo, ha seguito i processi di fusione e riorganizzazione che hanno riguardato IntesaSanpaolo, Comit, Cariplo e Ambroveneto. CALCAGNI: CON PRESSIONI COMMERCIALI RISPARMI A RISCHIO E’ evidente che le pressioni commerciali determinano, se sono indebite, una qualità scadente del rapporto con il cliente. I lavoratori vengono spinti a collocare prodotti che qualche volta, per non dire sempre, rischiano di non tutelare il risparmio della nostra clientela’. Cosi’ il nuovo segretario generale della Fisac/Cgil, Giuliano Calcagni, commenta la vertenza in atto nel gruppo UniCredit in tema di pressioni commerciali, che ha portato i sindacati interni a proclamare una serie di scioperi a livello regionale e provinciale . "Se si continua su questo terreno penso che il sindacato nazionale debba chiamare alla mobilitazione tutta la categoria – ha aggiunto – UniCredit è la scintilla, ma è corretto e onesto dire che non si tratta solo di UniCredit, tutto il settore versa in questa condizione". Per questo il 12 dicembre si terra’ un incontro in Abi per verificare l’applicazione l’accordo firmato proprio 18 mesi fa in tema di pressioni commerciali. Calcagni e’ stato eletto ieri segretario generale dell’organizzazione, nel corso giornata conclusiva del nono congresso della Fisac. Lo scorso 8 febbraio 2017 è stato firmato a Roma l’ACCORDO NAZIONALE SU POLITICHE COMMERCIALI E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, un accordo che sarebbe dovuto servire ad affrontare un tema che negli ultimi anni, a più riprese, ha interessato il nostro settore ovvero quello delle Pressioni Commerciali. Purtroppo l’effetto dell’accordo nazionale del 2017 non è stato quello sperato, vi sono nel settore dei metodi commerciali che spingono a comportamenti “deviati” con pressioni continue e persino minacciose ai lavoratori. Per questo il nuovo Segretario Generale della Fisac‐Cgil, Giuliano Calcagni, in un colloquio con Radiocor ha ritenuto di commentare la vertenza in atto nel gruppo UniCredit in tema di pressioni commerciali, che ha portato i sindacati interni a proclamare una serie di scioperi a livello regionale e provinciali facendo un richiamo alla tutela del risparmio che è un primario interesse collettivo previsto anche nell’art. 47 della Costituzione. “È evidente che le pressioni commerciali determinano, se sono indebite, una qualità scadente del rapporto con il cliente. I lavoratori vengono spinti a collocare prodotti che qualche volta, per non dire sempre, rischiano di non tutelare il risparmio della nostra clientela”. In Unicredit continua la vertenza, nei giorni scorsi a Gorizia “tutte le agenzie sono rimaste chiuse”, precedute da analoghe manifestazioni nei giorni precedenti in Liguria e a Vicenza. “Se si continua su questo terreno penso che il sindacato nazionale debba chiamare alla mobilitazione tutta la categoria – ha aggiunto Giuliano Calcagni – UniCredit è la scintilla, ma è corretto e onesto dire che non si tratta solo di UniCredit, tutto il settore versa in questa condizione”. Per questo il 12 dicembre si terrà un incontro in Abi per verificare l’applicazione l’accordo firmato proprio 18 mesi fa in tema di pressioni commerciali. Purtroppo la realtà dei fatti evidenzia due aspetti: I dipendenti bancari non sono allineati con le indicazioni delle aziende e sentono e vivono in modo personale il sentimento di tutela del risparmio e le contraddizioni fra questo e le pressioni che arrivano dalle aziende, spesso anche facendosene carico con inaccettabili livelli di stress; Le Commissioni Paritetiche, costituite in seguito all’accordo nazionale, ad oggi non si sono rivelate lo strumento corretto in grado di produrre risultati e trovare soluzioni sostenibili e dovranno essere necessariamente riadattate alla situazione. LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA SE C'E' INSUBORDINAZIONE Per la Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 22382 del 13 settembre 2018, l’insubordinazione può integrare una giusta causa di licenziamento. L’insubordinazione nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l’esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro dell’organizzazione aziendale. Inoltre, può risultare da una somma di diversi comportamenti e non necessariamente da un singolo episodio ed il comportamento reiteratamente inadempiente posto in essere dal lavoratore, come l’abbandono per un’ora e mezzo del posto di lavoro, l’uscita dal lavoro in anticipo e la mancata osservanza delle disposizioni datoriali e delle prerogative gerarchiche, un costante e generale atteggiamento di sfida e di disprezzo nei confronti dei vari superiori gerarchici e della disciplina aziendale tale da far venir meno il permanere dell’indispensabile elemento fiduciario. JOBS ACT, LA CONSULTA SPIEGA PERCHÉ HA BOCCIATO L’INDENNITÀ FISSA DI LICENZIAMENTO di Alberto Piccinini * Con sentenza depositata l’8 novembre 2018 n. 194, la Corte costituzionale si è pronunciata sul “contratto a tutele crescenti” di cui al Dlgs. n. 23/2015 – prima e fondamentale creazione del Jobs Act finalizzata a regolamentare i licenziamenti degli assunti con contratto a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015 – destrutturandolo nel suo nucleo essenziale. Esso sostanzialmente consisteva nel prevedere, in caso di licenziamento illegittimo da parte di un datore di lavoro con più di 15 dipendenti, come regola generale (tranne poche eccezioni, sostanzialmente riconducibili al licenziamento discriminatorio o nullo per altri casi previsti dalla legge) un’indennità fissa: due mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di quattro mensilità e un massimo di 24 mensilità (divenuti minimo di sei e massimo di 36 mensilità dopo il decreto dignità, convertito in legge n. 96/2018). Tale automatismo aveva lo scopo di rassicurare i datori di lavoro sulla conoscibilità del “costo” di un licenziamento, programmabile quindi senza timore di una sua dichiarata illegittimità, andando così incontro a quelle esigenze di “flessibilità in uscita” che dovrebbero indurre gli imprenditori ad assumere (come qualcuno ha osservato, è come ritenere che per incentivare i matrimoni potrebbe essere utile depenalizzare l’uxoricidio). La Corte ha ritenuto questo criterio rigido, legato alla sola anzianità di servizio, contrario al principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., che vieta di applicare (automaticamente) rimedi identici a situazioni diverse, e al principio di ragionevolezza, dovendo l’indennità “costituire un adeguato ristoro” del danno concretamente subito dal lavoratore “e un’adeguata dissuasione del datore di lavoro dal licenziare illegittimamente” (e a tale proposito viene anche richiamata la Carta Sociale Europea, che prevede che un lavoratore licenziato senza un valido motivo abbia diritto a “un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione”). Secondo i giudici della Consulta, il danno provocato da un licenziamento ingiustificato “dipende da una pluralità di fattori” e quindi il giudice dovrà tenere conto, nel condannare il datore di lavoro all’indennizzo, non solo dell’anzianità di servizio, ma anche di altri criteri individuati dalla “disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti) nel rispetto dei limiti, minimo e massimo”. La Corte costituzionale argomenta ampiamente la sua decisione richiamando “il particolare valore che la Costituzione attribuisce al lavoro” e ricordando che il “diritto al lavoro” (art. 4, primo comma, Cost.) e la “tutela” del lavoro “in tutte le sue forme e applicazioni” (art. 35, primo comma, Cost.) comportano la garanzia dell’esercizio nei luoghi di lavoro di altri diritti fondamentali costituzionalmente garantiti e concludendo per l’incostituzionalità del decreto legislativo n. 23 del 2015, nella parte in cui determina l’indennizzo rigido (e modesto, specie per i lavoratori con poca anzianità di servizio) di cui si è parlato. Esso infatti “non realizza un equilibrato componimento degli interessi in gioco: la libertà di organizzazione dell’impresa da un lato e la tutela del lavoratore ingiustamente licenziato dall’altro”. Il riferimento al limite minimo e massimo dell’indennità induce a una prima considerazione. L’aumento del massimo da 24 a 36 mensilità da parte della legge n. 96 del 2018 era destinato a trovare applicazione, per la prima volta, per un lavoratore assunto dopo il 2015 con 18 anni di anzianità, solo nel 2033. Dopo la pronuncia della Corte il giudice, in teoria, in caso di licenziamento illegittimo potrebbe già oggi riconoscere un simile indennizzo applicando i parametri sopra citati. Ciò comporta che, paradossalmente, un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2018 – al quale si applica ancora la legge Fornero – ha sì più possibilità di ottenere, in caso di accertamento della mancanza di un giustificato motivo oggettivo (per ragioni tecniche e organizzative) o soggettivo (disciplinare), un ordine di reintegrazione ai sensi dell’art. 18 Statuto dei Lavoratori. Se però il giudice ritenesse non applicabile la reintegra ma solo il diritto a un indennizzo, i parametri entro i quali potrebbe operare sono più alti nel minimo (12 mensilità anziché sei) ma più bassi nel massimo (24 mensilità anziché 36). A mio avviso l’equilibrio raggiunto, basato comunque su una tutela solo monetaria, non soddisfa fino in fondo la finalità di garantire il diritto al lavoro a chi l’ha perduto in forza di un atto illegittimo. Pertanto confiderei che il legislatore, ove sentisse l’esigenza di un’armonizzazione del sistema, ripristinasse l’articolo 18 anche per gli assunti dopo il 7 marzo 2015. A ogni buon conto, lo scenario che si presenta oggi per un’impresa che ha necessità di incrementare il lavoro è il seguente: il ricorso al contratto a tempo determinato trova nuovi e significativi limiti (estensibili, in parte, al lavoro somministrato) nella legge n. 96 del 2018, che nello stesso tempo ha previsto importanti benefici previdenziali per gli anni 2019 e 2020 ai neo-assunti con meno di 35 anni con contratto a tempo indeterminato “a tutele (ex) crescenti” ai sensi del Dlgs. n. 23/2015. Il ricorso a questo tipo di assunzioni è quindi fortemente incentivato, come lo è stato nel 2015 e in parte nel 2016, mentre – contrariamente ad allora – non viene incentivato anche il contratto a termine. I datori di lavoro dovranno quindi effettuare una nuova valutazione dei costi e benefici. Auspico che un’imprenditoria seria – le cui principali preoccupazioni non dovrebbero essere unicamente quelle di confidare sui “licenziamenti facili” – non si faccia intimorire dalla possibilità che un giudice possa effettuare un controllo più pregnante sulle sue decisioni di interrompere un rapporto di lavoro, ma anzi accetti di rendere in tal modo, conseguentemente, le proprie scelte più meditate e responsabili. * Sono avvocato giuslavorista a Bologna, dalla parte dei lavoratori. Ho scritto articoli e saggi in materia di diritto del lavoro oltre a alcune opere di narrativa (www.albertopiccinini.it); sono Presidente di Comma2, lavoro è dignità. Fonte: www.ilfattoquotidiano.it IL PIANO CHE VERRA' Abbiamo ascoltato con molta attenzione le parole dette dall'Amministratore delegato in occasione della presentazione dei risultati di bilancio a settembre 2018 fatta al sindacato alcuni giorni fa. Riferendosi al futuro piano, l'AD ha parlato “di coniugare la lettura del cambiamento e le azioni da perseguire, di dislocare le lavorazioni dove ci sono le persone, di utilizzare in maniera “sapiente” le consulenze, di assumere giovani anche con specializzazioni per nuovi servizi, di massima attenzione alla clientela, assicurando ampio spazio alla sostenibilità sociale”. Parole impegnative su cui basare solide prospettive se, alle stesse, seguissero i fatti. Troppo spesso infatti nel passato, nel Gruppo e nel settore, le parole “Piano industriale” si sono tradotte in “lacrime e sangue” con chiusure di filiali, abbandono dei territori, riorganizzazioni con unica finalità l’ossessiva ricerca del massimo profitto nel minore tempo possibile tramite il contenimento dei costi, in particolare quelli del personale. Dal futuro piano, noi, le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo BPER, ci attendiamo un'attenzione VERA ai territori, alle tante Italie che hanno tempi, modalità, sviluppi e necessità, anche di servizi finanziari, differenti. Ci attendiamo di poter lavorare con più serenità e non in continua emergenza. Ci attendiamo un reale convolgimento nelle scelte aziendali, senza limitarsi a ricevere dall’alto ordini e obiettivi sempre più irraggiungibili. Ci attendiamo che finalmente si facciano i necessari investimenti in tecnologia e innovazione, studiati per offrire servizi sempre più adeguati alla clientela e per favorire e accompagnare la crescita professionale delle colleghe e dei colleghi, superando un modello di organizzazione del lavoro che oggi pare più “contro” che “al servizio” dei lavoratori. Ci attendiamo un'attenzione reale, e non solo raccontata, alla conciliazione fra tempo di lavoro e vita privata. Ci attendiamo che vengano valorizzate le tante professionalità presenti (nelle banche, nelle tante società prodotto, in Bperservices e in BPER Credit Management) e che le attività rimangano all'interno del Gruppo. Ci attendiamo nuovi colleghi che vengano “a darci una mano”, a partite dalla stabilizzazione dei troppi precari ancora presenti, e che portino nuova linfa nelle filiali e negli uffici permettendo a coloro che intravvedono il traguardo della tanta agognata pensione di poterla raggiungere senza che i carichi di lavoro opprimano chi rimane. Ci attendiamo una formazione adeguata, e non solo formale, alle continue sfide del mercato. Ci attendiamo di condividere valori più che slogan. In un contesto finanziario, economico e sociale non semplice, il percorso che il Gruppo BPER ha davanti sarà certamente intenso. Noi, le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo BPER, sapremo accettare meglio le “sfide del cambiamento” se finalizzate a una migliore qualità del lavoro, della vita aziendale e di quella di tutti noi. Pertanto, in attesa del nuovo piano e dovendoci rassegnare a un ulteriore periodo di “navigazione a vista”, senza una visione complessiva e una chiara e precisa pianificazione, ci attendiamo che almeno si esca dalle nebbie di progetti indefiniti e incerti. Come abbiamo detto, e come l’Amministratore delegato ha CONDIVISO, il buon andamento della situazione economica e patrimoniale del gruppo è senza dubbio dovuta all’impegno quotidiano di tutte le colleghe e i colleghi. Ci attendiamo perciò, oltre agli apprezzamenti, il giusto riconoscimento economico che consideri il contributo di tutti: non solo per azionisti e management, ma anche per le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo, a partire dalla trattativa sui premi aziendali che dovrà essere svolta nelle aziende entro fine anno. Segreteria di Coordinamento Sindacale FISAC/CGIL del Gruppo BPER Modena, 21 novembre 2018 SEGRETERIE DI COORDINAMENTO GRUPPO BPER PIANO-PIANO, LEMME- LEMME ARRIVERA’ IL PIANO INDUSTRIALE In data 09 novembre u.s. si è tenuto a Modena l’incontro con l’Amministratore Delegato dott. Vandelli per l’illustrazione dei dati del Gruppo della trimestrale al 30.09.2018. L’utile al 30.09.2018 ammonta a € 358,1 milioni, di cui € 50 milioni di euro maturati nel 3^ trim. al netto della contribuzione per le banche in crisi di € 23 milioni. La vendita dei titoli di stato, avvenuta nel 1^ Trim. 2018, la crescita del 6% delle commissioni, i contenuti accantonamenti sui crediti, grazie alle operazioni di cessioni delle sofferenze, sono gli elementi significativi che hanno contribuito al raggiungimento di questi rilevanti risultati. Inoltre, la guerra alle sofferenze e al credito deteriorato, la ricomposizione del portafoglio, la riduzione dei titoli di stato e la relativa riclassificazione hanno permesso al Gruppo, in un periodo di fragilità del sistema, di incrementare ulteriormente la solidità patrimoniale consolidando la posizione del Gruppo BPER . L’ A.D. ha dichiarato che questi risultati, in un contesto normale non viziato dalla volatilità del mercato e dello spread, avrebbero avuto nei mercati ben altra rilevanza. Le OO.SS., nel prendere atto dell’ottima salute goduta dal Gruppo, hanno auspicato che gli eccellenti risultati di bilancio raggiunti producano un impatto positivo sulla vita professionale dei lavoratori determinandone in questo modo il giusto riconoscimento. Hanno, inoltre, colto l’occasione per rappresentare all’A.D. il grande senso di disagio e preoccupazione vissuto da tutti i dipendenti del gruppo. Disagio legato ai ripetuti rinvii della presentazione del PI, alle notizie di stampa che si rincorrono e riferiscono di importanti operazioni di fusioni, acquisizioni, eccetera., e che generano un senso di indeterminatezza sul loro futuro. Infatti, non risulta chiaro se: il Gruppo Bper, nel breve e medio termine, ricoprirà un ruolo di legal entity aggregante o aggregata; il Gruppo, stante l’attesa razionalizzazione prevista della macchina operativa, manterrà le lavorazioni ed i relativi livelli occupazionali nei Poli diffusi sui territori; il ricambio generazionale avrà, attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti contrattuali, un ruolo centrale, anche nell’ottica di una riduzione dell’età media degli addetti, tema sempre più di frequente evidenziato nelle interlocuzioni con l’Azienda; la riduzione delle le ingenti spese di consulenza, evidenziate dai Bilanci, sia uno dei temi all’attenzione per la stesura del Piano Industriale. Le Segreterie di Coordinamento di Gruppo hanno inoltre espresso preoccupazione per la recente mancata internalizzazione di una lavorazione che di fatto non ha colto un’opportunità e stride con le ripetute dichiarazioni della Banca sull’attenzione al tema. Le OO.SS. inoltre hanno evidenziato la necessità, anche alla luce degli ottimi risultati conseguiti nella trimestrale, di un cambio di impostazione rispetto al precedente Piano in merito al tema degli sportelli, in modo tale da garantire maggiore attenzione alla clientela ed ai territori più disagiati e deboli, che in passato sono stati pesantemente ridimensionati e oggi sono in grande sofferenza. Le OO.SS. hanno quindi richiesto che il prossimo Piano Industriale abbia una particolare attenzione alla responsabilità sociale più volte enunciata dal Gruppo BPER. L’A.D. in merito alla tempistica della presentazione del Piano Industriale ha evidenziato la necessità di avere un contesto esterno ben definito e l’auspicio che la valutazione del Piano Industriale presentato dal Gruppo BPER non sia viziata dal giudizio che i mercati hanno del Paese. Il DEF in discussione contiene misure che hanno un impatto diretto sulle previsioni economiche delle Banche. La rivisitazione delle detrazioni fiscali, le misure previdenziali, nonché le attuali turbolenze dei mercati, potrebbero variare sensibilmente le linee programmatiche da presentare agli stakeholders. L’Amministratore Delegato ha dichiarato che ovviamente non si può rinviare sine die la presentazione del Piano, pertanto, verrà approvato e presentato nel prossimo trimestre, probabilmente contemporaneamente alla presentazione dei dati del Bilancio 2018. Per quanto riguarda il ruolo e le dimensioni del Gruppo, l’A.D. ha ribadito che è necessario crescere per via interna ed esterna. Per quest’ultima ha confermato la necessità che ci siano i presupposti di un miglioramento degli attivi e della solidità patrimoniale nonché l’utilità per la banca e per i soci. Per il futuro del Gruppo è improcrastinabile coniugare la lettura del cambiamento e le azioni da perseguire. Chiudere filiali non è il massimo però le transazioni sono diminuite, inoltre il sistema bancario in tema di riduzione del numero di filiali ha operato una maggiore percentuale di chiusure rispetto al ns. Gruppo, pertanto anche il Piano farà un ragionamento sulla razionalizzazione degli sportelli. Sul tema delle lavorazioni e della presenza nei territori l’A.D. ha dichiarato di essere in linea con le aspettative sindacali, confermando che le lavorazioni verranno dislocate dove ci sono le persone. Sull’argomento delle internalizzazioni, ha fatto espresso riferimento alla macchina operativa di Bperservices, la quale, stante le variazioni in merito alla fiscalità infragruppo, verrà internalizzata. Ha garantito massima attenzione alla clientela, assicurando ampio spazio alla sostenibilità sociale. Per quanto riguarda il Personale, l’Amministratore delegato ha riconosciuto che il Piano non può prevedere solo uscite, indubbiamente c’è una evidenza di età media elevata nel Gruppo Bper, che rende necessaria l’assunzione di persone giovani e brillanti con specializzazioni, utili a dare nuovi servizi e consulenze alle imprese con particolare attenzione verso le PMI. Sulle spese di consulenza ha affermato che complessivamente il Gruppo BPER sta nella media di sistema. L’utilizzo, in maniera sapiente, si è reso necessario in alcuni settori per la rapidità di cambiamento che con risorse interne non siamo stati in grado di seguire tempestivamente. Le OO.SS. nel prendere atto delle dichiarazioni dell’A.D. auspicano che vengano rispettati i tempi di presentazione prospettati, anche perché abbiamo l’esigenza di conoscere un progetto complessivo che dia chiarezza sulle linee gestionali ed economiche che inevitabilmente impattano sui lavoratori. Le risposte ottenute sono oggetto di una puntuale riflessione da parte del Tavolo sindacale che vi sarà trasmessa in apposito comunicato durante la prossima settimana. Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER FABI - FIRST/CISL - FISAC/CGIL - UILCA – UNISIN Modena, 16.11.2018 Modena, 22 novembre 2018 COMITATI TERRITORIALI E ORGANICI: LA BUONA VOLONTA' NON PUO' BASTARE ALL'INFINITO!!! Mentre attendiamo l’uscita del Piano Industriale, che sembra rinviata a febbraio 2019 e che comunque a nostro avviso non sarà la panacea di tutti i mali, proviamo a fare il consuntivo sulle riunioni dei Comitati territoriali incentrate maggiormente sul dimensionamento degli organici anche in relazione ai carichi di lavoro. Nell’incontro riepilogativo l’Azienda ha illustrato un prospetto sulla situazione del personale da cui emergerebbe addirittura un’eccedenze di 47 risorse. Peccato che per arrivare a questo risultato, si contino le teste e non gli FTE (full time equivalent) e vengano considerati anche 188 somministrati che, al momento, non fanno parte dell’organico e per i quali non smetteremo mai di chiedere la stabilizzazione. Nel corso del dibattito con l’azienda sono state ribadite le criticità emerse nelle singole riunioni territoriali, in particolare la carenza di organici che in alcune Direzioni Territoriali diventa addirittura drammatica, i carichi di lavoro sempre più impegnativi, le pressioni commerciali sempre più insistenti, le procedure informatiche gravemente inadeguate, la carenza di formazione/addestramento/affiancamento che espone spesso a rischi operativi e limita la capacità di interagire con una clientela sempre più competente e agguerrita nei confronti degli operatori bancari. La situazione che abbiamo rappresentato ai vertici aziendali genera una sempre maggiore sofferenza nella rete e negli uffici di centro e semicentro con ripercussioni sullo stato di salute dei colleghi; senza dimenticare che queste criticità vanno a discapito della qualità del servizio offerto alla clientela che sempre più spesso manifesta nei confronti dei colleghi allo sportello o all’operatore del contact center di turno, insoddisfazione ed insofferenza. Oggi, di fronte a tutto ciò, non è più tollerabile ascoltare dichiarazioni riduttive, che riconducono le difficoltà nell'ambito di casi sporadici. La soluzione non è continuare a sfruttare il senso di appartenenza, la responsabilità e la buona volontà dei lavoratori evocando esuberi. Riteniamo non più sopportabile per tanti colleghi lavorare sempre in emergenza, questo porta inevitabilmente a commettere errori ed a subire le conseguenti contestazioni disciplinari, in continuo e preoccupante aumento. Prima di tutto chiediamo ai lavoratori di segnalare comportamenti anomali e anche pressioni commerciali, lesive della propria dignità di lavoratori, utilizzando quanto ottenuto e previsto con la recente sottoscrizione dell’accordo sulle politiche commerciali, ossia tramite la casella di posta elettronica della propria organizzazione sindacale e nel rispetto dell’anonimato. Inoltre è indispensabile abbandonare consuetudini che non possono essere la regola, quindi: BASTA lavorare senza segnare le ore di straordinario, BASTA seguire i corsi di formazione on line fuori dall’orario di lavoro o facendo scorrere distrattamente le schermate mentre si tratta con un cliente, BASTA aprire le agenzie con un solo addetto, perché non ci sono sostituzioni, BASTA partecipare a riunioni, sovente non retribuite, indette al di fuori dell’orario di lavoro, in pausa pranzo o addirittura di sabato e spesso a distanze notevoli dai luoghi di residenza. Invitiamo i Colleghi a segnalarci qualsiasi prassi irregolare. BASTA insomma farci del male! Dobbiamo pensare che finché continueremo a tamponare con i nostri sacrifici carenze organizzative e di personale, l’Azienda non si preoccuperà mai di porvi rimedio. Cambiamo passo noi per primi e l’azienda si dovrà adeguare, anche perché i lusinghieri risultati di bilancio sono merito di tutti i lavoratori! COORDINAMENTI SINDACALI AZIENDALI BPER Banca FABI – FIRST/CISL - FISAC/CGIL - SINFUB – UILCA – UNISIN Modena, 29 novembre 2018 PREMIO AZIENDALE (VAP): NON PIOVE…GRANDINA!!! Venerdì si è conclusa una due giorni di trattativa, avente tra gli argomenti anche il premio aziendale (VAP). Dopo le congratulazioni a tutto il Personale dell’Amministratore Delegato, gli articoli di stampa, il trionfalismo sui dati di bilancio al 30/09/2018, i migliori degli ultimi 150 anni (quindi da sempre), L’AZIENDA CI HA PROPOSTO UNA CIFRA INFERIORE A QUELLA PERCEPITA NEL 2018 SUI RISULTATI 2017!!! Non intendiamo soffermarci sulle cifre o sulle motivazioni ricevute da BPER a supporto di una proposta che riteniamo IMPRESENTABILE. Quest’anno se non si arriva ad un accordo entro il 31/12/2018, i benefici fiscali ed il welfare non potranno essere applicati, vale a dire che dal 1/1/2019 in poi il VAP potrà essere percepito soltanto in Denaro, soggettato a tassazione piena e NON potrà essere destinato a Piano Welfare. La proposta Aziendale appare inoltre inaccettabile già semplicemente rapportando la cifra proposta dall’Azienda al risultato di bilancio. Se poi si considera l'impegno quotidiano dei colleghi che sopperisce ad una organizzazione approssimativa; un sistema informatico in gravissimo ritardo rispetto ai principali concorrenti; pesanti carenze di organico che per l'Azienda si trasformano, misteriosamente, in eccedenze in Rete e carenze in Direzione (vedi ns volantini sui Comitati Territoriali); la proposta non appare solo semplicemente inaccettabile, ma non rispettosa del lavoro straordinario del Personale, cosa che fa crescere oltremodo il nostro disappunto. I risultati, quelli veri, di lungo periodo, quelli che restano e consolidano la struttura di un istituto nel tempo, li portano i colleghi e non le alchimie contabili! Stiamo toccando con mano la morte delle logiche cooperativistiche e solidaristiche che hanno contraddistinto il nostro passato in favore di quelle votate al mero profitto delle SpA. Delle aspettative dei lavoratori poco importa, della loro vita lavorativa poco o niente, i fondamentali dell’azienda virano verso un obiettivo centrale: LA REMUNERAZIONE DEGLI AZIONISTI! L’azienda ancora confida nella buona volontà dei dipendenti ma si dimostra sorda alle loro legittime attese. Il Personale diventa un numero, un algoritmo, solo un costo per un’azienda che chiede fiducia e pazienza davanti ad ogni problema, e tutto ciò sempre in nome dei bei vecchi tempi, quando eravamo società Cooperativa! Neanche ci sfugge la delicatezza della fase in corso! Se la trattativa, alla quale con ostinazione dedichiamo le nostre energie (prossimo appuntamento il 13 dicembre), non dovesse portare a risultati soddisfacenti e se l’azienda non cambierà la propria impostazione, nella prossima tornata di incontri valuteremo con attenzione tutti gli elementi sin qui emersi per stabilire come muoverci. Consapevoli del fatto che, se saremo costretti ad indire una MOBILITAZIONE DEI LAVORATORI, questa non avverrà esclusivamente per un obiettivo economico, ma anche per la rivendicazione di un ruolo centrale del Personale nella vita aziendale, sia per le condizioni di lavoro, sia per un giusto riconoscimento monetario. Di sicuro il forte inasprimento delle relazioni sindacali non gioverà in chiave futura alla conduzione delle trattative che ci saranno il prossimo anno. Vi terremo aggiornati sul prosieguo della trattativa. COORDINAMENTI SINDACALI AZIENDALI BPER BANCA FABI – FIRST/CISL - FISAC/CGIL – UILCA – UNISIN LA TRISTE STORIA DELL'UFFICIO RICOSTRUZIONE BPER La fine è nota: da oggi l’Ufficio Ricostruzione post sisma è trasferito dall’Aquila a Modena. In realtà era nota da oltre 3 anni. A tanto risale la decisione contro la quale le Organizzazioni Sindacali si sono battute in tutti i modi. Facciamo un minimo di chiarezza. La decisione di spostare l’ufficio dall’Aquila è a nostro avviso sbagliata: non ha alcun senso, dopo aver costruito in quasi dieci anni di esperienza un bagaglio di competenze tali da divenire un punto di riferimento per l’intero territorio, disperderlo per ripartire da zero da un’altra parte. E’ evidentemente una scelta che non va nella direzione dell’efficienza, ma risponde a logiche differenti, che non riusciamo a comprendere. Tuttavia, da un punto di vista formale, la scelta è legittima: purché rispetti le norme, un’azienda può decidere liberamente il suo assetto organizzativo. Cosa può fare a quel punto il sindacato? Molto. Una volta preso atto dell’irremovibilità della decisione, dopo aver tentato fino all’ultimo di spiegare perché la si ritiene sbagliata, dopo aver fatto tutto il possibile per rinviare il trasferimento, la priorità diventa la difesa dei lavoratori. E’ importante mantenere il contatto con la realtà: in quello che è oggi il mondo del lavoro, la chiusura di un ufficio comporta di solito perdita di posti di lavoro, trasferimenti di centinaia di chilometri, demansionamenti….. In questo caso, nulla di tutto ciò è avvenuto. Nessuno dei lavoratori interessati è stato trasferito presso un’altra sede di lavoro; alcuni di loro continueranno per il momento a svolgere le medesime mansioni, e il responsabile dell’Ufficio continuerà a tenere i contatti con gli Enti locali ed a fornire consulenze in merito alle normative, quindi senza nessun danno concreto per la città. Possiamo quindi affermare che, aldilà dell’alto valore simbolico di questa chiusura, si sia di fronte ad una vicenda nella quale i sindacati hanno fatto bene il loro lavoro, limitando al minimo i danni. E allora, perché parlare di triste storia ? Esattamente un anno fa la chiusura dell’Ufficio Ricostruzione sembrava cosa fatta, al punto che gli addetti avevano già ricevuto le lettere di trasferimento. La questione fu portata all’attenzione dell’opinione pubblica da un comunicato stampa pubblicato dalla CISL. Nessun dubbio sul fatto che gli autori del comunicato fossero animati dalle migliori intenzioni: si cercava di sensibilizzare su questo ed altri problemi occupazionali quelle istituzioni locali che in tutte le vertenze legate all’assorbimento delle CARISPAQ in BPER non hanno mai brillato per la loro vicinanza ai lavoratori del nostro comprensorio, nonostante sia stato pesantemente penalizzato. Purtroppo, gli effetti del comunicato stampa si rivelarono assai diversi dalle aspettative. Subito dopo la pubblicazione della notizia si scatenò un’autentica gara a mettere in mostra quanto di peggio i politici e le autorità locali sanno produrre: protagonismo, opportunismo, approssimazione….. Una corsa a rilasciare dichiarazioni, spesso del tutto sconclusionate, che avevano come unico obiettivo la conquista del classico quarto d’ora di celebrità. Non mancò l’irresponsabile invito a boicottare la BPER, nonostante si tratti di una delle realtà occupazionali più importanti della Provincia, mostrando così una totale indifferenza ai danni che un attacco tanto strumentale avrebbe potuto creare. Pur consapevoli del rischio di alzare ulteriori polveroni, decidemmo di pubblicare a nostra volta un comunicato stampa, chiedendo a tutti gli interlocutori più o meno istituzionali di avere rispetto per i lavoratori BPER. Non mancò neanche il colpo di scena finale: l’annuncio dell’ultim’ora con l’annullamento delle lettere di trasferimento e la decisione di lasciare all’Aquila l’Ufficio a seguito – a quanto si disse – di un intervento in Zona Cesarini da parte della Fondazione Cassa di Risparmio dell’Aquila. Nessun dettaglio, nessuna spiegazione furono forniti per motivare un ripensamento tanto repentino: già da allora la sensazione fu che si trattasse di un contentino di breve durata, basato su logiche che non ci è dato di conoscere ma nelle quali stentiamo a credere che possa entrare l’interesse verso i lavoratori interessati. In questa gara ad esprimere il peggio di sé i vincitori sono purtroppo risultati, di gran lunga, alcuni rappresentanti sindacali. Venuti a sapere in anteprima della sospensione del trasferimento, hanno fatto in modo di attribuirsene il merito lasciando credere che la decisione fosse conseguente ad un loro intervento: prima con l’ennesimo comunicato stampa, poi con un volantino diffuso dai lavoratori dal titolo che non lasciava spazio a dubbi: “FATTI NON PAROLE -UFFICIO RICOSTRUZIONE L’AQUILA?? SI !!!”. Stando a quanto riferito dagli addetti all’Ufficio, sembra che alcuni di coloro che avrebbero dovuto tutelare i loro interessi non si siano fatti scrupoli a raccontargli della vere e proprie favole. Storie in cui i buoni, con abnegazione e sprezzo del ridicolo, cavalcano fino al tetro maniero dei cattivi e lo occupano militarmente, rifiutandosi di andarsene senza prima aver strappato l’ambito editto ai perfidi tiranni. Peccato che, nel successivo incontro chiarificatore da noi richiesto all’Azienda, quegli stessi rappresentati sindacali abbiano fatto una frettolosa marcia indietro, affermando di non aver mai detto di aver effettuato interventi disgiunti dalle altre Organizzazioni e di essere stati fraintesi. La sconcertante vicenda fu da noi raccontata in un volantino diffuso insieme ad altre sigle. Rivisti a posteriori, gli eventi di 12 mesi fa lasciano ancor più amareggiati. Nei giorni scorsi abbiamo scritto agli stessi protagonisti di un anno fa per informarli di quanto stava per accadere, senza ricevere risposte. Dove sono tutti coloro che sembravano pronti a qualsiasi mossa pur di impedire il trasferimento? Dove sono i consiglieri comunali, dov’è la Fondazione? Va dato atto al Sindaco Biondi, l’unico a non aver ignorato la nostra ultima comunicazione provando a darle un minimo di seguito. Ma soprattutto: dove sono i cavalieri senza macchia e senza paura? Oltre ai FATTI (in realtà mai avvenuti) sono finite anche le PAROLE ? La vicenda è triste, perché in questa storia hanno perso tutti. Ha perso la BPER, che si è inutilmente privata di un’autentica eccellenza che aveva ricevuto unanimi apprezzamenti dal territorio. Ha perso la città, che ha avuto l’ennesimo segnale della poca attenzione verso le sue problematiche da parte della BPER. Ha perso il sindacato, nonostante l’ottimo lavoro fatto al tavolo negoziale, perché quanto è accaduto finisce con lo squalificare l’intera Istituzione. Ma soprattutto hanno perso i lavoratori dell’ex Ufficio Ricostruzione, finiti loro malgrado ad attirare l’attenzione solo di chi ha visto in loro niente di più che l’occasione per uno spot promozionale a buon mercato. Luca Copersini Segretario Provinciale Fisac/Cgil L'Aquila SINDACO DELL'AQUILA INTERVIENE SU CHIUSURA UFFICIO RICOSTRUZIONE Ci risiamo. Un anno dopo, Bper ha ripreso il percorso che dovrebbe portare alla chiusura del suo ufficio deputato alla ricostruzione dell’Aquila che verrebbe trasferito a Modena. Per questo, il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi ha inviato una lettera ai vertici nazionali dell’istituto bancario per chiedere un incontro al fine di individuare soluzioni alternative all’ipotesi di chiusura. “Ho raccolto e condiviso le preoccupazioni espresse dai sindacati – Fabi, First-Cisl, Fisac-Cigl e Unisin – Apprendo, infatti, che la struttura deputata a curare e gestire gli aspetti finanziari delle pratiche della ricostruzione verrebbe centralizzata a Modena – scrive il primo cittadino – Una decisione che rischia di rallentare l’espletamento delle procedure di trasferimento dei contributi ai cittadini e far disperdere il grande patrimonio di conoscenza e professionalità acquisito in quasi dieci anni di esperienza sul campo dai dipendenti della banca che, dai primi di dicembre, verrebbero destinati ad altre mansioni”. Nella missiva, Biondi ha chiesto di rinviare l’efficacia del provvedimento, analogo a quello che fu proposto e poi sospeso anche lo scorso anno, “e di aprire a un confronto per valutare ipotesi alternative alla chiusura dell’ufficio”. Fonte: www.news-town.it QUOTA 100 E FONDO SOSTEGNO AL REDDITO: RESTERA' TUTTO INVARIATO La riforma delle pensioni con la quota 100 e il reddito di cittadinanza saranno contenuti in due specifici provvedimenti normativi, collegati alla manovra finanziaria. Lo anticipano fonti vicine all’esecutivo rilanciate da diverse agenzie di stampa. Il testo della legge di bilancio verrà inviato questa sera, o al massimo domani, in Parlamento ma non avrà al suo interno il delicato capitolo sulla previdenza e sul reddito di cittadinanza, per il quale probabilmente il Governo ha bisogno di più tempo. La bozza della Legge di bilancio conferma, invece, le coperture economiche con l’istituzione di due fondi da 9 miliardi per il reddito e di 6,7 miliardi (7 miliardi dal 2020) per le pensioni. Nella nuova bozza si precisa che “nell’ambito del Fondo per il reddito di cittadinanza, fino a 1 miliardo nel 2019 e 2020” va ai centri per l’impiego, “fino a 10 milioni” all’Anpal. Come già anticipato ieri sulle pagine di questo giornale l’esecutivo punta ad introdurre la quota 100 con 62 anni e 38 di contributi a partire dal 2019 con quattro finestre annue di accesso per i lavoratori del settore privato e due per i dipendenti pubblici. Naturalmente nel settore scolastico la finestra di accesso resterebbe unica al 1° settembre 2019 (1° novembre 2019 per il comparto Afam). Con la quota 100 torna pure il divieto di cumulo reddito/pensione: chi sceglierà il pensionamento anticipato non potrà cioè cumulare reddito da lavoro dipendente o autonomo (ad eccezione di piccoli impieghi come, ad esempio, il lavoro occasionale o comunque entro un limite di 5mila euro annui) per un periodo di 24 mesi dalla data di pensionamento; obiettivo rafforzare il ricambio generazionale nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni. Altra novità a cui starebbe lavorando l’esecutivo è impedire l’accesso alla quota 100 per i lavoratori in isopensione ai sensi dell’articolo 4 della legge 92/2012. La precisazione sarebbe fonte di due conseguenze: da un lato chi si trova nell’esodo continuerà a restarci sino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata come al momento dell’adesione allo scivolo (scivolo che attualmente può durare sino a sette anni) ancorchè maturino i requisiti per la quota 100. In sostanza le aziende che hanno accettato l’esodo dovranno continuare a farsi carico del pagamento dell’assegno e del versamento della contribuzione correlata senza poter profittare delle nuove norme. In secondo luogo, in futuro non si potrà far partire l’esodo considerando la data di maturazione del requisito della quota 100. Fonte: www.pensionioggi.it IL LAVORO NOBILITA (SOLO) GLI ANZIANI Apprendiamo da Repubblica, che l’ha letto su Bloomberg, che negli Stati Uniti si registra un boom di assunzioni di lavoratori anziani nelle catene di fast-food. Ammettiamo che il colpo d’occhio è suggestivo: gli individui sopravvissuti alle malattie cardiovascolari provocate dalle abbuffate da McDonald’s hanno come premio un impiego presso gli stessi ristoranti, dove oggi servono schifezze a una nazione satolla. Negli ultracapitalisti Stati Uniti il sistema performa il proprio collasso: 9 milioni di persone sopra i 65 anni, invece di crogiolarsi nel fine di ogni esistenza umana (oziare, riposarsi), lavorano indefesse a rendere l’America great again. Con una disoccupazione al 3,7%, l’impero della Libertà ha realizzato il suo sogno (incidentalmente, è anche il sogno dei totalitarismi). Chi pensa che Trump faccia gli interessi dei dimenticati contro l’establishment farà bene a considerare a quale degenerazione ha condotto la sua narrazione anti-globalista. In un contesto di piena occupazione c’è carenza di manodopera; per sopravvivere, le aziende sono costrette ad aumentare i salari (lo ha fatto Amazon, e non per filantropia ma in base al principio della concorrenza) oppure a inventarsi metodi nuovi per risparmiare. Un metodo è licenziare personale per comprare macchine, almeno finché i robot non saranno tassati; un altro è assumere lavoratori che si possa pagare meno. Chiunque dotato di gambe e braccia può friggere patatine. Trasformare l’essere umano in un mero strumento di carne a basso sostentamento biologico è sempre stato il sogno dei capitalisti; se si possono sfruttare i giovani, o se non si possono più sfruttare, perché non sfruttare i vecchi? (Da noi il governo Renzi ha invertito il trend, mandando gli studenti minorenni a lavorare gratis nei fast-food e chiamando questa ingegnosa forma di schiavismo “alternanza scuola-lavoro” ). Il denaro, nel sistema capitalistico, spinge la natura ad andare contro se stessa: oggi gli adulti delle democrazie liberali, invece di prendersi cura dei figli e assistere gli anziani, ciondolano nei fast-food serviti dai loro padri sottopagati. Ma c’è un passaggio che ci ha colpito nell’articolo di Repubblica: posto che “per catene come McDonald’s assumere personale over 50 o meglio ancora pensionato è più che conveniente”, i vecchi piacciono ai padroni perché hanno altri skill: “non hanno ambizioni di carriera e spesso nemmeno la necessità di uno stipendio pieno, visto che percepiscono già l’assegno dallo stato. In sostanza: costano meno, hanno meno pretese e si divertono di più”. Al diavolo l’artrosi, il lavoro nobilita l’anziano. Ecco il ricatto, sotto una filigrana di ottuso ottimismo, che il capitalismo neo-liberale ha fatto a milioni di suoi figli-vittime: il lavoro, anche il peggio retribuito e il più alienante, è l’unica sfera di realizzazione dell’essere umano, che in essa si sente motivato e felice. A questo dogma hanno lavorato anni di lavaggio del cervello a colpi di elogi del “merito”: meritevole è chi è conforme ai principi dell’aziendalismo, chi ne sposa la indiscutibile, ontologica necessità, chi è tanto fortunato da percorrere una carriera scolastica senza freni o malattie, chi coglie al volo ogni lavoretto in attesa d’inventarsi start-upper. Ora pare che i giovani iperformati non si bevano più la frescaccia della “flessibilità” e pretendano salari più alti. Da noi, con la disoccupazione giovanile al 32,7% (dati Istat), le aziende dovranno accontentarsi di spremere sangue giovane ancora per un po’, e i padroni trovarsi di fronte, invece che vecchi gagliardi contenti di questa sbarazzina alternativa all’eugenetica, i visi lunghi di viziati bamboccioni che non raccolgono pomodori come i loro coetanei neri (che anche perciò abbiamo tutto l’interesse a mantenere privi di diritti) e non si divertono più nemmeno a grigliare hamburger. Articolo di Daniela Ranieri pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” dell’8/11/2018 BPER: RESOCONTO AL 30/9 E NUOVE ANTICIPAZIONI SUL PIANO INDUSTRIALE Lo scorso 9/11 si è svolta la presentazione, da parte dell’AD Alessandro Vandelli, del resoconto di gestione consolidato al 30 settembre 2018. In sintesi i dati salienti: Utile netto di periodo: € 358,1 milioni (più che raddoppiato rispetto ai primi 9 mesi del 2017) Indice di solidità patrimoniale CET1 salito al 12% contro il 10,6% di giugno. L’indice CET1 ratio Phased In arriva al 14,7% a fronte di una richiesta della BCE pari all’ 8,125% Incidenza delle sofferenze sul totale dei crediti (Npe ratio) ridotto al 14,4%. E’ bene ricordare che poco più di due anni fa, al 30 giugno 2016, tale indice era pari al 23,5% a testimonianza del grande lavoro di pulizia del portafoglio. L’AD ci ha tenuto a precisare come tali risultati siano stati conseguiti nonostante l’incidenza negativa dello spread che ha contribuito a ridurre, com’è avvenuto per tutte le banche, sia la redditività, sia la patrimonializzazione. Tale effetto è stato contenuto in virtù di una oculata gestione del portafoglio titoli. Per chi volesse approfondire tutti gli aspetti della presentazione, c’è la possibilità di scaricare il comunicato stampa ufficiale emesso dalla Banca. Al termine della presentazione c’è stato spazio per le domande da parte delle OO.SS.: ovviamente l’argomento principale è stato il piano industriale, la cui presentazione è stata più volte rinviata. L’AD ha rivelato che era intenzione dell’azienda approvare il piano immediatamente dopo l’estate. Il rinvio si è reso necessario a causa del clima d’incertezza nato proprio in quei giorni, quando si era in attesa della pubblicazione del DEF, che ha reso assai complicato predisporre ipotesi relative alla futura gestione. Tutt’ora permangono forti dubbi su questioni fondamentali: il dottor Vandelli ha citato gli aspetti relativi alla tassazione (che per le banche potrebbe prevedere delle penalizzazioni), l’andamento dello spread che inevitabilmente inciderà sul costo della raccolta, la maggiore o minore difficoltà a raccogliere fondi sul mercato qualora si rendesse necessario ecc.…. Nonostante tutto, il rinvio non potrà essere protratto all’infinito: da qui a 3 o 4 mesi il piano verrà comunque approvato, quale che sia il contesto politico. La delegazione sindacale ha provato a chiedere qualche anticipazione, ma le risposte ricevute sono state abbastanza vaghe. Prima di tutto, l’Amministratore Delegato ci ha reso partecipi della notevole prudenza con cui l’azienda guarda a possibili acquisizioni o aggregazioni, non volendo vanificare il grosso lavoro fatto per migliorare la consistenza patrimoniale dell’azienda. Per questo, la crescita passerà prima di tutto per operazioni interne. La prima è rappresentata dalla riduzione delle sofferenze, attività che ha già portato risultati importanti e che dovrà proseguire. Ovviamente si guarderà alla riduzione dei costi: inevitabile la chiusura di alcune filiali, che l’azienda giustifica con la costante crescita di operatività online da parte della clientela e la conseguente riduzione di operazioni effettuate allo sportello. Ci sarà ovviamente l’accompagnamento alla pensione di un certo numero di lavoratori, in parte controbilanciato da nuove assunzioni. Ovviamente nessuna indicazione è stata fornita in merito ai numeri in entrata o in uscita. Unica anticipazione, la possibile reinternalizzazione di Bper Services, notizia peraltro già trapelata in precedenti articoli di stampa. L’AD ha presentato questa scelta, alla quale si accompagna l’impegno a limitare allo stretto indispensabile il ricorso alle consulenze esterne, come un segnale dell’impegno della BPER per valorizzare il personale. Ci auguriamo che questa sia la direzione in cui l’Azienda deciderà di muoversi: dobbiamo tuttavia rilevare come nei giorni scorsi siano giunti segnali preoccupanti, che lasciano temere scelte di tutt’altro tenore. Nella redazione del piano, l’azienda s’impegna a tenere alta l’attenzione sulla responsabilità sociale e sulla parità di genere. BPER MUOVE SU UNIPOL BANCA