CHI VA AL LAVORO IN BICI E SI INFORTUNA HA SEMPRE DIRITTO ALL’INDENNIZZO INAIL
Il lavoratore che s’infortuna in bici per andare al lavoro ha diritto al risarcimento dell’INAIL: l’uso della bici è da ritenersi sempre necessitato, equiparato a quello del mezzo pubblico o al percorso a piedi anche grazie all’intervento del Dlgs 221/2015 che incentiva la mobilità sostenibile. Lo ha stabilito la sentenza 21516/2018 depositata il 1° settembre scorso dalla Corte di Cassazione.
L’Infortunio in itinere
Il legislatore con l’art.12 del Dlgs 38/2000 ha esteso la tutela assicurativa gestita dall’INAIL all’infortunio che accada al lavoratore lungo il percorso che collega l’abitazione al lavoro e viceversa, nel normale percorso per recarsi da un luogo di lavoro a un altro e durante il tragitto abituale per la consumazione dei pasti se non esiste una mensa aziendale. Rientrano nella categoria degli infortuni in itinere anche gli incidenti che hanno avuto luogo nei casi in cui il lavoratore, per viaggiare, fa uso di un mezzo di trasporto privato, purché tale uso sia necessitato.
L’accertamento dell’uso necessitato
La Corte di Cassazione ribadisce che il requisito della necessità non deve essere tuttavia inteso in senso assoluto, essendo sufficiente una necessità relativa: l’uso della bici per il tragitto casa-lavoro e viceversa può essere consentito anche «secondo un canone di necessità relativa, ragionevolmente valutato in relazione al costume sociale, e per tutelare l’esigenza di raggiungere in modo riposato e disteso i luoghi di lavoro in funzione di una maggiore gratificazione dell’attività svolta».
I nuovi canoni interpretativi
Sull’accertamento dello stato di necessità circa l’utilizzo della bici come mezzo per recarsi al lavoro vale la pena ricordare anche il Dlgs 221/2015 con cui viene incentivata la mobilità sostenibile. I commi 4 e 5 dell’art. 5 del citato Dlgs hanno, infatti, integrato la materia dell’infortunio in itinere (di cui agli artt. 2, terzo comma e 210 quinto comma del T.U. 1124/65) chiarendo che: «L’uso del velocipede, come definito ai sensi dell’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato».
In sostanza, attraverso la nuova disciplina, ai fini dell’infortunio in itinere, l’uso del velocipede (ovvero, secondo il codice della strada, del veicolo, con due o più ruote, funzionante a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali anche se a pedalata assistita), deve ritenersi sempre assicurato, come lo è, per la stessa normativa, l’andare al lavoro a piedi o con utilizzo del mezzo pubblico.
Tratto dall’articolo di Vittorio Spinelli pubblicato il 2 settembre 2018 su www.pensionioggi.it
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