Nell’ era che stiamo vivendo e che viene definita Antropocene (Epoca geologica attuale) alla Specie umana ed alle sue attività sono attribuite le principali cause delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche, secondo la definizione del biologo Eugene Stoermer. Le conseguenze non si riflettono solo sulla Fauna e sulla Flora (abbiamo visto come durante l’epidemia la Natura riprenda vita e spazio con forza) ma anche la nostra specie umana corre dei rischi per la salute legati a questo modello di sviluppo. E’ l’avvertimento più forte che è risuonato nella fase epidemica più dura. Infatti le principali Organizzazioni Intergovernative ed i maggiori scienziati del mondo lanciano l’appello: proteggiamo le bio-diversità per salvare l’umanità.
La distruzione delle bio-diversità naturali ha provocato la pandemia in corso, creando le premesse per future emergenze virali a livello mondiale. Dissesto degli habitat naturali, deforestazione, inquinamento sono tra le principali concause della diffusione di virus (vedasi Covid-19) ed il sistema socio-economico globalizzato distorto (come le megalopoli sovrappopolate dove le misere condizioni di vita di molti distruggono gli standard di salute collettiva) fa assumere la portata della pandemia che conosciamo. Il virus è aerobico e non si ferma davanti a protezioni economiche, confini o standard sociali. In una nuova visione olistica, preservare le bio-diversità vuol dire salvarci da nuove pandemie.
L’Uomo invade foreste tropicali e paesaggi selvaggi i quali ospitano moltissime specie di animali e piante, che includono una moltitudine di virus a noi sconosciuti. Tagliamo le foreste e, distruggendo gli ecosistemi, liberiamo i virus dai loro ospiti naturali, trasferendoli in noi.
Il legame tra zoonosi (malattia infettiva trasmessa dagli animali all’Uomo) e problematiche ambientali è messa in rilievo dalle principali Organizzazioni intergovernative mondiali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e le Nazioni Unite. E’ da evidenziare come le principali epidemie degli ultimi anni e cioè Ebola, Sars, Influenza aviaria e suina siano di origine animale. Esse si sono diffuse a causa della progressiva riduzione delle barriere naturali che hanno da sempre rappresentato un argine al contagio.
Il sistema economico pretende terre e risorse, procedendo in modo rapido a deforestazioni massicce causando emigrazioni di animali da una terra all’altra. In Africa ed in Asia queste migrazioni comportano che gli animali si rifugino nelle aree urbane oppure che finiscano nei cosiddetti wet market, causando il passaggio dei virus dall’animale all’uomo infettandolo. Prima, le grandi foreste abitate da una ricchissima biodiversità, impedivano le trasmissioni tramite l’effetto diluizioni: i virus erano bloccati perché trovavano molti ostacoli di propagazione in specie non ricettive. Inoltre la fauna selvatica esposta viva e macellata al momento nei wet market comporta un grande spargimento di sangue, fonte altissima di trasmissione di virus da specie a specie. L’Onu ha chiesto la messa al bando di questi mercati in tutto il mondo.
Facciamo attenzione, però, questi mercati di scambio alimentari non esistono per tradizioni culturali: questo tipo di carne di animali selvatici (bushmeat) è consumata da persone povere: le loro scelte alimentari nascono dalla mancanza di altre risorse alimentari. Quindi la propagazione dei virus ha un origine socio-economica: il profitto derivante dalla devastazione degli habitat naturali e l’estrema povertà di molte aree del Pianeta. Le crisi non sono due: ambientale e sociale, ma una solo crisi socio-ambientale. Le soluzioni richiedono un approccio complessivo per combattere povertà e tutelare l’Ambiente.
Anche da un punto di vista medico la tutela delle biodiversità assume il significato di tutelare le persone dalle pandemie. Il Direttore del Cnrs, la maggior organizzazione di ricerca pubblica francese, dichiara: oggi sappiamo che l’emergere di queste malattie infettive non è solo un problema medico ma corrisponde alla distruzione degli ambienti naturali. Disboschiamo e ci mettiamo in contatto con animali selvatici scacciati dai loro habitat che diventano agenti infettivi e generano nuove catene trasmissive.
Nel 2008 presso l’University College of London sono state identificate 335 malattie infettive emergenti a livello globale tra il 1940 ed il 2004: il 60% di questo è originato dalla fauna selvatiche. Con la deforestazione in Asia, Brasile e Africa gli individui sono stati ampiamente esposti a questi nuovi rischi microbiologici. L’aumento dell’impatto umano sugli ecosistemi spiega la crescita delle zoonosi. La Fao ricorda come siano scomparsi in 40 anni oltre 25 milioni di ettari di terreno a causa della deforestazione, in particolare foreste tropicali ricche di biodiversità e quindi di microorganismi, così liberati come vettori virali.
All’interno della rivista francese l’Esprit, uno dei più importanti medici accademici francesi illustra un’analisi molto approfondita sulla diffusione delle zoonosi in relazione alla distruzione delle biodiversità: Oggi quasi tutte le crisi sanitarie infettive sono di origine animale. La trasmissione all’uomo può avvenire in diversi modi. Distruggendo il tradizionale habitat animale, esponendo al contagio di esseri umani (come nel caso dell’Hiv, della malattia di Lyme, dell’Ebola. Ndr.). Oppure tramite gli animali selvatici, un contatto facilitato da mercati paralleli, il più delle volte fraudolenti (come per Sars1 e, ora, il Coronavirus. Ndr.) o, ancora, dalla concentrazione di animali domestici come nel caso dell’influenza avaria.
Accade, anche, che gli interessi economici non siano sufficienti per sviluppare i vaccini necessari e che, anzi, questi interessi si contrappongono al cambiamento dei sistemi di allevamento intensivi, catena di distribuzione alimentare, sfruttamento dei latifondi e i cui cambiamenti potrebbero incidere in modo positivo sulle profonde cause delle pandemie di origine virale: di fatto una catastrofe regolamentata.
La convenienza economica ad influire sulla mancata predisposizione di un vaccino potenzialmente utile contro il Covid19 è poca. L’Umanità si sta abituando alle influenze stagionali, prima reagendo con preoccupazione alle notizie e poi dimenticandole. Vediamo l’esempio della Sars un coronavirus rapidamente dimenticato, i cui studi sui vaccini furono sospesi quando era già pronto un prototipo che avrebbe potuto essere adattato anche all’attuale Covid19, esattamente come avviene per gli adattamenti annuali dei vaccini antinfluenzali.
In conclusione la conservazione della natura a livello mondiale potrà evitare nuove pandemie, prelevando dalla Natura solo ciò che occorre. Siamo tutti parte di un sistema vivente in equilibrio e lo stiamo distruggendo con disprezzo a causa dei nostri consumi illimitati. Contro questo atteggiamento non è l’Intelligenza artificiale che ci salva, ma l’Intelligenza dell’Umiltà.