IL PICCOLO IMPERATORE – LETTERA APERTA
Nel suo blog del 29/12/2018, sul Fatto Quotidiano on line tal Vincenzo Imperatore (definito “consulente di direzione”, immaginiamo del giornale stesso) parla dei banchieri e dei bancari, senza alcuna distinzione. Definisce i banchieri “immorali”, in quanto conoscono l’esistenza di una morale ma non la rispettano. I bancari sarebbero invece “amorali”, perché l’unica domanda che si fanno è se sia possibile, all’interno delle regole date, “fregare il sistema, quindi il cliente”. Se è possibile, lo fanno. Punto. Questo sono “i bancari”, secondo Vincenzo Imperatore.
Anzitutto chiariamo chi è costui. Vincenzo Imperatore è stato per 22 anni (Wikipedia dixit) manager di Credito Italiano e poi di Unicredit. Quindi più banchiere che bancario. Del resto, lui stesso, in una intervista reperibile sul web, alla domanda se anche lui ha fatto parte del sistema, risponde: “Si e con piena consapevolezza. Convocavo
i miei collaboratori alle 7 del mattino e li aizzavo come pretoriani” (nb: la famosa guardia del corpo dell’Imperatore
… nomen omen). Ad un certo punto, travolto da una “crisi morale”, a 51 anni si è licenziato, ed ha iniziato a rovesciare fango in maniera indiscriminata sugli ex colleghi. Saremmo lieti di sapere se, licenziandosi, abbia rifiutato la lauta liquidazione da manager, o abbia restituito i “30.000 euro di premi annui, i collier Damiani per le mogli, le giornate nelle migliori Spa” di cui, secondo le sue stesse parole, ha goduto durante tutta la sua lunga fase “immorale”.
Noi di Vincenzo Imperatore ne conosciamo diversi. Ci abbiamo a che fare tutti i giorni. Sono i troppi Vincenzo Imperatore la ragione per la quale firmiamo i protocolli sulle pressioni commerciali, e invitiamo i colleghi a segnalare le condotte che istigano alla vendita ossessiva in nome del raggiungimento di obiettivi sempre più surreali, sempre più sganciati dalle reali esigenze dei clienti e funzionali al massimo profitto per i grandi azionisti, oltre che al regalo dei collier Damiani alle mogli dei vari Imperatore. Trovarceli adesso su un piedistallo, dall’alto delle prebende accumulate nel periodo immorale (manco fosse un periodo pittorico di Picasso: periodo blu, periodo rosa, periodo cubista), a fare i censori dei bancari italiani ci fa rabbia e pena. Rabbia anche pensando che noi in questi anni di denunce ne abbiamo fatte tante, persino cercando di coinvolgere la magistratura per i danni che ne potrebbero derivare ai risparmiatori (esposto del 2016 della Fisac Emilia Romagna al procuratore Tribunale Milano, Consob e Banca d’Italia), purtroppo senza riscontri concreti.
Siamo altresì spaventati (ma purtroppo non sorpresi) dalla circostanza che un giornale a così larga diffusione rinunci
all’acquisizione di fonti come le denunce delle organizzazioni sindacali alle aziende e alle authority sul tema delle pressioni commerciali, per dare spazio al moralismo di chi continua ad agire per interesse economico.
Ma stupisce ancora di più che un quotidiano con un comitato di redazione di tutto rispetto possa accreditare, attraverso un suo “consulente di Direzione”, la tesi che la colpa dell’ecosistema cittadino inquinato sia degli operai chimici; che la colpa delle strade dissestate sia dell’amoralità degli stradini; che la colpa della morte sia dei becchini; che la colpa di una informazione approssimativa e sensazionalista sia della generalità dei giornalisti italiani, che la colpa delle pressioni commerciali in banca sia di chi le subisce.
Ecco, non di tutti, ma di una parte sicuramente. Noi siamo dalla parte dei giornalisti seri, la maggioranza. Venderanno qualche copia in meno, ma non screditano la professione.
Nicola Cavallini
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